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Bancarotta fraudolenta: salvare un’azienda è reato?

Un amministratore è stato condannato per bancarotta fraudolenta per aver trasferito fondi da una società in crisi a un’altra, a lui riconducibile, con la scusa di un contratto preliminare fittizio. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, chiarendo che l’intento di ‘salvare’ l’altra impresa a discapito dei creditori della prima costituisce distrazione di beni. La sentenza ha solo ritoccato la pena per un errore di calcolo.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Salvare un’Azienda Svuotandone un’Altra è Reato

La gestione di un’impresa in crisi è un terreno minato di responsabilità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14394/2024) getta luce su una questione cruciale: il tentativo di salvare un’azienda utilizzando le risorse di un’altra, anch’essa in difficoltà, può configurare il grave reato di bancarotta fraudolenta. Questo caso serve da monito per tutti gli amministratori che si trovano a navigare in acque finanziarie turbolente, dimostrando come operazioni apparentemente volte alla continuità aziendale possano nascondere intenti distrattivi penalmente rilevanti.

I Fatti del Caso

Un amministratore di una società cooperativa di trasporti è stato accusato di aver distratto oltre 630.000 euro dal patrimonio sociale. I fondi sono stati trasferiti a un’altra società, sempre riconducibile allo stesso amministratore, e a lui personalmente. Formalmente, l’operazione era giustificata da un contratto preliminare di cessione di ramo d’azienda. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto questo contratto una mera ‘copertura giuridica’ per un’operazione illecita.

Il contratto, infatti, presentava diverse anomalie: era privo di data certa, non registrato e, soprattutto, sottoscritto dalla stessa persona sia come venditore che come acquirente. Elemento ancora più grave, l’operazione non prevedeva alcuna garanzia per la società cedente, che si accollava debiti senza ricevere un reale corrispettivo, dato che il trasferimento effettivo dei beni aziendali non è mai avvenuto. Parallelamente, l’amministratore è stato accusato di bancarotta semplice per aver aggravato il dissesto della società, omettendo di chiederne il fallimento nonostante una situazione debitoria insostenibile e in costante peggioramento dal 2011.

La Decisione e la Configurazione della Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato i principali motivi di ricorso dell’amministratore, confermando la sua responsabilità penale. I giudici hanno stabilito che la natura distrattiva del trasferimento di denaro era evidente, a prescindere dalla validità formale del contratto preliminare. L’operazione era palesemente svantaggiosa per la società fallita e priva di qualsiasi logica imprenditoriale se non quella di spostare risorse liquide per favorire l’altra impresa del gruppo.

La difesa dell’imputato, basata sull’intenzione di ‘salvare l’attività’, è stata respinta. Anzi, secondo la Corte, proprio questa intenzione ha confermato il dolo: l’amministratore era pienamente consapevole di sacrificare una società e i suoi creditori per favorirne un’altra a lui cara. Questo comportamento integra pienamente gli ‘indici di fraudolenza’ che caratterizzano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione.

L’aggravamento del Dissesto

Anche la condanna per bancarotta semplice è stata confermata. La Corte ha ritenuto irrilevante la tesi difensiva secondo cui le perdite si stavano riducendo. Di fronte a un patrimonio netto negativo che in pochi anni era cresciuto fino a quasi 1,2 milioni di euro, l’obbligo dell’amministratore era quello di portare i libri in tribunale, non di continuare un’attività che produceva solo ulteriori debiti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: il reato di bancarotta per distrazione si realizza con qualsiasi atto che comporti una diminuzione del patrimonio del debitore a danno dei creditori. Non è necessario che l’atto sia formalmente illecito; ciò che conta è l’effetto concreto. Nel caso di specie, il trasferimento di ingenti somme di denaro senza una reale contropartita economica ha impoverito la società poi fallita, privando i creditori della loro garanzia patrimoniale. L’intenzione dell’imputato non era quella di risanare la società, ma di ‘salvare’ un’altra entità economica utilizzando la prima come un bancomat, con la piena consapevolezza di condurla al fallimento. Questo, per la legge, è un comportamento criminale. La Corte ha solo parzialmente accolto il ricorso riguardo al calcolo della pena, riducendola da due anni e sei mesi a due anni e quattro mesi per un errore tecnico nel conteggio relativo alla continuazione tra i reati.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti lezioni pratiche per gli amministratori di società, specialmente all’interno di gruppi di imprese. Ogni operazione infragruppo, soprattutto se una delle società è in crisi, deve essere supportata da una solida giustificazione economica e giuridica che dimostri un vantaggio reale per l’entità che compie il sacrificio. Utilizzare contratti di comodo o giustificazioni formali per mascherare trasferimenti di ricchezza è una strada che porta direttamente alla responsabilità penale per bancarotta fraudolenta. La trasparenza e la tutela dei creditori devono essere sempre la priorità, anche e soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà finanziaria.

Trasferire fondi da una società in crisi a un’altra sana, entrambe gestite dalla stessa persona, costituisce bancarotta fraudolenta?
Sì. La Corte di Cassazione conferma che questo tipo di operazione integra il reato di bancarotta per distrazione, in quanto sottrae risorse al patrimonio della società destinata al fallimento, danneggiando i suoi creditori. L’intento di ‘salvare’ la seconda società non è una scusante, ma anzi dimostra la consapevolezza dell’atto distrattivo.

Un contratto preliminare di cessione d’azienda può giustificare ingenti trasferimenti di denaro se poi il contratto definitivo non viene mai stipulato?
No. Se il contratto preliminare non ha una reale sostanza economica, è svantaggioso per la società che paga e non viene seguito dal trasferimento effettivo dei beni, i giudici possono considerarlo una mera ‘copertura giuridica’ per mascherare operazioni distrattive, ritenendolo quindi inefficace a giustificare i pagamenti.

Cosa significa aggravare il dissesto di una società?
Significa peggiorare la già compromessa situazione finanziaria di un’impresa astenendosi dal richiedere la dichiarazione di fallimento. Continuare a gestire l’attività generando ulteriori perdite e aumentando il patrimonio netto negativo, invece di porre fine alle operazioni, costituisce il reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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