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Bancarotta fraudolenta: ruoli e prove necessarie

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di bancarotta fraudolenta, confermando la condanna per l’amministratore di fatto e di diritto di una società fallita. La sentenza chiarisce importanti principi sulla prova della distrazione dei beni e sul ruolo del giudice onorario. Tuttavia, la Corte ha annullato la decisione riguardo all’aggravante del danno di rilevante gravità, disponendo un nuovo esame sul punto, poiché non è sufficiente indicare il passivo fallimentare ma occorre una valutazione concreta del pregiudizio ai creditori.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Ruoli, Prove e l’Aggravante del Danno Rilevante

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15891/2025, torna a pronunciarsi su un caso complesso di bancarotta fraudolenta, offrendo chiarimenti cruciali sulla ripartizione delle responsabilità tra amministratore di fatto e di diritto, sulla prova del reato in assenza di contabilità e sui criteri per la valutazione dell’aggravante del danno di rilevante gravità. La pronuncia conferma la condanna per gli imputati ma annulla con rinvio la parte relativa alla determinazione di tale aggravante, ritenuta non adeguatamente motivata.

I Fatti del Caso: La Gestione Societaria Sotto Accusa

Il caso riguarda il fallimento di una società a responsabilità limitata, operante nel settore tessile, avvenuto nel 2012. Gli imputati, rispettivamente ex amministratori di fatto e di diritto, erano stati condannati in primo e secondo grado per i delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. La Corte d’Appello aveva confermato la loro responsabilità, pur rideterminando la pena, riconoscendo la pluralità dei fatti di bancarotta e il danno di rilevante gravità.

Secondo l’accusa, gli amministratori avevano sottratto ingenti risorse economiche dalla società, trasferendole ad altre aziende a loro riconducibili, e avevano omesso di tenere e conservare le scritture contabili, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e dei movimenti finanziari.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’amministratore di fatto ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:
1. Nullità della sentenza d’appello: Si sosteneva che la redazione delle motivazioni da parte di un giudice onorario violasse la legge, comportando una nullità assoluta.
2. Errata applicazione della legge penale: Si contestava la condanna per bancarotta distrattiva, affermando che la sola prova dei movimenti in uscita dai conti correnti, in assenza di contabilità, non fosse sufficiente a dimostrare la natura illecita delle operazioni.
3. Vizi di motivazione: Si lamentava l’illogicità della sentenza, che aveva condannato per alcune operazioni e assolto per altre apparentemente analoghe, e l’errata attribuzione del ruolo di amministratore di fatto all’imputato.
4. Carenza di motivazione sulle aggravanti: Si contestava la mancata giustificazione della sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante gravità e della pluralità dei fatti di bancarotta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla bancarotta fraudolenta

La Suprema Corte ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso, ritenendoli infondati o inammissibili, ma ha accolto la censura relativa all’aggravante del danno.

Il Ruolo del Giudice Onorario

La Corte ha chiarito che non esiste alcun divieto per un giudice onorario, legittimamente componente di un collegio penale, di redigere le motivazioni della sentenza. Le limitazioni previste dalla legge (d.lgs. 116/2017) riguardano la composizione dei collegi per specifici reati gravi o per il riesame delle misure cautelari, casi non ricorrenti nella vicenda in esame. Pertanto, il primo motivo di ricorso è stato respinto.

La Prova della Distrazione e il Ruolo dell’Amministratore di Fatto

La Cassazione ha confermato che, in materia di bancarotta patrimoniale, la prova della distrazione può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni o delle risorse della società fallita. L’assenza di giustificazioni per i trasferimenti di denaro verso altre società riconducibili all’imputato, unita alla costante sottrazione di utilità, sono stati ritenuti elementi idonei a dimostrare la natura distrattiva delle operazioni.

Il ruolo di amministratore di fatto è stato confermato sulla base di una serie di elementi logici e coerenti: la sua presenza costante in azienda, il controllo sulla contabilità (trasferita presso il suo commercialista di fiducia), la partecipazione a decisioni strategiche cruciali come la scissione societaria che aveva spogliato la fallita degli asset attivi.

L’Aggravante del Danno di Rilevante Gravità

Il punto di svolta della sentenza riguarda l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 219 Legge Fallimentare). La Corte ha accolto il motivo di ricorso della difesa, sottolineando un principio fondamentale: per ritenere sussistente tale aggravante, non è sufficiente fare un generico riferimento all’intero passivo fallimentare. È necessaria una valutazione specifica e concreta del reale pregiudizio causato ai creditori in conseguenza delle condotte distrattive.

La Corte d’Appello, secondo i giudici di legittimità, non aveva fornito una motivazione adeguata su questo punto, limitandosi a identificare il danno con il passivo della società. Questa valutazione è stata ritenuta inidonea. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata su questo specifico punto, con rinvio a una nuova sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce principi consolidati in materia di bancarotta fraudolenta, come la possibilità di provare la distrazione attraverso elementi presuntivi e la rilevanza della figura dell’amministratore di fatto. Tuttavia, introduce un elemento di rigore fondamentale per l’applicazione dell’aggravante del danno di rilevante gravità. La decisione impone ai giudici di merito un’analisi più approfondita e concreta, che vada oltre il semplice dato numerico del passivo fallimentare, per accertare l’effettivo e grave pregiudizio subito dalla massa dei creditori. L’esito del giudizio di rinvio sarà decisivo per la determinazione finale della pena e per l’eventuale prescrizione dei reati contestati.

Un giudice onorario può redigere le motivazioni di una sentenza penale emessa da un collegio?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che un giudice onorario, che sia legittimamente parte di un collegio giudicante, può redigere le motivazioni della sentenza. Le limitazioni previste dalla legge si applicano solo a specifiche materie (come i reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a, c.p.p. o i collegi del Tribunale del riesame), che non ricorrevano nel caso di specie.

Come si può provare la bancarotta per distrazione se le scritture contabili sono mancanti?
La prova della distrazione dei beni può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione. L’assenza di qualsiasi giustificazione per i trasferimenti di denaro e la costante sottrazione di utilità alla società, lasciando solo le passività, sono considerati elementi idonei a dimostrare la natura distrattiva delle operazioni.

Per applicare l’aggravante del danno di rilevante gravità è sufficiente considerare l’ammontare del passivo fallimentare?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità deve essere commisurata al reale pregiudizio concreto subito dai creditori a causa delle condotte illecite. Non può essere desunta automaticamente dall’entità del passivo fallimentare, ma richiede una valutazione specifica e motivata da parte del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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