Bancarotta Fraudolenta: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?
La bancarotta fraudolenta rappresenta uno dei reati più gravi nel contesto delle crisi d’impresa. Quando una condanna viene impugnata fino all’ultimo grado di giudizio, è fondamentale che il ricorso rispetti precisi requisiti di legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità, dichiarando inammissibili i ricorsi che si limitano a riproporre censure già esaminate o a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito.
I Fatti del Processo
Il caso analizzato trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che aveva parzialmente riformato una precedente condanna del Tribunale di Treviso. Due soggetti erano stati ritenuti responsabili del reato di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, oltre che di insolvenza fraudolenta. La Corte territoriale, pur dichiarando prescritto il reato di insolvenza fraudolenta, aveva confermato la responsabilità per la bancarotta, ricalcolando la pena.
Avverso tale decisione, gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge. In particolare, contestavano la configurabilità del reato sotto il profilo del dolo specifico, sostenendo che la motivazione della Corte d’Appello fosse illogica e insufficiente.
La Valutazione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i ricorsi, giungendo alla medesima conclusione: l’inammissibilità. Gli Ermellini hanno evidenziato come i motivi proposti non fossero idonei a superare il vaglio di legittimità.
Per entrambi gli imputati, i ricorsi sono stati considerati:
1. Reiterativi: Le censure sollevate erano una semplice riproposizione di argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte con motivazioni corrette e giuridicamente ineccepibili dalla Corte d’Appello.
2. Fattuali: I ricorrenti, sotto la veste di una presunta illogicità della motivazione, tentavano in realtà di ottenere una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. Questo tipo di operazione è preclusa in sede di legittimità, dove la Corte di Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non riesaminare i fatti del processo.
In sostanza, la Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove, ma un controllo sulla legalità della decisione impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che la motivazione della sentenza d’appello era da considerarsi sufficiente, logica e non contraddittoria. I giudici di merito avevano fornito argomentazioni adeguate a sostegno della sussistenza del dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta, basandosi sulle risultanze probatorie emerse durante il processo.
I ricorsi, al contrario, non individuavano specifiche critiche alle argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limitavano a contrapporre una propria interpretazione dei fatti. Questo tentativo di sovrapporre una valutazione di parte a quella, congruamente motivata, del giudice, è la ragione principale che conduce a una declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: L’Inammissibilità del Ricorso e le Conseguenze Pratiche
La decisione in commento riafferma l’importanza di formulare un ricorso per Cassazione in modo tecnicamente corretto, concentrandosi su vizi di legittimità e non su questioni di merito. Un ricorso che si limita a criticare genericamente la ricostruzione dei fatti o a riproporre le stesse difese già respinte è destinato all’inammissibilità. Le conseguenze di tale esito non sono banali: la sentenza di condanna diventa definitiva e irrevocabile, e i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi per bancarotta fraudolenta?
Perché i motivi di ricorso sono stati ritenuti una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte in appello, nonché un tentativo non consentito di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘reiterativo’?
Significa che ripropone le stesse argomentazioni già presentate e correttamente respinte dal giudice del precedente grado di giudizio (la Corte d’Appello), senza aggiungere nuove critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La sentenza di condanna diventa definitiva. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39403 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39403 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SERIATE il DATA_NASCITA NOME nato a MARCARIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Treviso in data 27 ottobre 2016, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 110, cod. pen., 216, comma 1, n. 2), 223, legge fall., e 110, 641, cod. pen., con la recidiva reitera pluriaggravata per il primo e la recidiva reiterata aggravata per il secondo; in particolare, dichiarava di non doversi procedere per il reato di cui agli artt. 110 641, cod. pen, per intervenuta prescrizione e, rideterminando le pene principali ed accessorie, li condannava alla pena ritenuta di giustizia;
che l’unico motivo di ricorso dell’imputato NOME COGNOME, il quale denunzia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla configurabilità del reato di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2), 223, legge fall., non è consentit dalla legge in sede di legittimità, poiché appare volto a sollevare censure in fatto, fondate sulla pretesa illogicità della motivazione offerta a sostegno della ritenuta sussistenza del dolo specifico; ed è inammissibile, essendo: a) reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (cfr. pagg. 8 e 9); b) diretto a sovrapporre all’interpretazion delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa;
che l’unico motivo di ricorso dell’imputato NOME COGNOME, che denunzia vizio di motivazione nella forma dell’illogicità del provvedimento impugnato in relazione alla configurabilità del reato di cui agli artt. 216, comma 1, n. 2), 223, legge fal è inammissibile, in quanto anch’esso reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata, la quale risulta essere sorretta da sufficiente e non illogica, né contraddittoria motivazione (pagg. 8 e 9);
che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il GLYPH nslie estensore GLYPH Così deciso il 25 settembre 2024