Bancarotta Fraudolenta: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 31528 del 2024, offre importanti spunti sul reato di bancarotta fraudolenta e sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un’imprenditrice, ritenendo il suo ricorso inammissibile per la genericità dei motivi, i quali si limitavano a riproporre questioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo caso evidenzia come le operazioni societarie, apparentemente lecite, possano essere interpretate come distrattive se finalizzate a pregiudicare gli interessi dei creditori.
I Fatti del Caso: La Condanna per Bancarotta Fraudolenta
Il procedimento trae origine dalla condanna inflitta a un’imprenditrice per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Corte d’Appello di L’Aquila aveva confermato la sua responsabilità penale, limitandosi a ridurre la durata delle sanzioni accessorie. Le accuse si fondavano su una serie di operazioni ritenute pregiudizievoli per il patrimonio della società fallita, tra cui la vendita di un macchinario e il conferimento di un ramo d’azienda.
Secondo l’accusa, queste manovre erano state orchestrate con l’unico scopo di mettere al sicuro i cespiti patrimoniali in vista dell’imminente insolvenza, sottraendoli così alla garanzia dei creditori. L’imputata, invece, sosteneva la legittimità e il senso economico di tali operazioni, tesi che non ha convinto i giudici di merito.
Analisi delle Operazioni Sospette nel Contesto della Bancarotta Fraudolenta
La difesa dell’imprenditrice ha cercato di giustificare le operazioni contestate, ma la Corte di Cassazione ha smontato punto per punto tali argomentazioni, definendole ‘manifestamente illogiche’.
In particolare, i giudici hanno evidenziato due operazioni principali:
1. Vendita e riaffitto del macchinario: Il macchinario era stato venduto a una società collegata con pagamento rateizzato, per poi essere ripreso in affitto. Questa operazione non ha generato liquidità immediata per l’impresa e, di fatto, l’ha privata di un bene produttivo, con conseguente danno per i creditori.
2. Conferimento del ramo d’azienda: Anche il conferimento di un altro ramo d’azienda è stato considerato fraudolento. La Corte ha rilevato che la svalutazione dei cespiti conferiti aveva causato uno sbilanciamento nel valore della quota societaria ottenuta in cambio, rendendo di fatto più aleatoria e incerta la possibilità per i creditori di soddisfare le proprie pretese.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Genericità e Mancato Confronto
Il punto centrale della decisione della Suprema Corte è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. I giudici hanno sottolineato che i motivi proposti erano generici e si limitavano a ‘rieditare doglianze’ già presentate in appello. La ricorrente non si era ‘compiutamente confrontata’ con le motivazioni con cui la Corte territoriale aveva già confutato le sue tesi. Questo vizio procedurale impedisce alla Cassazione di esaminare il merito della questione, portando a una declaratoria di inammissibilità e alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si fonda su principi consolidati sia di diritto sostanziale che processuale. Sul piano sostanziale, la Corte ribadisce che per configurare la bancarotta fraudolenta non è necessario un atto di disposizione formalmente illecito, ma è sufficiente che l’operazione, nel suo complesso, sia finalizzata a diminuire il patrimonio societario a danno dei creditori. Nel caso di specie, la concatenazione tra vendita, pagamento rateizzato e affitto a una società collegata è stata letta come un chiaro schema distrattivo. Sul piano processuale, la decisione riafferma il principio secondo cui il ricorso per cassazione non può essere una mera ripetizione dei motivi di appello, ma deve contenere una critica specifica e puntuale delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. L’assenza di tale confronto rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un monito per chi intende difendersi da un’accusa di bancarotta fraudolenta: non basta affermare la logica economica di un’operazione, ma è necessario dimostrare che essa non abbia avuto l’effetto concreto di pregiudicare i creditori. Inoltre, dal punto di vista processuale, insegna che l’accesso alla Corte di Cassazione richiede un’argomentazione rigorosa che si confronti criticamente con la sentenza di secondo grado, pena l’inammissibilità del ricorso. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza nel tutelare l’integrità del patrimonio aziendale a garanzia dei creditori.
Perché il ricorso per bancarotta fraudolenta è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto specifico con le motivazioni della sentenza impugnata.
Quali operazioni sono state considerate indicative di bancarotta fraudolenta?
La Corte ha ritenuto indicative del reato la vendita di un macchinario con pagamento rateizzato e successivo riaffitto a una società collegata, e il conferimento di un ramo d’azienda. Entrambe le operazioni sono state giudicate finalizzate a sottrarre beni alla garanzia dei creditori, rendendo più incerta la loro soddisfazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva. Inoltre, la parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31528 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31528 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTIGLIONE MESSER RAIMONDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di L’Aquila ne ha confermato la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, ha provveduto a ridurre la durata delle sanzioni accessorie previste dall’ultimo comma dell’art. 216 legge fall.
Considerato che i motivi di ricorso risultano generici, rieditando doglianze già proposte con i motivi d’appello già adeguatamente confutate dalla Corte territoriale con motivazione con la quale la ricorrente non si è compiutamente confrontata.
Rilevato in particolare che viene prospettato in maniera meramente assertiva il senso economico delle operazioni, che logicamente i giudici del merito hanno invece letto nella loro unitaria finalizzazione a mettere al sicuro i cespiti patrimoniali della fal nell’incombente insolvenza della medesima.
Rilevato che manifestamente illogica è l’affermazione per cui la vendita del macchinario poi acquisito in affitto e riaffittato a società collegata fosse funzionale all’acquisizione di liquidità, posto che il prezzo di vendita veniva rateizzato e comunque la società non lo utilizzava per attività produttiva con conseguente pregiudizio degli interessi creditori.
Rilevato che analogamente corretta è la motivazione della sentenza sul conferimento dell’altro ramo d’azienda, posto che la svalutazione dei cespiti ha comunque comportato uno sbilanciamento nel valore della quota societaria acquisita, rendendo comunque maggiormente aleatoria la soddisfazione dei creditori della fallita.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/5/2024