Bancarotta fraudolenta per distrazione: la Cassazione conferma la natura di reato di pericolo
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di bancarotta fraudolenta per distrazione, offrendo importanti chiarimenti sulla natura di questo reato e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea come la distrazione di beni societari costituisca un reato di pericolo, per la cui configurazione non è necessaria la prova di un danno concreto, ma è sufficiente la messa a rischio degli interessi dei creditori. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.
I fatti alla base del procedimento
Il caso riguarda un amministratore e liquidatore di una società fallita, condannato in primo e secondo grado per il reato di bancarotta fraudolenta. L’accusa si fondava sull’aver trasferito merci di ingente valore dalla società, ormai in crisi, a un’altra entità giuridica di cui lo stesso amministratore era partecipe. Questa operazione era avvenuta senza alcun corrispettivo, con la piena consapevolezza che il credito della società cedente non sarebbe mai stato riscosso.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. La presunta violazione dell’art. 40 del codice penale, per l’insussistenza del nesso eziologico tra la sua condotta e l’evento distrattivo, nonché la mancanza di dolo.
2. La richiesta di derubricare il reato nella fattispecie meno grave di bancarotta semplice.
3. La presunta illogicità della motivazione che aveva portato alla sua condanna.
L’analisi della Cassazione sulla bancarotta fraudolenta
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, ribadendo principi consolidati in materia.
La natura del reato come reato di pericolo
In risposta al primo motivo, la Corte ha chiarito che il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è un reato di pericolo. Questo significa che la legge non richiede, per la sua punibilità, la produzione di un evento dannoso concreto per i creditori. È sufficiente la condotta di distrazione dei beni, in quanto tale atto mette a repentaglio la garanzia patrimoniale su cui i creditori fanno affidamento. La condotta dell’amministratore, che ha trasferito beni senza corrispettivo pur sapendo che il pagamento non sarebbe mai avvenuto, è stata considerata pienamente integrativa del reato, senza necessità di dimostrare un ulteriore nesso causale con un danno specifico.
La genericità degli altri motivi di ricorso
Anche il secondo e il terzo motivo sono stati respinti per mancanza di specificità. La Cassazione ha osservato che l’imputato non si è confrontato in modo critico con la motivazione della sentenza d’appello, la quale aveva già spiegato in modo logico e congruo perché il fatto dovesse essere qualificato come bancarotta fraudolenta e non semplice. La difesa si è limitata a riproporre una diversa lettura dei fatti, senza evidenziare vizi logici o giuridici nel ragionamento dei giudici di merito. Tale approccio costituisce un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito della causa, attività preclusa in sede di legittimità.
Le motivazioni della decisione
La decisione di inammissibilità si fonda sulla manifesta infondatezza e genericità dei motivi proposti. La Corte ha ritenuto che il ricorso non fosse altro che una richiesta di rivalutazione delle prove, mascherata da presunte violazioni di legge. I giudici hanno sottolineato come la sentenza impugnata avesse fornito una giustificazione logica e coerente per la condanna, spiegando perché la qualificazione giuridica fosse corretta e perché non si potesse parlare di semplici operazioni imprudenti.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce la severità con cui l’ordinamento tratta la bancarotta fraudolenta per distrazione, qualificandola come reato di pericolo per tutelare in modo anticipato e forte gli interessi dei creditori. In secondo luogo, evidenzia l’importanza di formulare ricorsi per cassazione specifici e tecnicamente fondati su vizi di legittimità, e non su generiche contestazioni fattuali. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende funge da monito contro la presentazione di impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
Perché il trasferimento di beni senza corrispettivo è stato qualificato come bancarotta fraudolenta per distrazione?
Perché l’amministratore ha sottratto beni di ingente valore dal patrimonio della società fallita, trasferendoli a un’altra entità di cui era parte, senza ricevere alcun pagamento e con la consapevolezza che il credito non sarebbe mai stato riscosso. Tale condotta mette a rischio gli interessi dei creditori.
Per quale motivo la Cassazione ha definito il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi erano generici, basati su una diversa interpretazione dei fatti e non contestavano specificamente i vizi di logica o di diritto della sentenza d’appello. Il ricorso mirava a una nuova valutazione del merito, non consentita in Cassazione.
Cosa significa che la bancarotta per distrazione è un ‘reato di pericolo’?
Significa che per la sua configurazione non è necessario che si verifichi un danno effettivo e concreto ai creditori. È sufficiente che la condotta dell’amministratore (la distrazione dei beni) crei un rischio per la garanzia patrimoniale che spetta ai creditori stessi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31286 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31286 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BARLETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia del 11 luglio 2023 che ne ha confermato la responsabilità penale per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione;
considerato che il primo motivo di impugnazione, che assume la violazione dell’art. 40 cod. pen. in relazione alla ritenuta «sussistenza del nesso eziologico tra la condotta dell’imputat e l’evento distrattivo» e censura la sentenza impugnata con riguardo alla ritenuta sussistenza del dolo, è manifestamente infondato e versato in fatto in quanto il delitto di bancarott fraudolenta per distrazione è reato di pericolo (che non richiede la produzione di alcun evento), l’imputato (amministratore e liquidatore della fallita) è stato ritenuto responsabile di esso aver trasferito merci di ingente valore ad altra società (della cui compagine era parte), senza alcun corrispettivo, pur avendo piena contezza cje il credito vantato dalla fallita non sarebbe mai stato riscosso; e rispetto a tale iter argomentativo l’impugnazione si limita a prospettare una diverso apprezzamento della prova senza neppure assumerne il travisamento (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01);
considerato che il secondo motivo (con cui quale si denunciano la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in merito alla mancata derubricazione della fattispecie nel reato meno grave di cui all’art. 217, comma 1, n. 2, legge fall.), e il terzo motivo (con cui si dedu l’illogicità della motivazione posta a fondamento della dichiarazione di responsabilità dell’imputato), sono privi della necessaria specificità poiché non si confrontano in alcun modo con la motivazione (che ha dato conto in maniera congrua e logica degli elementi di fatto in ragione dei quali ha considerato corretta la qualificazione giuridica del fatto e ha escluso che ricorrente abbia posto in essere operazioni manifestamente imprudenti), affidandosi ad asserti del tutto generici oltre che versati in fatto;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/04/2024.