Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22580 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ODERZO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/08/2023 del TRIB. RIESAME di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 4 agosto 2023, depositata in data 18 settembre 2023, il Tribunale di Bologna, sezione del Riesame, su richiesta presentata nell’interesse di NOME NOME ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino emessa in data 7 luglio 2023 con la quale è stata applicata al ricorrente la misura cautelare congiunta dell’obbligo di dimora nel comune di residenza e dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria in relazione ai reati di:
bancarotta fraudolenta distrattiva aggravata dalle più persone e dall’avere cagioNOME un danno di rilevante gravità (capo 6: artt.110,112 n.1 cod. pen.,322 comma primo lett. A) in rel.all’art.329 comma primo e 326 commi primi e secondo lett. a d.lgs.14/19) in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE posta in liquidazione giudiziale con sentenza del 21 febbraio 2023;
compimento di atti fraudolenti sui cespiti della società al fine di sottrarli al pagamento delle imposte e rendere inefficace la procedura di riscossione da parte dell’Erario (capo 9: artt.11 comma primo ultima parte D. lgs.74/00).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nel motivo qui di seguito enunciato.
2.1. Con un unico motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria avuto riguardo al capo 6) e al capo 9) contestati.
Il ricorrente risulta essere socio unico della società RAGIONE_SOCIALE incaricato dal legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE di provvedere a liberare i locali dove aveva sede quest’ultima.
La condotta contestatagli è quella di avere materialmente sottratto merce del valore di 400.000 euro contenuta in quei locali.
L’ordinanza impugnata, osserva la difesa, ha operato confusione tra la persona del ricorrente e quella del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, Barosco, il quale peraltro in sede di interrogatorio di garanzia ha chiarito che non vi è stata alcuna sottrazione di merce che è stata anzi posta a disposizione della curatela; lo spostamento della stessa è avvenuto in un altro magazzino dove era possibile custodire la merce a costo zero evitando così il pagamento di un canone mensile pari a 7000,00 euro.
La merce, infatti, è stata poi posta in vendita dalla curatela, autorizzata dal giudice delegato fallimentare.
2.1.1. Il Tribunale del Riesame ha omesso di valutare siffatte risultanze istruttorie ravvisando la condotta fraudolenta distrattiva nella circostanza che i beni siano stati “trasferiti ingiustificatamente” in un altro magazzino e poi riconsegnati al liquidatore giudiziale.
In realtà, evidenzia la difesa, proprio i beni “a marchio 161”, oggetto di contestazione non risultano essere mai stati spostati dallo stabilimento di produzione.
2.1.2. La difesa evidenzia altresì omissioni e criticità contenute nell’ordinanza del Tribunale del Riesame consistite:
nella mancata valutazione di condotte tenute dal ricorrente di collaborazione con la curatela al fine di recupero di beni la cui distrazione non era a lui contestata;
-nella errata interpretazione di alcune conversazioni che hanno condotto l’ordinanza impugnata a ritenere che COGNOME abbia tentato di insinuarsi nel passivo fallimentare;
nell’acritico recepimento dell’ordinanza genetica che descrive COGNOME come autotrasportatore, circostanza non fondata su alcun elemento di prova;
nella sopravvalutazione del valore dei beni presuntivamente sottratti sulla base di un’indicazione operata dal Pubblico ministero e ancora una volta acriticamente recepita nell’ordinanza genetica;
-nell’assertiva risposta rispetto alla eccepita mancanza di autonoma valutazione dell’ordinanza genetica;
nell’ insussistenza di esigenze cautelari laddove è stato valorizzato ai fini del pericolo di recidiva la sussistenza a carico del COGNOME di un unico precedente penale molto risalente nel tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato nonché generico, non confrontandosi con le approfondite motivazioni contenute nell’ordinanza impugnata la quale fornisce risposta in modo esauriente alle doglianze difensive.
L’ordinanza impugnata ha dato atto che gli elementi introdotti dalla difesa sono consistiti nella rilettura delle acquisizioni investigative poste a fondamento dell’ordinanza genetica.
Nondimeno, il Tribunale ha passato nuovamente in rassegna l’impianto indiziario, confermandone la concludenza, oltre alla permanenza delle esigenze di cautela.
Siffatta argomentazione è stata contestata, con il ricorso di legittimità, mediante la mera riproduzione delle censure disattese, indirizzate alla minimalistica e generica rivalutazione dei gravi indizi di colpevolezza.
L’ordinanza, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, si confronta con le singole condotte, dando atto che questa diversa prospettazione difensiva non è in grado di scalfire l’impianto accusatorio come confermato nei precedenti provvedimenti cautelari.
A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza impugnata, il ricorso si risolve nella sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Il ricorso propone, inoltre, una – parziale – rilettura del contenuto delle intercettazioni, omettendo di confrontarsi con il principio per cui è possibile, in sede di legittimità, prospettare un’interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza
del travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n.6722 del 21/11/2017, COGNOME, Rv. 272558; n. 38915 del 2007 Rv. 237994; n. 11189 del 2012 Rv. 252190; n. 7465 del 2013 Rv. 259516).
Di guisa che, nel prospettare una interpretazione minimalista delle fonti di prova, il ricorrente si limita a ripercorrere i fatti e ad offrirne una lettu alternativa, mentre dal testo dell’ordinanza impugnata non è dato ravvisare alcuna disarticolazione del ragionamento probatorio, con il quale si omette il confronto (Sez. un. n.8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822), prospettando una diversa concludenza delle prove e sostanzialmente richiedendo, in questa sede, una inammissibile rivalutazione dei fatti e dei dati dimostrativi (ex multis Sez. 5, n.51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623).
2.1. L’ordinanza impugnata ha evidenziato come sia ravvisabile una condotta distrattiva, ascrivibile anche e non solo all’amministratore, nell’azione di nascondimento della merce del magazzino aziendale nei locali di un terzo, a prescindere dal fatto che la merce sia stata infine recuperata attesa la natura di reato di pericolo della fattispecie contestata.
Le conversazioni intercettate hanno evidenziato che vi era fretta di portare via le giacenze del magazzino trasferendole altrove per poterle acquistare a basso prezzo e rivenderle a un prezzo maggiore.
2.2. Generiche le censure relative alla mancanza di autonoma valutazione e delle esigenze cautelari a fronte di una risposta specifica (p.6) alle doglianze già avanzate con l’istanza di riesame in punto di rilevanza anche di precedenti risalenti quanto alla motivazione del pericolo di recidiva.
3.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 cod. proc. pen. e della somma che si stima equo determinare in euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 12 aprile 2024 Il Consigliere estensore
Il Prksidente