Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14396 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TODI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni depositate dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nell’interesse del ricorrente, che ha illustrato ulteriormente i motivi di ricorso e ne ha chi l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Perugia, con la sentenza emessa il 14 marzo 2023, riformava solo quanto alle pene, che riduceva, confermando nel resto quella de Tribunale di Spoleto, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME – quale titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del 11 giugno 2016 – in ordine al deli di bancarotta fraudolenta distrattiva.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. relativamente alla nullità del decreto di citazione a giudizio.
Lamenta il ricorrente che la Corte di appello non abbia, nonostante specifico motivo, dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, conseguente alla circostanza che il decreto di citazione per l’udienza preliminare veniva notificato all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, e non all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, indicata nel decreto quale difensore di ufficio. COGNOME non presenziava all’udienza e, dunque, la nullità non è stata sanata oltre a essere stata eccepita in primo grado ex art. 491 cod. proc. pen.
Il secondo motivo, senza indicazione del vizio lamentato, censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte ha ritenuto che l’annotazione nelle scritture contabili delle rimanenze di beni fosse rispondente al vero e, quindi, rappresentativa di distrazione, avendo invece lamentato l’imputato che si trattava di annotazioni contabili false, per garantire gli istituti di credito.
Il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 192 e 503 cod. proc. pen. in relazione all’art. 217 legge fall.
In ordine alla vendita dei trattori, secondo l’impostazione accusatoria, accolta dalla sentenza impugnata, avvenuta sottocosto, lamenta il ricorrente come il valore reale dei veicoli eraZi non quello stimato con il ‘ricorso a internet’ ma, stante le condizioni dei veicoli, pari a quanto sostenuto dall’imputato.
Da ciò deriverebbe la natura colposa della condotta, da ricondurre alla bancarotta semplice.
Il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 219 legge fall., in quanto la Corte di appello non avrebbe riconosciuto l’attenuante del danno di speciale tenuità per il valore di poco superiore ai 4mila euro per i trattori, quindi irrisorio.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, rilevando come il primo motivo fosse manifestamente infondato e i residui adeguatamente valutati dalle sentenze di merito in doppia conforme.
Il difensore del ricorrente ha depositato una memoria conclusiva, rappresentando come in ordine al primo motivo la nomina del sostituto in udienza non sana la nullità originaria e, per il resto, riportandosi ai motivi come formulati in ricorso e chiedendone l’accoglimento.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
A buona ragione la Corte di appello ha rigettato la censura che lamentava la nullità dell’udienza preliminare e degli atti conseguenti.
Questo Collegio osserva preliminarmente che quando è dedotto, mediante ricorso per Cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la Corte di Cassazione è “giudice anche del fatto” e per risolvere la relativa questione può – e talora deve necessariamente – accedere all’esame dei relativi atti processuali, esame che è, invece, precluso soltanto se risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (Cass., Sez. Un. 31 ottobre 2001, Policastro, rv. 220092).
Nel caso in esame emerge con evidenza che, in occasione della notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME fu nomiNOME quale difensore di ufficio, essendosi l’indagato COGNOME riservato la nomina del difensore di fiducia.
Risulta, altresì, che l’AVV_NOTAIO ebbe a ricevere la notifica dell’avviso per l’udienza preliminare, sia in proprio sia, ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per l’imputato, che aveva eletto domicilio ma per inidoneità la notifica non era andata a buon fine.
Per altro, l’AVV_NOTAIO COGNOME compariva quale difensore di ufficio in udienza, a mezzo del sostituto AVV_NOTAIO NOME per delega.
E’ di tutta evidenza l’irrilevanza dell’erronea indicazione nella richiesta di rinvio a giudizio dell’AVV_NOTAIO COGNOME ‘di ufficio’, a fronte della presenza del delegato dell’AVV_NOTAIO COGNOME in udienza, sanante ogni irregolarità.
Per altro gli artt. 416 e 417 cod. proc. pen., che regolano il contenuto della richiesta di rinvio a giudizio e la sua invalidità, non richiedono che sia indicato a pena di nullità il difensore, tanto che l’art. 418 cod. proc. pen. prevede che, nel caso in cui l’imputato sia privo di difensore di fiducia, possa provvedere alla nomina del difensore di ufficio il G.u.p., all’atto della notifica dell’avviso d’udien preliminare.
In sostanza l’atto che deve essere notificato al difensore nomiNOME d’ufficio o di fiducia è l’avviso di udienza, ex art. 419, comma 2, cod. proc. pen., il che nel caso in esame si è correttamente verificato in relazione al difensore AVV_NOTAIO COGNOME, nomiNOME d’ufficio.
Ne consegue la manifesta infondatezza della doglianza.
3. Il secondo motivo è genericamente formulato senza riferimenti ai vizi ex art. 606 cod. proc. pen., che costituiscono ragioni tassative del ricorso in cassazione.
Il ricorso per cassazione è, infatti, inammissibile nel caso in cui l’interessato ometta di indicare a quale dei casi tipici disciplinati dall’art. 606 cod. proc. pen. intenda ricondursi, in quanto tale mancanza, ove la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e chiara, si traduce in genericità dei motivi (Sez. 3, n. 7629 del 07/02/2023, H., Rv. 284152 – 01; mass. conf.: N. 57403 del 2018 Rv. 274258 – 01).
Ad ogni buon conto, la censura rivolta alla motivazione impugnata è aspecifica perché, pur riportando l’argomentazione della Corte territoriale, con la stessa non si confronta.
Infatti, la Corte di appello ritiene che la tesi dell’imputato, per cui l annotazioni indicate in contabilità quanto alle rimanenze sarebbero false, perché solo funzionali a ottenere garanzie dalle banche, sia smentita da un appunto informale, ove viene riportato proprio lo stesso valore con riferimento alle rimanenze finali.
In sostanza, la Corte di appello rileva come l’appunto rinvenuto conforti la verità della annotazione contabile e, al tempo stesso, dimostri che le rimanenze annotate alla fine del 2015 erano esistite e non erano più esistenti all’atto dell’accesso del curatore nel 2016.
Inoltre, la sentenza di primo grado, che forma un organismo unitario con quella di secondo grado data la doppia conformità, rilevava come la commercialista non avesse rinvenuto ragioni per ritenere inattendibile la contabilità. E infine,
annotava la sentenza di primo grado come lo stesso imputato avesse ammesso l’esistenza delle rimanenze, pur riferendo che le stesse erano andate distrutte, senza però comprovarlo.
Con tutto ciò non si confronta il motivo di ricorso, che dunque è aspecifico, riproponendo le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame, nonché carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), contestando, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, difettando di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
4. Il terzo motivo anche è generico.
A ben vedere la Corte di appello rinvia alla ampia motivazione della sentenza di primo grado, rappresentando che anche l’atto di appello non si confrontava con tale motivazione.
A ben vedere, il motivo in esame è versato in fatto con una censura non consentita in questa sede, a fronte della logicità della valutazione di stima effettuata a mezzo ricerche telematiche e valutando il minimo prezzo, risultando quello di vendita al di sotto della stima di mercato.
Ma, soprattutto, la doglianza non si confronta con ulteriori indici di fraudolenza: la società acquirente era stata costituita allorchè quella fallita stava andando in crisi; il titolare della acquirente dei beni era sempre COGNOME; il pagamento dei trattori non era tracciato in quanto avvenne, a detta del ricorrente, in contanti, cosicché l’incasso non era provato.
In sostanza la natura distrattiva, e il dolo generico richiesto, risultavano da una pluralità di elementi attestanti la fraudolenza, che il motivo in esame non affronta.
Ne consegue la genericità dello stesso.
Anche il quarto motivo è aspecifico, perché non si confronta con la sentenza impugnata, che commisura correttamente il danno all’intero valore delle merci distratte che ammonta a 138mila euro, e non solo, quindi, al valore dei trattori ceduti. Valore, comunque, quest’ultimo non irrisorio, penalmente rilevante, in quanto integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la dismissione di beni strumentali obsoleti distaccati dal patrimonio sociale in assenza di utile o corrispettivo, trattandosi di beni la cui consistenza economica, sebbene minima,
esigua o ridottissima, è idonea comunque a costituire garanzia per i creditori (Sez. 5, n. 31680 del 03/06/2021, COGNOME, Rv. 281768 – 01).
La doglianza non valuta il consolidato principio, condiviso da questo Collegio, per cui ai fini dell’applicazione delle circostanze di cui all’art. 219 legge fall., valutazione del danno va effettuata con riferimento non all’entità del passivo o alla differenza tra attivo e passivo, bensì alla diminuzione patrimoniale cagionata direttamente ai creditori dal fatto di bancarotta; ne consegue che il giudizio relativo alla particolare tenuità – o gravità – del fatto non va riferito al singo rapporto che passa tra fallito e creditore ammesso al concorso, ne’ a singole operazioni commerciali o speculative dell’imprenditore decotto, ma va posto in relazione alla diminuzione, (non percentuale, ma globale), che il comportamento del fallito ha provocato nella massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti. (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019 Giannone Rv. 277658 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12087 del 10/10/2000, COGNOME, Rv. 217403 – 01). Nel caso in esame correttamente è stato computato il valore delle rimanenze non rinvenute, e ciò anche non volendo considerare il valore dei trattori. Il motivo è anche, quindi, manifestamente infondato.
Ne consegue la complessiva inammissibilità del ricorso, con la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 23/01/2024
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Il Consigl(ere estensore
Il Presidente