Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1811 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1811 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GUARDIAGRELE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’Aquila, assolto l’imputato da una delle imputazioni ascritte, ha nel resto confermato il giudizio di responsabilità formulato nei suoi confronti, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Chieti.
Si tratta di fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale contestati come commessi nella veste di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 23 febbraio 2018, e precisamente: la distrazione di beni strumentali e di due autocarri della società, ceduti ad altra società (RAGIONE_SOCIALE) della quale lo stesso NOME era socio, senza che i pattuiti corrispettiv siano confluiti nel patrimonio della fallita; la sottrazione o distruzione del scritture contabili, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o di recar pregiudizio ai creditori.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando quattro motivi di seguito enunciati negli stretti limiti indicati dall 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, e segnatamente degli artt. 423 e 604 cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
Erroneamente la Corte di appello avrebbe respinto il motivo di gravame con il quale si chiedeva di dichiarare nulla la sentenza di primo grado per avere il giudice consentito la modifica dell’imputazione senza disporre la notificazione all’imputato assente del verbale contenente la nuova contestazione, riferita alla distrazione dei due autocarri non menzionati nel capo di imputazione originario.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione per non avere la Corte di appello considerato i documenti, depositati a mezzo p.e.c. il 20 marzo 2023, che spiegherebbero l’avvenuto pagamento dei due autocarri asseritamente distratti, a mezzo versamento o compensazione.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge (segnatamente, degli articoli 530, comma 2, e 533, comma 1, cod. proc. pen.) per non avere la Corte di appello tenuto conto delle dichiarazioni autoaccusatorie del nuovo amministratore COGNOME in ordine alla ricezione da parte sua delle scritture contabili, la cui sottrazione od occultamento è stata ascritta al ricorrente con motivazione illogica.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione nonché violazione di legge negli stessi termini di cui al terzo motivo, con riferimento a mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la
modesta entità del danno complessivamente cagionato, l’incensuratezza dell’imputato, la positiva sua condotta processuale.
Il Procuratore generale, concludendo per iscritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, legge n. 176 del 2020 e successive modifiche, ha chiesto il rigetto del ricorso.
AVV_NOTAIO per il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha confutato le argomentazioni del Procuratore generale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. La Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale (n. 171) ha evocato la nozione di «motivi che, pur essendo esposti in forma specifica, sono nondimeno manifestamente privi di qualsiasi base giuridica, come quando, ad esempio, si pretendesse di disconoscere Vesistenza o il senso assolutamente univoco di una determinata disposizione di legge».
Tale è appunto, secondo la giurisprudenza di legittimità, il contenuto della «manifesta infondatezza», da distinguere dalla mera «infondatezza».
Il giudice di legittimità, dunque, al fine di distinguere i motivi infondati quelli manifestamente infondati, è chiamato a valutare: «A) con riferimento ai motivi che deducano inosservanza od erronea applicazione di leggi, se essi risultino caratterizzati da evidenti errori di diritto nell’interpretazione della nor posta a sostegno del ricorso, come accade nei casi in cui: – si invochi una norma inesistente nell’ordinamento – si pretenda di disconoscere l’esistenza o il senso assolutamente univoco di una determinata disposizione di legge; – si riproponga una questione già costantemente decisa dal Supremo collegio in senso opposto a quello sostenuto dal ricorrente, senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi; B) con riferimento ai motivi che deducano vizi di motivazione , se essi muovano, sul fatto, sullo svolgimento del processo, sulla sentenza impugnata, censure o critiche sostanzialmente vuote di significato in quanto manifestamente contrastate dagli atti processuali, come accade, ad esempio, nel caso in cui il motivo di ricorso attribuisca alla motivazione della decisione impugnata un contenuto letterale, logico e critico radicalmente diverso da quello reale» (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062, in motivazione).
1.2. Come si evince dalla sentenza di primo grado (cfr. pag. 3), all’udienza preliminare del 2 febbraio 2021, dopo che il giudizio abbreviato era stato chiesto
ma non ancora ammesso, il pubblico ministero ha precisato l’imputazione aggiungendo, nella contestazione di bancarotta fraudolenta distrattiva, il riferimento ai due autocarri sino a quel momento non menzionati. L’imputato era assente, mentre era presente il suo difensore, che chiese termine per poter verificare il persistente interesse al rito. Il termine fu concesso e alla successiv udienza del 2 marzo 2021 il difensore e procuratore speciale dell’imputato confermò la propria scelta e il giudizio abbreviato condizionato fu ammesso così come richiesto.
La Corte di appello, a pagina 4 della sentenza impugnata, ha correttamente motivato sul punto e, del resto, la lettura della regula iuris dettata dall’art. 423, comma 1, cod. proc. pen. è piana: «se nel corso dell’udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell’imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell’art. 12 comma 1 lett. b) o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente. Se l’imputato non è presente, la modificazione dell’imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione».
E’ quanto esattamente accaduto nel caso di specie, laddove (naturalmente prima dell’ammissione del giudizio abbreviato condizionato e dell’assunzione dell’integrazione probatoria: cfr. Sez. U, n. 5788 del 18/04/2019, dep. 2020, Halan, Rv. 277706) la modifica dell’imputazione è stata contestata al difensore, peraltro concedendogli pure un non obbligatorio rinvio all’esito del quale il difensore medesimo ha di fatto accettato la contestazione, chiedendo per il proprio rappresentato l’ammissione al giudizio abbreviato.
Va solo aggiunto che il ricorrente, in modo assolutamente generico, si limita ad affermare (ultimo periodo di pagina 2 del ricorso) che nel caso di specie si sarebbe di fronte ad un fatto “nuovo”. L’affermazione, non suffragata da alcuna considerazione o giustificazione e dunque del tutto aspecifica, mira evidentemente a rendere applicabile la diversa regola prevista dal secondo comma del citato art. 423 cod. proc. pen., ma è appena il caso di ricordare che «in tema di bancarotta fraudolenta, non integra fatto nuovo ai sensi dell’art. 518 cod. proc. pen., la individuazione, nel corso dell’istruzione dibattimentale, di diverse modalità della condotta illecita ovvero di ulteriori condotte di distrazione o, comunque, di difformi condotte integrativa della violazione dell’art. 216 legge fall., trattandosi di fat che non può generare ‘novità’ dell’illecito, ma soltanto l’integrazione della circostanza aggravante (e non la modifica del fatto tipico), in virtù della peculiare disciplina dell’illecito fallimentare – connaturato alla c.d. unitarietà del re desumibile dall’art. 219, comma secondo, n. 1 legge fall., che deroga alla disciplina della continuazione – e della peculiarità della norma incriminatrice che non assegna alle condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e
dissimulazione … natura di fatto autonomo, bensì fattispecie penalmente tra loro equivalenti, e cioè modalità di esecuzione alternative e fungibili di un unico reato» (Sez. 5, n. 4551 del 02/12/2010, dep. 2011, Mei, Rv. 249262).
Nel caso di specie, conclusivamente, si è semplicemente in presenza di una modifica dell’imputazione, sollecitata dal giudice stesso conformemente ai propri poteri: è appena il caso di osservare che, a fronte dell’eventuale inerzia del pubblico ministero rispetto alla richiesta di “emendati° libelli”, il giudice avrebb potuto restituire gli atti al pubblico ministero medesimo, secondo la regola indicata da Sez. U n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella, Rv. 238239 – v. anche Sez. 3, n. 8078 del 10/10/2018, dep. 2019, Cammi, Rv. 275839 – ed oggi normativizzata dall’art. 423, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 223, comma 1 lett. i), d. Igs. 10 ottobre 2022 n. 150.
Infine, ed è ulteriore riprova della «pretestuosità oggettiva» del motivo manifestamente infondato (v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266), persino nell’ottica del ricorrente il fatto asseritamente “nuovo” sarebbe connesso a quello originariamente contestato, ai sensi dell’art. 12, cornma 1 lett. b) cod. proc. pen., con conseguente applicabilità, in ogni caso, della regola della quale è stata fatta corretta applicazione.
2. E’ inammissibile pure il secondo motivo.
Il ricorrente fa riferimento generico a non meglio precisati documenti, introdotti nel secondo grado di giudizio e che la Corte di appello non avrebbe valorizzato.
Sembra dunque invocare il vizio del travisamento della prova per omissione, senza però ottemperare all’onere, previsto a pena di inammissibilità, di allegare l’atto la cui valutazione sarebbe stata omessa (cfr. Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME, Rv. 256723) e di indicare le ragioni per cui il dato travisato inficia e compromette la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione (cfr. Sez. 5, n. 21914 del 16/03/2023, COGNOME, Rv. 284517).
In ogni caso il motivo è palesemente generico: esso non si confronta con la motivazione resa dalla Corte di appello (pag. 5), che ha evidenziato come i corrispettivi delle vendite degli automezzi non siano pervenuti nelle casse sociali; e confuta l’affermazione della Corte attraverso il riferimento a documenti non meglio precisati, dai quali si desumerebbe che il prezzo sarebbe stato «versato e/o compensato», e dunque senza nemmeno chiarire gli esatti termini dell’asserita estinzione dell’obbligazione.
E’ appena il caso di osservare che alla genericità del motivo di appello non può comunque supplire l’allegazione di documentazione alle conclusioni scritte rassegnate in sede di discussione del ricorso per cassazione (documentazione, in
ogni caso, non pertinente rispetto al decisivo rilievo del mancato versamento dei corrispettivi delle vendite nelle casse della società).
Il terzo motivo è anzitutto inammissibile laddove denuncia violazioni di norme processuali contenenti una regola di giudizio, la cui mancata osservanza non è sanzionata da inutilizzabilità o nullità ma può solo tradursi in vizio d motivazione (Sez. U. n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).
Quanto al dedotto vizio di motivazione, il motivo è pure inammissibile, perché reiterativo dell’analogo motivo di appello rigettato dalla Corte territoriale, senza effettivo confronto con la motivazione resa da quest’ultima.
Innanzitutto la Corte ha argomentato un giudizio di totale inattendibilità delle dichiarazioni del COGNOME (pag. 8 della sentenza), giudizio con il quale il ricorrente non si confronta, limitandosi a censurare la motivazione nella parte in cui non avrebbe tenuto conto di tali dichiarazioni.
La motivazione resa dalla Corte (pagg. 7-8) è priva di illogicità manifesta e si integra con quella conforme resa dal primo giudice (pagg. 13-14) laddove ha ricostruito che la sottrazione delle scritture contabili è avvenuta prima dell’assunzione della carica amministrativa da parte del COGNOME, ed è dunque addebitabile all’allora amministratore NOME.
Correttamente la Corte di appello, pur assolvendo l’imputato da uno degli addebiti, ha collegato l’interesse alla sottrazione delle scritture alla necessità d occultare l’ammontare dei crediti della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della fallita, al fine di sostenere la regolarità delle cessioni operate senza ricevere un corrispettivo.
Ciò è conforme agli approdi della giurisprudenza di legittimità, con riguardo alla prova del dolo della bancarotta documentale specifica (come quella contestata al ricorrente). Le condotte di sottrazione e distruzione (cui va equiparata l’omissione) integrano infatti gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo laddove sorrette da dolo specifico; solo, cioè, qualora si accerti che scopo di esse sia quello di recare pregiudizio ai creditori. Ed è proprio tale finalità a distinguere la bancarotta fraudolenta da quella semplice documentale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita anche a titolo di colpa, con riferiment all’omissione della tenuta delle scritture (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915; Sez. 5, n. 25432 del 11/04/2012, COGNOME, Rv. 252992).
Ebbene, con riferimento alla prova del dolo è stato significativamente affermato che «in presenza di specifiche circostanze – come ad esempio, la coincidenza tra l’omissione e l’affermarsi di una condizione di insolvenza; l’accertamento di condotte distrattive specifiche; la totale irreperibilità del legal rappresentante dell’azienda o la mancata cooperazione dello stesso con gli organi
della procedura fallimentare – è ben possibile argomentare come il quadro ricostruttivo appaia ragionevolmente incompatibile con un’ipotesi di trascuratezza colposa …» (Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri, Rv. 284677).
4. Il quarto motivo è parimenti inammissibile.
In disparte ogni considerazione circa la deduzione di violazione delle norme relative all’affermazione di responsabilità (art. 530 e 533 cod. proc. pen.) nel corpo di un motivo relativo al trattamento sanzicinatorio, che postula la correttezza dell’affermazione di responsabilità, il vizio di motivazione è pure inammissibilmente dedotto, essendo il motivo, sul punto, manifestamente infondato.
«Le attenuanti generiche hanno la funzione di adeguare la pena al caso concreto, permettendo la valorizzazione di connotati oggettivi o soggettivi non tipizzati ma che appaiono in grado di diminuire la meritevolezza e/o il bisogno di pena. Esse, quindi, presuppongono l’esistenza di elementi “positivi”, intendendo per tali quelli che militano per una diminuzione della pena che risulterebbe dall’applicazione dell’art. 133 c.p. Ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta … Al contrario, è la suindicata meritevolezza, quando se ne affermi l’esistenza, che necessita di apposita motivazione, dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio» (Sez. 2, n. 4145 del 18/10/2019, dep. 2020, Ratto Trabucco, n.m.; Sez. 1, n. 46568 del 18/5/2017, Lamin, Rv. 271315).
La Corte di appello ha preso in esame il motivo di doglianza sollevato sul punto dal ricorrente ed ha giustificato in modo non palesemente illogico, e quindi incensurabile in questa sede, la decisione di non riconoscere le circostanze attenuanti generiche, proprio in ragione della mancata emersione di circostanze positivamente valorizzabili. L’asserita ridotta entità del danno provocato dalle condotte criminose risultate accertate, peraltro oggetto di deduzione del tutto generica persino nell’atto di appello (sul punto, dunque, inammissibile), è stata dunque ritenuta non suffragata (del resto, il mero valore dei beni oggetto di distrazione, ovviamente al netto del terreno per il quale è intervenuta assoluzione, ammonta a 155.000 euro) e comunque non sufficiente allo scopo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del riawrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 05/12/2023