Bancarotta Fraudolenta: Quando un Ricorso Generico Diventa Inammissibile
Il reato di bancarotta fraudolenta rappresenta una delle fattispecie più gravi nel diritto fallimentare, punendo chi sottrae o distrugge le scritture contabili per recare pregiudizio ai creditori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto cruciale non solo sul merito del reato, ma anche sui requisiti formali di un ricorso, dimostrando come la genericità delle argomentazioni difensive possa portare a una secca dichiarazione di inammissibilità e a ulteriori sanzioni.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un imprenditore per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e impropria da operazioni dolose. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sua responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imprenditore proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione.
La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse spiegato adeguatamente perché l’imputato dovesse rispondere della sottrazione dei documenti contabili, soprattutto considerando il periodo in cui era stato detenuto. L’atto di appello, tuttavia, si era limitato a contestare in maniera del tutto assertiva l’attribuzione all’imputato della qualifica di ‘amministratore di fatto’ e la responsabilità per la sparizione delle scritture contabili.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale. I giudici hanno ritenuto il motivo di ricorso ‘manifestamente infondato’. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista per chi intasa il sistema giudiziario con impugnazioni evidentemente prive di fondamento.
Le Motivazioni sulla bancarotta fraudolenta
Il cuore della decisione risiede nella valutazione della qualità del ricorso. La Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una ‘congrua motivazione’. I giudici di secondo grado avevano chiaramente indicato gli elementi da cui desumere i poteri gestori del ricorrente, specificando che egli era già amministratore di diritto da ottobre 2015 e che aveva mantenuto un ruolo gestorio di fatto anche successivamente.
Inoltre, la Corte d’Appello aveva richiamato la sentenza di primo grado, la quale aveva già evidenziato due punti cruciali:
1. La documentazione contabile non era stata rinvenuta nella sua interezza.
2. All’imputato, che continuava a gestire l’azienda di fatto, era succeduto un mero ‘prestanome’, una figura di facciata.
Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è rivelato generico e assertivo, incapace di muovere critiche specifiche e pertinenti alla logica della sentenza impugnata. Non basta lamentare una presunta carenza di motivazione; è necessario indicare con precisione dove e perché il ragionamento del giudice sarebbe errato, cosa che la difesa non ha fatto.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima riguarda il merito del reato di bancarotta fraudolenta: la responsabilità per la tenuta e la conservazione delle scritture contabili ricade su chi esercita effettivamente il potere gestorio, sia esso un amministratore di diritto o di fatto. La successione di un prestanome non è sufficiente a esonerare da responsabilità chi ha continuato a dirigere l’impresa.
La seconda lezione, di natura processuale, è ancora più netta: i ricorsi in Cassazione devono essere specifici e non limitarsi a riproporre doglianze generiche già respinte nei gradi precedenti. Un ricorso ‘manifestamente infondato’ non solo è destinato al fallimento, ma espone il ricorrente a sanzioni economiche aggiuntive, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. È un monito a utilizzare lo strumento dell’impugnazione con serietà e cognizione di causa, per evitare di aggravare la propria posizione processuale.
Perché il ricorso per bancarotta fraudolenta è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e assertivi. La difesa non ha mosso critiche specifiche alla motivazione della sentenza d’appello, ma si è limitata a contestare in modo vago l’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto e la responsabilità per la sottrazione dei documenti contabili.
Cosa succede quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione palesemente priva di fondamento.
Come è stata accertata la responsabilità dell’amministratore per la sottrazione delle scritture contabili?
La sua responsabilità è stata accertata sulla base di una motivazione congrua fornita dalla Corte d’Appello, che ha evidenziato come l’imputato fosse amministratore di diritto e avesse mantenuto un ruolo gestorio di fatto. Inoltre, è stato provato che la documentazione contabile era incompleta e che il suo successore nella carica era un mero prestanome, confermando così la sua gestione effettiva nel periodo rilevante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33234 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33234 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROVATO il 16/09/1954
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ne ha confermato la penale responsabilità per i delitti di bancarotta fraudolenta documentale impropria da operazioni dolose;
considerato che l’unico motivo di ricorso – che denuncia il vizio di motivazione, ad avvi della difesa pure apparente in ordine alla condanna per bancarotta fraudolenta documentale (non essendosi chiarito adeguatamente in che termini l’imputato (tenuto conto del periodo in cui è stat detenuto) dovrebbe rispondere del fatto – è manifestamente infondato in quanto la Corte di appello, a fronte delle generiche allegazioni contenute nell’atto di appello (che in maniera del tutto asser si era doluto dell’attribuzione al COGNOME della qualità di amministratore di fatto e della sott delle scritture contabili), ha reso una congrua motivazione, indicando gli elementi da cui ha tra poteri gestori del ricorrente (dando conto del fatto che egli era amministratore di dirit dall’ottobre 2015) e richiamando quanto esposto già nella sentenza di primo grado che aveva evidenziato come la documentazione contabile non fosse stata in toto rinvenuta e come all’imputato – che aveva mantenuto un ruolo gestorio di fatto – fosse succeduto nella carica un mero prestanome;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. C cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/07/2025.