Bancarotta fraudolenta: la Cassazione conferma la condanna dell’amministratore di fatto
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di bancarotta fraudolenta (distrattiva e documentale), confermando la condanna di un soggetto ritenuto amministratore di fatto di una società. La decisione è di particolare interesse perché ribadisce principi consolidati sia sulla prova della gestione di fatto sia sulla discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena e nella valutazione delle circostanze attenuanti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, pur riformando parzialmente la decisione di primo grado riconoscendo le circostanze attenuanti generiche, aveva confermato la condanna di un imputato per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale. L’imputato, secondo l’accusa, aveva agito come amministratore di fatto della società fallita.
Contro tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando due principali motivi di doglianza:
1. Erronea applicazione della legge penale in merito alla sua responsabilità penale come amministratore di fatto.
2. Vizio di motivazione riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche con un giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti.
L’analisi della Corte di Cassazione sulla bancarotta fraudolenta
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, dichiarandoli entrambi manifestamente infondati e, di conseguenza, il ricorso inammissibile.
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo al ruolo di amministratore di fatto, i giudici hanno stabilito che le argomentazioni del ricorrente non erano critiche giuridiche, ma semplici “doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputato cercava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte ha evidenziato che la sentenza impugnata aveva logicamente motivato la sua decisione basandosi su “convergenti contributi dichiarativi” dai quali emergeva che l’imputato era unanimemente riconosciuto come il datore di lavoro, elemento chiave per identificarlo come il gestore di fatto dell’impresa.
Anche il secondo motivo, relativo alle circostanze attenuanti, è stato respinto. La Corte ha richiamato il principio consolidato secondo cui la graduazione della pena è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente giustificato la sua decisione, facendo riferimento a elementi decisivi presenti nella sentenza impugnata, assolvendo così al proprio onere argomentativo.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza della Corte di Cassazione risiede nella distinzione tra il giudizio di legittimità, proprio della Suprema Corte, e il giudizio di merito. La Cassazione non può riesaminare i fatti del processo o valutare nuovamente le prove, ma può solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Nel caso in esame, le critiche del ricorrente miravano a contestare proprio l’accertamento dei fatti (il suo ruolo di amministratore) e la valutazione discrezionale del giudice (la graduazione della pena). Tali contestazioni sono state ritenute estranee al perimetro del giudizio di Cassazione, rendendo il ricorso inammissibile.
La decisione sulla bancarotta fraudolenta si fonda dunque su due pilastri:
1. La prova del ruolo di amministratore di fatto: Può essere desunta da elementi fattuali convergenti, come le testimonianze che indicano il soggetto come colui che impartisce le direttive e gestisce l’attività, anche in assenza di una carica formale.
2. La discrezionalità del giudice di merito: La determinazione della pena e il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti sono espressione del potere discrezionale del giudice, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata e priva di vizi logici.
Conclusioni
L’ordinanza in commento conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato. Sottolinea l’importanza di strutturare un ricorso per Cassazione su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione evidenti) e non su una mera riproposizione di argomenti di fatto già valutati nei gradi di merito. Per gli operatori del diritto, questa decisione ribadisce che la figura dell’amministratore di fatto è soggetta alle stesse responsabilità penali dell’amministratore di diritto e che la prova del suo ruolo può validamente basarsi su elementi indiziari e dichiarativi concordanti. Infine, la pronuncia riafferma la centralità e l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel processo di commisurazione della sanzione penale.
Come viene provato il ruolo di amministratore di fatto in un processo per bancarotta fraudolenta?
Secondo la decisione, il ruolo di amministratore di fatto può essere provato attraverso ‘convergenti contributi dichiarativi’ dai quali si ricava che l’imputato era unanimemente riconosciuto come il reale gestore dell’attività, ad esempio in qualità di datore di lavoro.
Perché la Cassazione ha ritenuto infondato il motivo sulla mancata concessione delle attenuanti generiche con prevalenza?
La Corte ha ritenuto il motivo infondato perché la graduazione della pena e il bilanciamento delle circostanze rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Se il giudice esercita tale potere in aderenza ai principi di legge (artt. 132 e 133 c.p.) e fornisce una motivazione adeguata, la sua decisione non è censurabile in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47079 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47079 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LAMEZIA TERME il 02/01/1947
avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Ravenna, ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con rideterminazione della pena, confermando nel resto la condanna per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale di cui agli artt.216, 223 R.D.267/1942.
Considerato che il primo motivo con il quale il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza della penale responsabilità per i fatti a lui ascritti nella qualità di amministratore di fatto costituito da mere doglianze in punto di fatto ed è manifestamente infondato non confrontandosi con le motivazioni della sentenza sul punto (p.4 e ss. che valorizza i convergenti contributi dichiarativi dai quali si ricava che l’imputato era unanimemente riconosciuto quale datore di lavoro) immune da vizi logici.
Ritenuto che il secondo motivo con cui il ricorrente rileva vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione delle circostanze generiche con giudizio di prevalenza è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 6 della sentenza impugnata).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2024
Il c nsigliere estensore
COGNOME Il Presidente