Bancarotta Fraudolenta e Successione di Amministratori: la Cassazione fissa i paletti
La gestione di una società è un compito complesso, che comporta oneri e responsabilità significative. Ma cosa accade quando più amministratori si succedono alla guida di un’azienda che poi fallisce? Chi risponde del reato di bancarotta fraudolenta? Con la sentenza n. 13200/2024, la Corte di Cassazione fornisce un chiarimento cruciale: la responsabilità penale non può essere attribuita ‘in blocco’, ma deve essere accertata individualmente, analizzando con precisione il periodo di gestione di ciascun amministratore.
I Fatti del Caso: una gestione alternata
Il caso esaminato riguardava due amministratori di una società a responsabilità limitata, operante nel settore dei carburanti e dichiarata fallita nel 2014. Entrambi erano stati condannati in primo grado e in appello per bancarotta fraudolenta, sia documentale (per irregolarità contabili) che patrimoniale (per distrazione di beni). La particolarità della vicenda risiedeva nel fatto che i due si erano alternati nella carica di amministratore unico in diversi periodi.
Nel loro ricorso per Cassazione, gli imputati hanno sostenuto, tra le altre cose, che la Corte d’Appello avesse errato nell’attribuire a entrambi, in maniera indistinta, la responsabilità per tutti i fatti contestati, senza considerare chi fosse effettivamente in carica al momento delle presunte condotte illecite. In pratica, la condanna si basava su una sorta di responsabilità collettiva, senza un’analisi puntuale delle singole posizioni.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla bancarotta fraudolenta
La Suprema Corte ha accolto il ricorso degli imputati, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Il fulcro della decisione risiede proprio nella critica alla motivazione della sentenza impugnata, giudicata carente e illogica.
I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse omesso di spiegare perché ciascun amministratore dovesse rispondere di atti compiuti in periodi in cui non ricopriva la carica formale. Attribuire la responsabilità a titolo di ‘concorrente esterno’ o di ‘amministratore di fatto’ richiede una prova rigorosa e una motivazione specifica, elementi totalmente assenti nella sentenza d’appello.
L’onere della prova e la distinzione delle responsabilità
La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per affermare la responsabilità penale per bancarotta fraudolenta, non è sufficiente constatare l’esistenza di un danno per i creditori. È indispensabile dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che una specifica condotta illecita, posta in essere da un determinato soggetto, abbia causato quel danno.
Nel caso di successione di amministratori, ciò significa che il giudice deve:
1. Identificare temporalmente le singole condotte distrattive o le irregolarità contabili.
2. Collegare ciascuna condotta al periodo di gestione dell’amministratore in carica in quel momento.
3. Motivare in modo specifico l’eventuale responsabilità di un amministratore per fatti avvenuti al di fuori del suo mandato, ad esempio provando un accordo fraudolento (concerto) con il suo successore o predecessore.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello presentava ‘lacune motivazionali’ decisive. Per quanto riguarda la bancarotta patrimoniale, non era stato chiarito su quale base si fondasse il ‘supposto concerto’ tra i due imputati che avrebbe giustificato una responsabilità solidale. Per la bancarotta documentale, non era stato precisato, ad esempio, se le fatture occultate fossero ancora presenti in azienda al momento del cambio di gestione, né perché un amministratore dovesse rispondere di annotazioni contabili effettuate quando aveva già lasciato la carica. Questa incertezza si rifletteva inevitabilmente anche sulla prova del dolo, ovvero l’intenzione di frodare i creditori, che deve essere accertata individualmente.
Le Conclusioni
La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito. In materia di reati fallimentari, e in particolare di bancarotta fraudolenta, non sono ammesse scorciatoie probatorie o motivazioni generiche. La responsabilità penale è strettamente personale e deve essere ancorata a fatti precisi e circoscritti nel tempo. Quando più soggetti si avvicendano al vertice di una società, l’accusa deve provare, e il giudice deve motivare, il nesso causale tra la condotta di ciascuno e il dissesto dell’impresa, senza poter ricorrere a presunzioni di colpevolezza basate sulla mera successione delle cariche.
Quando due amministratori si succedono nella gestione di una società poi fallita, rispondono entrambi di tutti i fatti di bancarotta fraudolenta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non si può attribuire indistintamente la responsabilità a entrambi. È necessario che i giudici distinguano i periodi di gestione e accertino su quale base un amministratore debba rispondere per atti compiuti quando non era in carica, provando ad esempio un accordo tra i due o un ruolo di amministratore di fatto.
La relazione del curatore fallimentare che riporta dichiarazioni di terzi è sempre utilizzabile come prova nel processo penale?
Sì, secondo la Corte la relazione è utilizzabile anche in quella parte. La sanzione dell’inutilizzabilità prevista dall’art. 195 c.p.p. scatta solo nel caso in cui la difesa chieda di esaminare la fonte diretta delle informazioni (il terzo) e il giudice respinga la richiesta, circostanza non verificatasi nel caso di specie.
Per una condanna per bancarotta fraudolenta è sufficiente dimostrare che la contabilità era irregolare?
No, non è sufficiente. La Corte ha annullato la sentenza anche perché mancava una motivazione adeguata sulla configurabilità del dolo in capo a entrambi gli imputati. Bisogna provare l’intenzione specifica di ciascun amministratore di recare un danno ai creditori attraverso quelle irregolarità, collegando l’intenzione alle condotte poste in essere durante il proprio specifico mandato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13200 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13200 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a ALTAMURA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME ALTAMURA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bari ha confermato la condanna di NOME e NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale loro contestati nella qualità di amministratori della RAGIONE_SOCIALE, fallita nel giugno del 2014. In parziale riforma della pronunzia di primo grado la Corte territoriale ha invece dichiarato non doversi procedere nei confronti degli stessi imputati per il concorrente reato di bancarotta preferenziale parimenti loro contestato in quanto estinto per prescrizione.
Avverso la sentenza ricorrono gli imputati con unico atto a firma del comune difensore articolando tre motivi. Con il primo motivo viene eccepita l’inutilizzabilità della relazione del curatore fallimentare nella parte in cui la stessa recepisce dichiarazioni rese da terzi in violazione dell’art. 195 c.p.p. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale. In tal senso lamentano l’ingiustificata svalutazione delle dichiarazioni rese dal curatore, nonché l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata fondata sull’inconferente riferimento all’irrilevanza come esimente dell’incompetenza contabile degli imputati. In realtà la difesa aveva evocato l’argomento al fine di evidenziare il difetto del dolo specifico del reato contestato, sulla cui configurabilità la Corte avrebbe invece omesso di pronunziarsi. Illogica sarebbe poi l’inferenza tratta dai giudici del merito dall’avvenuta pubblicazione in un ridotto arco temporale di tre bilanci informali. Analoghi vizi vengono dedotti con il terzo motivo in merito all’affermazione in maniera indistinta della responsabilità di entrambi gli imputati pur avvicendatesi alla guida della società ed in contrasto con quanto dichiarato dal curatore, il quale avrebbe riferito che la fallita sarebbe stata gestita dal solo COGNOME NOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito esposti.
Il primo motivo è in realtà inammissibile.
L’eccezione di inutilizzabilità della relazione del curatore è anzitutto formulata in maniera generica, atteso che i ricorrenti non hanno indicato con la dovuta specificità quali sarebbero le parti del documento che si assumono inutilizzabili, né quali sarebbero le fonti interrogate dal curatore ovvero se questi abbia provveduto ad
assumere formalmente le relative dichiarazioni o si sia limitato a riportare informazioni assunte informalmente. Ancora il ricorso non precisa quale sarebbe l’oggetto di tali dichiarazioni e in che termini sarebbe stato utilizzato dai giudici del merito, né tanto meno l’eventuale decisività delle stesse ai fini della tenuta del ragionamento probatorio sviluppato dalla sentenza impugnata. Ma l’eccezione è anche manifestamente infondata. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito escludendo altresì ogni contrasto con l’art. 111 cost. – come il regime di utilizzabilità probatoria della relazione del curatore fallimentare non sia determiNOME dalle disposizioni di cui all’art.195 c.p.p. e come dunque tale relazione sia utilizzabile anche nella parte relativa alle dichiarazioni ricevute dal medesimo e da questi trasfuse nell’atto di sua competenza, posto che egli non svolge attività ispettive e di vigilanza, ma, in qualità di pubblico ufficiale, è tenuto a rappresentare nella relazione a sua firma anche “quanto può interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale”, dando corso all’audizione dei soggetti diversi dal fallito per richiedere informazioni chiarimenti occorrenti “ai fini della gestione della procedura” (ex multis Sez. 5, n. 17828 del 09/02/2023, Caserta, Rv. 284589; Sez. 5, n. 32388 del 03/03/2015, Setti, Rv. 264255). Non di meno la sanzione dell’inutilizzabilità è prevista dall’art. 195 comma 3 c.p.p. esclusivamente nel caso in cui il giudice non abbia disposto l’audizione della fonte diretta quando richiesta dalle parti ai sensi del primo comma dello stesso articolo e non risulta che la difesa abbia avanzato una richiesta di tal genere, nemmeno dopo l’audizione del curatore nel dibattimento, e che il giudice l’abbia respinta.
3. Coglie invece nel segno il terzo motivo, nel cui accoglimento rimangono assorbite le censure proposte con il secondo. La Corte territoriale ha ritenuto che entrambi gli imputati debbano rispondere di tutti i fatti di bancarotta loro contestati nonostante questi siano stati realizzati in tempi diversi e nel corso della gestione ora dell’uno, ora dell’altro dei due cugini NOMENOME In altri termini i giudici del merito hanno ritenu che la gestione della fallita per tutta la durata della sua attività debba essere ricondotta indistintamente sia a NOME COGNOME, che a COGNOME NOME, indipendentemente dal fatto che essi si siano alternati ognuno per più periodi nella carica formale di amministratore unico della medesima. In definitiva per le condotte poste in essere nei periodi in cui tale carica non ricopriva, ognuno dei due imputati risponderebbe delle stesse a titolo di concorrente esterno ovvero di amministratore di fatto senza che sia dato comprendere quali elementi sosterrebbero tale ricostruzione. Lacuna che risulta soprattutto decisiva con riguardo ai fatti di bancarotta patrimoniale, attribuiti indistintamente ad entrambi gli imputati senza che venga indicato su quale base venga affermato il supposto concerto tra i medesimi o per quale altro motivo l’uno dovrebbe rispondere di distrazioni realizzate anteriormente o successivamente a
periodi in cui hanno ricoperto la carica gestoria. Ma anche con riguardo alla bancarotta documentale la Corte – e ancor prima il Tribunale – attribuiscono altrettanto indistintamente ad entrambi i ricorrenti la responsabilità tutte le irregolarità contabi registrate, senza precisare perché NOME COGNOME dovrebbe rispondere delle annotazioni effettuate quando già aveva abbandoNOME definitivamente la carica di amministratore, peraltro ricoperta la seconda volta per solo un mese. Quanto all’occultamento delle fatture d’acquisto non viene invece precisato se le stesse risultassero effettivamente conservate all’epoca dell’ultima successione nella carica gestoria. Ed ovviamente le indicate incertezze sull’attribuibilità di tali condotte a tutt due gli imputati si riverberano anche sulla configurabilità in capo ad entrambi del dolo del reato nell’assetto richiesto per l’integrazione del reato anche in riferimento all’eventuale ipotizzabilità di una responsabilità omissiva di uno dei due, nemmeno presa in considerazione dalla Corte.
Alla luce delle evidenziate lacune motivazionali la sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso il 3
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