Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 411 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 411 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Asti il 08/04/1959;
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 04/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta rassegnata, ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020 succ. nnodd., dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarar:si inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME era stato originariamente tratto a giudizio per rispondere, nella sua qualità di amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE” (operante nel settore dei servizi funebri, dichiarata fallita il dicembre 2010) ed in concorso con il liquidatore, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale (contestata al capo A, per aver tenuto le scritture in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e degli affari), bancarotta fraudolenta patrimoniale (contestata al capo B, per aver distratto una pluralità di poste patrimoniali indicate nel capo d’imputazione), di bancarotta semplice (contestata al capo C, per aver aggravato il dissesto della società) e del reato di false comunicazioni sociali (contestato al capo D in relazione ai bilanci del 2005, 2006 e 2007). Il Tribunale di Asti, con sentenza pronunciata il 4 marzo 2015, aveva assolto il liquidatore ed aveva condannato il solo Valenzano per tutti i reati ascrittigli in rubrica, previa riqualificazione del reato di cui al capo D) sensi del secondo comma, n. 2, dell’art. 223 della legge fallimentare, alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione.
1.1. La Corte d’appello di Torino, investita dell’impugnazione del Valenzano, con sentenza del 4 novembre 2021, dichiarata la prescrizione della bancarotta semplice, aveva assolto l’imputato per la distrazione dell’avviamento, ma aveva confermato la condanna per tutti i residui reati ascritti in rubrica f rideterminando la pena in anni due di reclusione.
1.2. Avverso tale decisione NOME COGNOME aveva proposto ricorso per cassazione basato su di un unico motivo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione e relativo ai soli capi A) (bancarotta documentale) e B) (bancarotta patrimoniale).
1.3. La Quinta sezione della Corte di cassazione, con sentenza n.46865/2022 pronunciata il 29 novembre 2022, riteneva fondate le censure relative al capo 52) e quelle relative al capo B3), limitatamente alle contestate compensazioni di crediti reciproci; al riguardo osservava che, con riferimento alle immobilizzazioni materiali (non meglio specificate) ed ai crediti oggetto del capo B3), nulla emergeva se non il dato contabile, esso stesso valutato come falsamente rappresentativo nell’imputazione di cui al capo D). Cosicché la Corte territoriale avrebbe dovuto dare conto, con adeguata motivazione, proprio alla luce delle
contestate falsità, dell’effettiva (e diversa) attendibilità di quella specif annotazione contabile.
Tale accertamento risultava mancante nel provvedimento impugnato e pertanto, sotto tale profilo ed in relazione alla conseguente rideternninazione del trattamento sanzionatorio, il ricorso veniva considerato fondato; pertanto, la Corte di cassazione annullava la sentenza a impugnata limitatamente alla bancarotta patrimoniale, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, mentre dichiarava inammissibile il ricorso nel resto.
1.4. La Corte di appello di Torino, con la sentenza in epigrafe, giudicando in sede di rinvio ha confermato la sentenza del Tribunale di Asti rispetto alle statuizioni oggetto dell’annullamento par2:iale disposto con la sentenza rescindente sopra citata (vale a dire la bancarotta fraudolenta patrimoniale).
La Corte del rinvio, invero, ha osservato che – mediante l’applicazione dei principi fissati nella sentenza di annullamento e colmando le lacune motivazionali rilevate nella sentenza oggetto di parziale annullamento – doveva confermarsi la dichiarazione di responsabilità di NOME COGNOME rispetto alle condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale consistenti nella distrazione della somma di euro 291.706,21, equivalente al valore delle immobilizzazioni materiali di cui al capo B1) e della indebita compensazione dei crediti di cui al capo B3). In particolare, da una attenta lettura degli atti si evinceva che l’esistenza delle immobilizzazioni materiali oggetto del capo B2) e del credito oggetto del capo B3) non emergeva soltanto dai dati contabili, ma anche dalla documentazione contrattuale, dagli accertamenti del consulente tecnico del Pubblico ministero e dall’analisi dei conti correnti bancari e che, rispetto a tali profili, le risultanz bilancio della società fallita erano attendibili.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insiste per l’annullamento della decisione impugnata.
2.1. Con il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,i1 travisamento e l’omessa valutazione della prova della penale
responsabilità per i capi di imputazione di cui ai capi B2) e B3); al riguardo deduce che la decisione della Corte del rinvio sarebbe fondata unicamente sulle risultanze della consulenza tecnica della pubblica accusa e sulla relazione del curatore fallimentare, che non avevano fatto altro che valorizzare in veste accusatoria le tre annualità di scritture contabili e di bilanci rinvenuti (gli unici) già dichia falsi ed inattendibili con sentenza passata in giudicato rispetto alla imputazione sub D) rispetto alla quale si era già formato il giudicato parziale.
Con riferimento a tale profilo la Corte di cassazione aveva evidenziato il vizio di motivazione ed aveva indicato al giudice del rinvio la necessità di trovare ulteriori e diversi riscontri circa l’attendibilità delle poste contabili rispetto ai capi di imputazione oggetto dell’annullamento con rinvio; al contrario, la Corte di appello di Torino avrebbe utilizzato il medesimo materiale probatorio, ritenendo quindi erroneamente dimostrata la concreta disponibilità in capo all’imputato delle poste in discussione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione degli artt.627, n.3, e 628, n.2, del codice di rito, poiché la Corte del rinvio avrebbe omesso di uniformarsi alle indicazioni fornite in sede rescindente e si sarebbe basata sul medesimo dato contabile ritenuto insufficiente dalla Corte di cassazione.
Infine, il difensore del ricorrente ha depositato motivi aggiunti insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Anzitutto deve ricordarsi che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del ‘devolutum’ in caso di cosiddetta “doppia conforme” (come nel caso di specie, rispetto alla bancarotta fraudolenta patrimoniale) e l’intangibilità della
valutazione nel merito del risultato probatorio (ex multis GLYPH Cass. Sez. 5, Sentenza n.48050 del 02/07/2019, Rv. 277758). Orbene, come chiarito in seguito, le critiche esposte dal ricorrente riguardano profili in fatto coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, quindi il ricorso finisce con il proporre argomenti di merito la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità.
2.1. E costante, infatti, l’ insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità «nuove» attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa (si veda, ex multis,, Sez. 6 n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178). Così come va ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo Ilogico e adeguato le ragioni del convincimento ( Sez. U., n. 24 del 24/11/1999 Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Inoltre, va evidenziato che la sentenza rescindente aveva osservato che la prima sentenza di appello non aveva dato conto con adeguata motivazione, proprio alla luce delle contestate falsità, dell’effettiva (e diversa) attendibili delle appostazioni contabili e dei bilanci, di talché non vi era alcuna preclusione all’utilizzazione delle citate scritture e dei bilanci in sede di rinvio.
Ciò posto la Corte di appello di Torino, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha diffusamente argomentato rispetto alla conferma del giudizio di penale responsabilità del Valenzano per la bancarotta fraudolenta patrimoniale.
3.1. Al riguardo è stato infatti evidenziato che la relazione del curatore fallimentare aveva osservato, con argomentazioni logiche, che la successione tra le varie compagini societarie costituite dall’imputato era stata preordinata allo scopo di sostituire una cooperativa oberata di debiti ed ormai decotta con untk, altra di nuova costituzione mediante la quale proseguire l’attività sociale; tale conclusione aveva trovato avallo nella analisi delle risultanze del bilancio della fallita, che davano conto – da un lato – di ingenti sovvenzioni economiche in favore della RAGIONE_SOCIALE prive di qualsiasi causale (euro 155.000 nel 2005 ed euro 229.000 nel 2006) e – – dal fatto che la medesima fallita aveva tollerato per anni il mancato pagamento dei canoni di affitto dell’azienda da parte della RAGIONE_SOCIALE, senza mai intraprendere alcuna azione giudiziale al riguardo. Una ull:eriore conferma è stata tratta dal rinvenimento, nella disponibilità dell’odierno ricorrente, di documentazione societaria e contabile della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE in occasione di una perquisizione effettuata 1’8 settembre 2011.
3.2. Quanto poi alla inattendibilità delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE, reperite dal consulente del Pubblico ministero presso la camera di commercio e dalla Guardia di Finanza in sede di perquisizione, accertata irrevocabilmente rispetto alle operazioni di falsificazione dei bilanci finalizzate a far risultare utili di esercizio in luogo delle gravi perdite accumulate e l sussistenza di un patrimonio netto positivo, la Corte territoriale ha, tuttavia, reputato che la sopra indicata manipolazione dei bilanci non andava estesa anche alla posta riguardante le immobilizzazioni materiali r le seguenti ragioni.
Anzitutto, perché il dott. NOME COGNOME (consulente del P.M.) non aveva mai esteso le considerazioni relative alle annotazioni meramente contabili, prive di rapporto causale sottostante, alle appostazioni riguardanti le immobilizzazioni materiali delle quali non aveva messo in discussione la reale sussistenza, avendo anzi concluso nel senso del depauperamento del patrimonio della fallita ad opera dell’imputato per un ammontare di euro :291.796,71, pari al valore delle immobilizzazioni materiali alla data del 31 dicembre 2007.
3.3. La Corte del rinvio ha, infatti, evidenziato che non era stato mai posto in discussione il fatto che le cooperative riconducibili all’imputato (ed alla di lu moglie) avessero avuto una concreta operatività poiché, altrimenti, non . ;
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avrebbero avuto senso le reiterate cessioni dell’azienda comprensive dell’immobile adibito ad uffici e magazzino, delle attrezzature e degli arredi.
3.4. Inoltre, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto concretamente svolgere l’attività di impresa se non fosse stata in grado di disporre del personale dipendente e dei necessari beni strumentali immobili (uffici e magazzino siti in Asti) e mobili (autoveicoli per recarsi nei vari cimiteri per il trasporto delle salme attrezzature per eseguire le tumulazioni, le inumazioni, la refrigerazione delle salme, oltre gli arredi di ufficio ed i telefoni per contattare clienti e dipendenti A tal fine la Corte di appello ha sottolineato la coerenza, nei bilanci depositati, delle voci relative al personale dipendente ed all’immobile della società fallita, elencando dettagliatamente le relative annotazioni riportate nei bilanci degli anni 2004,2005, 2006 e 2007 (pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata).
In particolare, la Corte di appello ha notato che rispetto al personale dipendente ed all’immobile di Asti, le relative voci di bilanc:io rispecchiavano fedelmente le vicende della società fallita come comprovato dai contratti di alienazione e di affitto acquisiti, rispetto ai quali non vi erano motivi per ritener falsi. Del resto la veridicità di tali poste aveva trovato conferma nel rinvenimento, da parte della polizia municipale di Costigliole d’Asti di un furgone intestato dalla fallita, nel dato extracontabile rappresentato dal contratto di affitto di azienda da parte della fallita alla Centro Servizi Insieme 2000 del 27 settembre 2005, con allegato l’inventario delle attrezzature e dei macchinari oggetto della locazione e degli arredi e delle attrezzature facenti parte degli uffici commerciali, distintamente individuati nel libro dei cespiti regolarmente tenuto e nella visura effettuata presso il p.r.a. dal consulente del P.M. dalla quale era emerso che uno dei beni strumentali (il rimorchio targato TARGA_VEICOLO) facenti parte dell’azienda ceduta il 26 marzo 2010 dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, era ancora intestato alla cooperativa.
3.5. Tutti questi elementi, secondo la Corte del rinvio, comprovavano l’effettiva disponibilità in capo alla fallita di beni materiali per un valore di eu 291.707, di talché doveva confermarsi il giudizio di responsabilità nei riguardi dell’imputato per la distrazione delle immobilizzazioni materiali poiché i beni risultanti dal bilancio al 31 dicembre 2007 erano cespiti effettivi e sicuramente esistenti, della cui esistenza egli non aveva fornito alcuna giustificazione; in
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particolare, le immobilizzazioni materiali di proprietà della fallita erano rimaste nella disponibilità della affittuaria RAGIONE_SOCIALE, quanto meno, sino al 26 settembre 2008 (data di risoluzione del contratto di affitto di azienda) senza che la conduttrice corrispondesse alcun canone di locazione e senza che l’odierno ricorrente avesse risolto il contratto per inadempimento od intrapreso alcuna azione intesa al recupero dell’azienda.
3.6. Con riferimento al capo B3) della rubrica la Corte di appello ha ritenuto dimostrata la sussistenza del credito vantato dalla fallita verso il RAGIONE_SOCIALE; invero, il giorno 18 luglio 2007 la fallita (rappresentata dall’ odierno ricorrente) aveva trasferito alla RAGIONE_SOCIALE la piena proprietà dell’immobile sito in Asti, INDIRIZZO e, nel relativo rogito notarile, il prezzo di vendita era stato fissato in euro 900.000 oltre IVA (per un totale di euro 1.080.000), che sarebbe stato pagato con il ricavato del mutuo da stipularsi immediatamente dopo l’atto di compravendita da parte della acquirente (come effettivamente avvenuto). Dall’estratto del conto corrente della acquirente risulta che il 20 agosto 2007 la compratrice aveva versato alla fallita la somma di euro 773.668,09 (come confermato anche dalle scritture contabili di entrambe le parti della compravendita); inoltre, nel bilancio della fallita chiuso al 31 dicembre 2007 risultava iscritto un credito verso il RAGIONE_SOCIALE di euro 308.011,91, di cui euro 306.331,91 per il residuo prezzo dell’immobile sopra indicato.
Tale residuo debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della fallita era stato oggetto di varie compensazioni di cui soltanto quella per euro 94.718,09 trovava giustificazione nel contratto di affitto di azienda riguardando i debiti per TFR dei dipendenti trasferiti dalla fallita all’affittuaria, mentre le resta compensazioni pari ad euro 211.613,82 riguardavano debiti che non riguardavano la fallita, con la conseguenza che il Valenzano aveva privato la fallita di una parte del prezzo di vendita (fissato in euro 900.000 più IVA) ammontante, per l’appunto, ad euro 211.613,82 per compensazioni relative a debiti non riferibili alla fallita medesima, determinando ad essa un danno di equivalente ammontare.
Rispetto a tale coerente e dettagliato argomentare svolto per confermare la responsabilità per i reati oggetto della decisione rescindente, il ricorrente non:
si confronta in modo specifico e si limita a dedurre, in modo apodittico, che la sentenza rescissoria avrebbe utilizzato i dati contabili dichiarati falsi senza tenere conto che la Corte distrettuale, in modo non contraddittorio, ha reputato che la manipolazione dei bilanci non andava estesa anche alla posta riguardante le immobilizzazioni materiali ritenute effettivamente sussistenti, richiamando tutta una serie di elementi probatori a supporto.
4.2. Ciò posto, nel caso in esame, la Corte di appello non è incorsa nei vizi lamentati dal ricorrente poiché, nel rispetto del principio sopra indicato, ha confermato il giudizio di responsabilità a carico del Valenzano sulla base degli elementi sopra indicati, colmando i vizi motivazionali rilevati in sede di legittimità rispetto all’effettiva disponibilità dei beni e dei crediti in capo alla fallita.
Il ricorrente, quindi, oltre a non confrontarsi con il computo ragionamento logico e giuridico svolto nella sentenza impugnata, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una inammissibile lettura alternativa degli elementi processuali coerentemente valutati dal giudice a quo.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di Inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Alla inammissibilità del ricorso consegue la inammissibilità dei motivi aggiunti a norma dell’art.585, comma 4, cod. proc. pen.
Infine, si dispone che la Corte di appello di Torino provveda alla correzione dell’errore materiale, contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata, nella parte in cui ha confermato la sentenza di primo grado rispetto al trattamento sanzionatorio, nonostante la medesima Corte territoriale – con la sentenza in data 4 novembre 2021 – a seguito della assoluzione dell’imputato dal reato sub B) e della dichiarazione di non doversi procedere per prescrizione per il reato sub C), ave n Wrideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni due di reclusione e che avverso tale decisione l’unica impugnazione proposta stata quella dell’imputato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Corte di appello di Torino per la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata, laddove si è confermata la sentenza del Tribunale di Asti anche in relazione al trattamento sanzionatorio.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2023.