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Bancarotta fraudolenta: prova e scritture contabili

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13623 del 2024, ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale di un amministratore. La Corte ha stabilito che la mera affermazione della perdita delle scritture contabili non è sufficiente a escludere la responsabilità penale se l’imputato non fornisce giustificazioni specifiche e credibili per i prelievi di denaro. La sentenza ha però annullato le statuizioni civili per un errore procedurale e ha eliminato una pena accessoria illegale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando la Parola non Basta a Provare l’Innocenza

In tema di bancarotta fraudolenta, cosa succede se l’amministratore si difende sostenendo di non poter provare la destinazione dei fondi a causa della perdita delle scritture contabili? La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 13623/2024 offre una risposta chiara: le giustificazioni generiche non sono sufficienti per evitare una condanna. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I Fatti del Processo

Un amministratore di una S.r.l., successivamente fallita, veniva condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta patrimoniale. Le accuse erano precise: aver posto in essere condotte distrattive attraverso prelievi ingiustificati di somme dai conti correnti societari, essersi attribuito compensi personali senza una delibera formale e aver trasferito fondi della società su un proprio conto personale.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:
1. Carenza di motivazione sulla responsabilità penale: Sosteneva l’impossibilità di dimostrare la legittima destinazione dei fondi (pagamento di fornitori e compensi) a causa della dispersione delle scritture contabili, che erano state sequestrate e mai più rese disponibili.
2. Erroneità delle statuizioni civili: Contestava la decisione sui risarcimenti, evidenziando un errore della Corte d’Appello che aveva confuso il creditore costituito parte civile con la curatela fallimentare della società.

La Difesa dell’Amministratore: Scritture Perse, Prova Impossibile?

Il ricorrente lamentava che, senza la contabilità, il curatore fallimentare non aveva potuto verificare la legittimità dei compensi o la destinazione dei prelievi in contanti. A suo dire, i giudici di merito avevano illogicamente affermato la sua responsabilità penale proprio sulla base di quella stessa mancanza di documenti per cui era stato assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta documentale.

La Valutazione della Corte di Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso, confermando la condanna penale. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: in materia di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione può essere desunta anche dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni. Tuttavia, il giudice non può ignorare le spiegazioni dell’imputato se queste sono specifiche e consentono di verificare l’effettivo impiego dei fondi per scopi aziendali.

Nel caso specifico, le giustificazioni dell’amministratore sono state ritenute “estremamente generiche”. Egli non aveva fornito alcuna indicazione sui presunti fornitori pagati o prove concrete, come una copia della delibera che stabiliva i suoi compensi. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano basato la condanna non solo sull’assenza di prove a discarico, ma anche su una serie di elementi logici che rendevano la tesi difensiva non credibile (es. prelievi in contanti non tracciabili poco prima della cessione della società, bonifici anomali per importo e frequenza).

L’Annullamento delle Statuizioni Civili e della Pena Accessoria

La Cassazione ha invece accolto il secondo motivo di ricorso. È stato riconosciuto che la Corte d’Appello aveva commesso un errore, confondendo la società creditrice (costituita parte civile) con la società fallita. Questo equivoco ha reso illogica la motivazione sulle statuizioni civili, che sono state quindi annullate con rinvio al giudice civile competente.

Inoltre, la Corte ha rilevato d’ufficio l’illegalità di una pena accessoria: l’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Tale pena non era applicabile a una condanna a due anni di reclusione e, pertanto, è stata eliminata dalla sentenza.

Le motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda sul principio consolidato per cui l’onere dell’amministratore di una società fallita non si esaurisce nel semplice negare le accuse. Di fronte a prelievi di cassa o bonifici a proprio favore, egli ha il dovere di fornire una spiegazione dettagliata e plausibile, supportata da elementi concreti, anche in assenza della contabilità ufficiale. La genericità delle sue affermazioni, unita a elementi logici contrari (come la tempistica e le modalità delle operazioni), può legittimamente fondare una condanna per distrazione. Al contempo, la Corte ha dimostrato rigore nel censurare gli errori procedurali, come la confusione tra i soggetti del processo, che hanno inficiato la validità delle decisioni in ambito civile.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la perdita dei documenti contabili non crea una “zona franca” per gli amministratori. La responsabilità per bancarotta fraudolenta può essere accertata attraverso un’analisi logica dei flussi finanziari e delle circostanze del caso. Per difendersi efficacemente, l’imputato deve fornire allegazioni specifiche e credibili, non potendosi limitare a giustificazioni vaghe. Infine, il caso evidenzia l’importanza del controllo di legittimità della Cassazione non solo nel merito delle accuse, ma anche sulla correttezza delle statuizioni civili e sulla legalità delle pene accessorie applicate.

Un amministratore può essere condannato per bancarotta fraudolenta se le scritture contabili sono andate perse?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la condanna è possibile se l’amministratore non fornisce spiegazioni specifiche, credibili e verificabili sulla destinazione dei fondi prelevati dalle casse sociali. Le giustificazioni generiche non sono sufficienti a superare gli elementi logici che indicano una distrazione di beni.

Cosa accade se la Corte d’Appello commette un errore nel decidere sul risarcimento del danno alla parte civile?
La Corte di Cassazione può annullare la parte della sentenza relativa alle statuizioni civili. In questo caso, la decisione sul risarcimento è stata annullata con rinvio al giudice civile competente in grado di appello, poiché la motivazione era viziata da un’evidente confusione tra la società creditrice (parte civile) e la società fallita.

Una pena accessoria, come l’interdizione dai pubblici uffici, può essere sempre applicata?
No. La sua applicazione deve rispettare i limiti previsti dalla legge. Nel caso esaminato, la Corte di Cassazione ha eliminato d’ufficio la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici perché non era legalmente compatibile con la pena principale di due anni di reclusione inflitta all’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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