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Bancarotta fraudolenta: prova e ruolo dell’amministratore

Un amministratore di fatto è stato condannato per bancarotta fraudolenta. La Corte di Cassazione, pur confermando l’impianto accusatorio, ha annullato la sentenza con rinvio per la rideterminazione della pena a seguito della produzione di nuove sentenze di assoluzione per reati fiscali connessi, e ha dichiarato prescritto un altro capo d’imputazione. La decisione si sofferma sulla valutazione delle prove, come le email e le dichiarazioni dei coimputati, e sulla responsabilità penale di chi gestisce un’impresa senza una carica formale.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Il Ruolo Decisivo dell’Amministratore di Fatto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15131/2025, torna a pronunciarsi su un caso complesso di bancarotta fraudolenta, offrendo importanti chiarimenti sul ruolo dell’amministratore di fatto e sulla valutazione del quadro probatorio. La vicenda riguarda un soggetto che, pur senza una carica ufficiale, gestiva un’impresa poi fallita, venendo accusato di averne dissipato il patrimonio e manomesso la contabilità. Questa decisione è cruciale perché delinea i confini della responsabilità penale per chi opera dietro le quinte di una società.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla gestione di una società che, trovandosi in una situazione di grave perdita economica, avrebbe dovuto essere liquidata. Invece, l’amministratore di fatto, insieme ad altri coimputati, ha proseguito l’attività d’impresa, aggravandone lo stato di insolvenza. Le accuse principali sono state di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale. La prima, per aver tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari; la seconda, per aver distratto beni dal magazzino per un valore di oltre 500.000 euro.

Il quadro probatorio si basava su una serie di elementi, tra cui 18 messaggi di posta elettronica, le dichiarazioni rese da coimputati e altri soggetti al curatore fallimentare e diverse testimonianze. La difesa dell’imputato ha contestato la valenza di tali prove, sostenendo che le email fossero meri indizi e che le dichiarazioni raccolte dal curatore fossero inutilizzabili in sede penale.

La Valutazione della Prova nella Bancarotta Fraudolenta

Uno dei punti centrali della sentenza è la valutazione delle prove. La Corte di Cassazione ha rigettato la tesi difensiva secondo cui le email costituissero semplice prova indiziaria, confermando la valutazione della Corte d’Appello che le aveva ritenute ‘prova diretta’ dell’ingerenza dell’imputato nella gestione aziendale.

Le Dichiarazioni al Curatore Fallimentare

Un altro aspetto fondamentale riguarda l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da altri soggetti al curatore fallimentare. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: le relazioni e gli inventari redatti dal curatore, incluse le dichiarazioni da lui ricevute, sono ammissibili come prove documentali nel processo penale. Questi atti, infatti, sono diretti a ricostruire le vicende amministrative della società e non sono soggetti al principio di separazione delle fasi processuali. Pertanto, sono pienamente utilizzabili, soprattutto quando la difesa non richiede l’esame dibattimentale dei dichiaranti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha emesso una decisione articolata. Ha annullato senza rinvio la condanna per uno dei capi d’imputazione (bancarotta semplice) perché il reato era estinto per prescrizione.

Ha invece annullato la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello limitatamente al trattamento sanzionatorio. Questa decisione è stata motivata dalla produzione, da parte della difesa, di due sentenze irrevocabili di assoluzione per reati fiscali connessi (emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti). Sebbene queste assoluzioni non fossero sufficienti a smontare l’intero impianto accusatorio della bancarotta fraudolenta, la Corte ha ritenuto necessario che il giudice di merito ne valutasse l’incidenza sulla frazione di condotta relativa alla bancarotta documentale e, di conseguenza, sulla determinazione complessiva della pena. Per il resto, il ricorso dell’imputato è stato rigettato, confermando la sua responsabilità per la bancarotta patrimoniale e documentale.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la piena responsabilità dell’amministratore di fatto, equiparato a quello di diritto per quanto riguarda i doveri gestori. Chiunque eserciti funzioni direttive in una società, anche senza una nomina formale, è gravato dell’intera gamma di obblighi e responsabilità, inclusa quella di agire per evitare il dissesto. Nel caso di specie, l’imputato era pienamente consapevole della grave perdita di capitale ma ha omesso di convocare l’assemblea per la messa in liquidazione, aggravando il dissesto. La Corte ha ritenuto che il dolo della bancarotta documentale generica fosse logicamente connesso alla condotta distrattiva, poiché l’irregolare tenuta della contabilità era funzionale a occultare le operazioni di depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori. L’annullamento parziale è stato giustificato dalla necessità di rispettare il principio del favor rei alla luce delle nuove sentenze di assoluzione, che, pur non essendo decisive per l’affermazione di responsabilità, impongono una nuova ponderazione della sanzione.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, la figura dell’amministratore di fatto non è uno schermo per eludere le responsabilità penali: chi gestisce un’impresa ne risponde pienamente, come se fosse un amministratore di diritto. In secondo luogo, il materiale probatorio in un processo per bancarotta fraudolenta può essere eterogeneo, e anche gli atti della procedura fallimentare, come le relazioni del curatore, assumono un valore probatorio cruciale. Infine, la decisione evidenzia come l’esito di procedimenti penali connessi, anche se sopravvenuto, possa influenzare la determinazione della pena, imponendo al giudice di riconsiderare il quadro complessivo per garantire una sanzione equa e proporzionata.

Come viene provato il ruolo di amministratore di fatto in un reato di bancarotta fraudolenta?
La prova del ruolo di amministratore di fatto può derivare da un insieme di elementi, quali l’accertamento di un inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase dell’attività sociale (produttiva, commerciale, amministrativa). Nel caso specifico, sono state decisive le comunicazioni via email, le dichiarazioni di coimputati e testimoni, e la documentazione che attestava la sua ingerenza quotidiana nella gestione, come l’autorizzazione di contratti e la determinazione dei prezzi.

Le dichiarazioni rese da altri imputati al curatore fallimentare sono utilizzabili nel processo penale?
Sì, secondo la Corte sono utilizzabili come prova documentale. Le relazioni e gli atti del curatore fallimentare, incluse le dichiarazioni da lui raccolte per ricostruire le vicende della società, costituiscono prove rilevanti e ammissibili nel processo penale, soprattutto se la difesa non ha richiesto l’esame in dibattimento delle persone che hanno reso tali dichiarazioni.

Una successiva sentenza di assoluzione per reati fiscali collegati può annullare una condanna per bancarotta fraudolenta?
Non necessariamente annulla l’intera condanna. Tuttavia, come stabilito in questo caso, può avere un’incidenza significativa. La Corte di Cassazione ha ritenuto che le sentenze di assoluzione per l’inesistenza delle operazioni fatturate imponessero una nuova valutazione da parte del giudice di merito. Questo non per escludere la responsabilità per la bancarotta, ma per riconsiderare la frazione di condotta ad essa collegata e, di conseguenza, per ricalcolare il trattamento sanzionatorio complessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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