Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28106 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28106 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di COGNOME NOME in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capi 13 e C) a lui ascritto nella veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE, società dichiarata fallita il 20 ottobre 2010; mentre, previa esclusione della recidiva e della “aggravante’ (rectius della c.d “continuazione fallimentare”) di cui all’art. 2:i 9, comma secondo, n. 1, legge fall., ha rideterminato la pena in anni tre di reclusione.
Le condotte delittuose sono consiste nella distrazione: delle somme di denaro, pari a complessivi euro 54.000,00, incassate dalla vendita dei macchinari della società alla RAGIONE_SOCIALE (capo B); dei canoni di locazione, pari a 19.440,00 euro (incassati 14.580,00), versati alla fallita da RAGIONE_SOCIALE (capo C); del “saldo di cassa” che, stando alla situazione contabile della società, ammontava ad euro 66.635,63 (capo C).
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
2.1. I primi tre motivi denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in punto di responsabilità dell’imputato.
Si deduce l’assenza di motivazione sulla attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della società fallita.
Si contesta, inoltre, la effettiva sussistenza delle distrazioni e, comunque, la configurabilità di un apporto concorsuale dell’imputato al reato commesso dall’amministratore di diritto della società. In particolare, si sostiene che: l’incasso dei tre assegni costituenti il ricavato dalla vendita dei macchinari si è reso necessario in quanto la società “aveva i conti correnti bloccati’ e le somme sono state poi utilizzate per pagare i dipendenti; la mera presenza dell’imputato alla stipula del contratto di locazione non può dimostrare la sua partecipazione alla successiva distrazione dei canoni percepiti; il curatore non ha mai richiesto all’imputato la consegna del saldo cassa.
2.2. Il quarto motivo lamenta la violazione degli artt. 3 e 111 Cost, 444, 178, 179 e 180 cod. proc. pen. poiché – dopo la “correzione degli errori” sulla recidiva e sulla continuazione fallimentare, che avevano portato a una sostanziale riduzione della pena – l’imputato non è stato posto in condizione di accedere all’istituto del patteggiamento per beneficiare di una ulteriore riduzione della pena.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
Il difensore dell’imputato ha accompagnato le conclusioni con una memoria di replica alla requisitoria scritta del P.G., sollevando, in relazione al quarto motivo, un dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 444 cod. proc. pen. “per contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui non dispone che l’imputato sia rimesso in termini per l’opzione del rito premiale qualora si modifichi la contestazione del reato o di circostanze aggravanti o attenuanti del medesimo”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente ai reati di cui al capo C), rispetto ai quali è decorso il termine di prescrizione.
Anzitutto occorre correggere l’errore giuridico – per sua natura emendabile di ufficio in sede di legittimità – nel quale è incorsa la Corte di appello circa la ritenuta unicità del delitto di bancarotta patrimoniale consistil:o nella distrazione di: prezzo ricavato dalla vendita dei macchinari (capo B); somme percepite a titolo di canone di locazione (capo C); la cassa (capo C).
In realtà si è in presenza di una pluralità di reati poiché le condotte appena ricordate, riconducibili alle azioni tipiche previste dall’art. 216, comma primo, n. 1, legge fall., non presentano alcuna omogeneità (come nel caso deciso da Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281031 01), ma risultano distinte sul piano ontologico, psicologico e funzionale e hanno a oggetto beni specifici differenti (cfr. tra le ultime Sez. 5, n. 17799 del 01/04/2022, Rizzo, Rv. 283253 – 02).
Pertanto le condotte in contestazione danno luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall.; disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249655 – 01).
La puntualizzazione è necessaria in ragione dei riflessi in tema di estinzione dei reati per prescrizione (cfr. infra paragrafo 7).
Il motivo concernente l’attribuzione all’imputato della qualifica di amministratore di fatto è generico e manifestamente infondate.
Il ricorso evita di misurarsi con quella parte, decisiva, della motivazione che, sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali di un ex dipendente della fallita, ricostruisce il ruolo assunto dall’imputato nell’ultima parte di vita della società, quando assume di fatto la gestione dell’azienda per “sistemarla” (pag. 12 sentenza impugnata).
È manifestamente infondato anche il secondo motivo che nega il contributo partecipativo alla condotta distrattiva di cui al capo B).
Il giudizio di colpevolezza si fonda sulla veste di amministratore di fatto, come sopra ricostruita, e sulla partecipazione alla distrazione avvenuta mediante l’incasso, ad opera dell’imputato, dei tre assegni consegnati dalla acquirente a
titolo di pagamento del prezzo di vendita dei macchinari appartenenti alla società fallita.
Quella somma di denaro, pari a 54mila euro, è stata sottratta alla massa dei creditori.
Le giustificazioni offerte dal ricorrente si sostanziano in mere asserzioni e involgono questioni di fatto inammissibili in questa sede
Sono invece fondate le censure che investono il capo C’).
È del tutto carente la motivazione circa la riferibilità all’imputato dei comportamenti distrattivi di cui al citato capo C).
La mera assegnazione di una qualifica rilevante ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta non è sufficiente, di per sé, per attribuire all’imputato la responsabilità concorsuale nei delitti che, nella specie, risultano materialmente commessi dall’amministratore di diritto.
Il giudice di merito avrebbe dovuto indicare quali elementi concreti consentirebbero di ritenere che l’imputato abbia fornito il proprio contributo morale o materiale alla perpetrazione delle distrazioni in rassegna.
La sentenza impugnata non risponde a questo onere motivazionale, poiché fa derivare il concorso dell’imputato: quanto alla distrazione dei canoni (pacificamente commessa dall’amministratore di diritto), dalla sua presenza alla conclusione del contratto di locazione; quanto alla distrazione della cassa, dalla mera qualifica di amministratore di fatto.
Tali significative lacune argomentative condurrebbero all’annullamento con rinvio al giudice penale della sentenza impugnata, rinvio tuttavia inibito dal fatto che in data 6 novembre 2023 è maturato il termine prescrizionale.
Invero:
i reati sono stati commessi il 20 ottobre 2010;
il termine massimo di prescrizione è pari ad anni dodici e mesi sei e quindi cadrebbe il 20 aprile 2023;
va aggiunto un periodo di sospensione pari a complessivi 200 giorni (63 giorni per rinvio dal 25 maggio 2017 al 27 luglio 2017 per adesione dei difensori alla astensione collettiva; 77 giorni per rinvio dal 17 aprile 2013 al 3 luglio 2023 su richiesta delle difese; 60 giorni per rinvio udienza del 3 luglio 2023 per legittimo impedimento).
Agli effetti civili occorre investire il giudic:e civile di un nuovo giudizio su dett capo di imputazione.
Il quarto motivo e la connessa eccezione di illegittimità costituzionale sono manifestamente infondati.
La pretesa dell’imputato di essere rimesso in termini per accedere al rito premiale di cui all’art. 444 cod. proc. pen. è del tutto destituita di fondamento.
Nessuna norma del codice riconosce tale possibilità.
Il dubbio di legittimità costituzionale è manifestamente infondato, poiché il sistema già contempla una modalità di accesso al rito idonea a tutelare i diritti difensivi rispetto alle successive evoluzioni favorevoli della regiudicanda: l’imputato, nei rigorosi termini previsti dal codice di rito, può presentare istanza di applicazione pena con l’esclusione delle circostanze aggravanti; nel caso in cui il pubblico ministero o il giudice non acconsentano, soccorrono i rimedi di cui all’art. 448, commi 1 e 2 cod. proc. pen.
Quindi, nella specie, se il difensore avesse presentato richiesta ex art. 444 cod. proc. pen. nei termini indicati avrebbe ottenuto, in sede di appello, la riduzione di pena prevista per il rito; se ciò non ha fatto, imputet sibi.
In conclusione i motivi afferenti al delitto di cui al capo B) sono inammissibili.
Quelli afferenti al capo C) sono fondati e comportano l’annullamento con rinvio a fini penali perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione e, agli effetti civili, il rinvio al giudice civile competente per valore in grado ci appello.
La declaratoria di prescrizione dei reati di cui al capo C) non incide sul trattamento sanzionatorio, poiché la pena inflitta è stata fissata in corrispondenza del minimo edittale previsto per un unico reato (anni tre di reclusione).
Va ricordato che nel caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilit di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966 – 01).
Circa gli effetti della decisione sulle statuizioni civili, occorre considerare che il giudice di merito ha liquidato per intero il danno, quantificandolo in euro 135.215,63 in base alla entità complessiva delle distrazioni di cui ai capi B e C (pag. 11 sentenza di primo grado).
Ne deriva che la condanna derivante dalle condotte sub capo C) viene travolta dalla pronuncia di annullamento anche agli effetti civili; rimane ferma, invece, la condanna al risarcimento del danno conseguente al fatto di cui al capo B), pari ad
euro 54,000,00, oltre accessori di legge (importo corrispondente alla entità della relativa distrazione).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali limitatamente ai fatti di cui al capo C) dell’imputazione, perché i reati sono estinti per prescrizione. Annulla la medesima sentenza sullo stesso capo C) dianzi indicato agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 07/06/2024