Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7366 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7366  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 2/03/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobr in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 2 marzo 2023, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano in data 25 giugno 2020 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 3 anni di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante speciale e alla recidiva contestate, del delitto di cui agli artt. 223, 216, comma 1, nn. 1 e 2, 219, comma 2, n. 1, r.d. n. 267 del 1942, perché, in qualità di amministratore unico, dal 31 ottobre 2008 al 11 dicembre 2012, della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del
Tribunale di Milano in data 11 dicembre 2012: aveva distratto dal patrimonio sociale alcune immobilizzazioni materiali iscritte in contabilità per un valore di 64.995,00 euro, nonché dei beni facenti parte del magazzino, valutati, al 31 dicembre 2007, in 559.382,00 euro e non rinvenuti dal curatore fallimentare; e aveva, altresì, distratto dal patrimonio sociale beni di terzi in leasing (oggetto di un contratto di locazione finanziaria con la RAGIONE_SOCIALE) per un valore di 315.406,00 euro, non rinvenuti dal curatore all’atto dell’accesso nei locali della società, né consegnati in seguito; e perché, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, aveva sottratto, occultato o, comunque, tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo tale da non consentire ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cessazione lo stesso COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pien.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n. 1, r.d. n. 267 del 1942, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’esistenza dei beni di cui si assume la distrazione ovvero alla disponibilità degli stessi in capo all’imputato, che sarebbe stata fondata sul bilancio del 31 dicembre 2007, ma senza considerare le dichiarazioni della curatrice fallimentare attestanti rilevanti anomalie nelle apposizioni in bilancio, anche con riferimento alle immobilizzazioni materiali, attesa la ricorrenza di una simulazione soggettiva finalizzata a Far credere cessata un’azienda in realtà trasferita ad altra società riconducibile al precedente amministratore, NOME COGNOME e alla moglie di costui. COGNOME, inoltre, avrebbe dichiarato che al momento della consegna dell’azienda le rimanenze di magazzino del valore di 559.382,00 euro non erano più presenti perché, a partire da aprile 2008, era cessata la produzione e si era iniziato a vendere il magazzino. Dunque, l’affermazione di responsabilità si fonderebbe su un mero dato contabile, senza confrontarlo con gli elementi probatori di segno contrario e basandosi sulle ammissioni di COGNOME di essere a conoscenza di beni facenti parte del magazzino e di beni concessi in leasing, laddove in realtà egli avrebbe affermato solo che all’interno del magazzino erano presenti i beni in leasing e non anche le rimanenze. Secondo l’orientamento di legittimità, l’accertamento della precedente disponibilità, in capo all’imputato, dei beni non rinvenuti in seno all’impresa non potrebbe fondarsi sulla presunzione di attendibilità dei libri e delle scrittur contabili ex art. 2710 cod. civ., dovendo le risultanze desurnibili da questi atti essere valutate nella loro intrinseca affidabilità (Sez. 5, n. 55805 del 3/10/2018,
RAGIONE_SOCIALE, Rv. 274621). Siffatta valutazione di attendibilità non potrebbe che investire anche il bilancio, soprattutto ove esso rappresenti l’unico documento sul quale venga fondata l’esistenza dei beni distratti.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al dolo specifico della bancarotta documentale, erroneamente ritenuto immanente alla scelta deliberata di occultare i beni. La Corte territoriale avrebbe valorizzato la contraddizione tra le dichiarazioni rese da COGNOME in dibattimento e quelle dallo stesso rese, precedentemente, alla curatrice, non considerando che l’audizione con costei si era svolta a distanza di pochi mesi dalla scarcerazione, avvenuta il 12 settembre 2012, sicché egli non sarebbe stato in grado di riferire con lucidità su dove fosse la documentazione societaria; e, dunque, senza valutare gli ulteriori elementi di prova emersi nel corso del dibattimento, tra cui le dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo cui, a seguito dell’esecuzione dello sfratto dell’abitazione occupata dalla madre e da COGNOME, la documentazione societaria era andata distrutta. D’altro canto, l’imputato non avrebbe avuto motivo di distruggere o occultare le scritture contabili, sia perché un quadro (seppur approssimativo) della situazione societaria poteva già ricavarsi dal bilancio 2007, sia perché la società era rimasta del tutto inattiva dopo il subentro di COGNOME.
Invero, dopo aver premesso che per integrare il delitto di bancarotta fraudolenta documentale è necessario il dolo specifico consistente nell’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditor o del dolo generico consistente nell’intenzione di tenere le scritture contabili della società in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, il ricorso deduce che la mancata dimostrazione dell’esistenza dei beni societari oggetto delle condotte di distrazione, nonché la circostanza per cui l’ammontare del passivo della società fosse da ricondurre esclusivamente all’amministrazione precedente, non consentirebbero di ritenere configurato il dolo specifico in capo all’imputato. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
 Con il primo motivo, la difesa lamenta la mancata dimostrazione dell’esistenza dei beni oggetto di distrazione e, in particolare, delle immobilizzazioni materiali del magazzino e dei beni in leasing.
Sul punto, deve osservarsi che le due sentenze di merito hanno però dato atto, innanzitutto, di quanto riportato dai relativi verbali di consegna, attestanti che
COGNOME, tra il 24 e il 26 ottobre 2008, aveva ricevuto dal precedente amministratore, NOME COGNOME, una serie di beni aziendali, tra cui quelli concessi in locazione finanziaria dalla RAGIONE_SOCIALE, conservati presso la sede operativa di Maniago. Mentre rispetto alle rimanenze di magazzino, è stato evidenziato che il bilancio 2007 conteneva le relative appostazioni per un valore di 559.382 euro.
Tali dati documentali sono riscontrati dalle dichiarazioni dell’imputato, il quale, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, «ha ammesso di essere a conoscenza di beni facenti parte del magazzino e di beni concessi in leasing» (pag. 10).
Inoltre, la sentenza ha evidenziato un ulteriore argomento di carattere logico, costituito dalla “inverosimiglianza” della versione resa COGNOME, non essendo credibile che costui, nonostante le sue condizioni economiche non floride, potesse essersi del tutto disinteressato del destino di mezzi produttivi valutati ben 315.000 euro, abbandonandoli presso la sede operativa e consentendo a taluno, rimasto non individuato, di sottrarli approfittando della sua carcerazione. E ciò considerando i periodi, non brevi, in cui egli era stato rimesso in libertà, da ottobre 2008 a ottobre 2009, da gennaio a novembre 2011 e da settembre 2012 sino alla data del fallimento e nei quali, dunque, ben avrebbe potuto recarsi nel luogo in cui erano custoditi per assicurarsi della loro presenza e metterli al sicuro. Così come inverosimile è stato ritenuto, alla stregua di un giudizio di comune esperienza, il fatto che l’imputato potesse avere smaltito in discarica, come da lui sostenuto, le immobilizzazioni materiali e le rimanenze di magazzino, non avendo egli fornito alcun riscontro al riguardo.
Un ulteriore argomento, infine, è stato tratto dalle condotte di bancarotta documentale e, in particolare, dal fatto che l’imputato non avesse tenuto alcuna contabilità successivamente al 2007; circostanza che ha consentito ai Giudici di merito di affermare, in maniera niente affatto illogica, che egli avesse acquistato le quote della società fallita e ne fosse divenuto amministratore al solo scopo di appropriarsi dei beni della stessa, omettendo dli tenere i libri e le scritture contabil proprio per coprire le distrazioni che andava compiendo.
Pertanto, l’affermazione contenuta in ricorso secondo cui la sentenza si sarebbe fondata unicamente sul dato del bilancio, di cui solo genericamente è stata affermata la totale inattendibilità, e sulle dichiarazioni dell’imputat (apoditticamente considerate inattendibili per una asserita condizione di confusione successiva alla recente carcerazione: v. infra), ha finito per obliterare la più articolata valutazione del materiale probatorio compiuta dai Giudici di merito. Ne consegue, pertanto, l’infondatezza del presente motivo di censura.
Quanto, poi, al secondo motivo di doglianza, con cui la difesa lamenta la mancata dimostrazione della sussistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta documentale, le considerazioni difensive hanno un carattere eminentemente rivalutativo o si fondano su prospettazioni puramente ipotetiche.
Va premesso che in materia di bancarotta fraudolenta documentale è necessario che la condotta di sottrazione, distruzione o falsificazione dei libri o delle altre scritture contabili sia sostenuta dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori o che le modalità tenuta delle scritture contabili, ivi compresa la totale assenza di esse, sia avvenuta con l’intenzione (dolo generico) di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
Nel caso di specie, l’imputato ha ammesso di non avere mai tenuto le scritture contabili e di non avere consegnato al curatore la documentazione ricevuta dal precedente amministratore nel 2008, sicché gli è stata contestata la prima delle fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, che costituisce una fattispecie autonoma e alternativa rispetto alla seconda. La condotta in esame, tenuto conto delle azioni distrattive ascritte all’imputato, è stata ritenuta, del tutto logicament finalizzata a impedire ai creditori di soddisfare le proprie pretese, consentendo allo stesso COGNOME di consolidare il vantaggio conseguito con le attività distrattive.
A fronte di tale ricostruzione, che ha fatto un uso del tutto condivisibile di consolidate massime di esperienza, la difesa si è limitata, da un lato, a censurare la mancata valutazione delle dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo cui la documentazione societaria sarebbe andata distrutta dopo lo sfratto dell’abitazione occupata dalla madre e da COGNOME. Una versione che, però, è stata ritenuta inattendibile già nella sentenza di primo grado, ove è stato evidenziato come la dichiarazione scritta a firma della donna non fosse sostenuta da alcun riscontro obiettivo. Dall’altro lato, la tesi difensiva secondo cui le dichiarazio sostanzialmente confessorie rese dall’imputato in occasione del colloquio con la curatrice avvenuto il 12 settembre 2012 fossero inficiate da una scarsa lucidità imputabile alla recentissima scarcerazione (rectius al non breve periodo di carcerazione appena affrontato) assume un evidente connotato fattuale e si fonda su una prospettazione del tutto ipotetica, anche in questo caso sfornita di qualunque elemento in grado di asseverarla.
Quanto, infine, alla mancata prova dell’esistenza dei beni societari oggetto delle condotte di distrazione da parte dell’imputato, che imporrebbe di escludere la finalità di occultare le condotte distrattive, devono ribadirsi i€ considerazioni già svolte con riferimento al primo motivo.
 Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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NOME*
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processu Così deciso in data 16 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente