Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 335 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 335 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
QUINTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il 14/08/1986
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con la sentenza emessa il 7 marzo 2024, ha confermato quella del Tribunale di Ravenna, che aveva accertato la responsabilità penale di NOME NOME COGNOME in ordine alla bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale per distrazione, avendo riconosciuto l’imputato quale prestanome della impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE NOME NOME, dichiarata fallita in data 14 luglio 2015.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME NOME COGNOME consta di quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione lamentando la genericità dell’imputazione, l’alternatività delle condotte di bancarotta documentale contestate, nonchØ l’omessa motivazione a riguardo della Corte di appello.
Il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al delitto di bancarotta documentale e patrimoniale, rilevando come la Corte di appello abbia fatto mal governo dei principi in materia, che richiedono che l’imprenditore ‘prestanome’, ai fini della responsabilità penale, abbia consapevolezza delle condotte illecite poste in essere da parte dall’imprenditore di fatto.
Inoltre, illogica e contraddittoria risulterebbe la motivazione nella parte in cui ritiene irrilevante la denuncia di furto delle scritture contabili effettuata da COGNOME e al tempo stesso trae la responsabilità dell’imputato per le scritture contabili rinvenute su supporto informatico, valorizzando la circostanza che le stesse siano state trovate presso un’altra società, in quanto non Ł decisivo il luogo della conservazione ma l’esistenza delle stesse.
Per altro, il dolo non può essere tratto dalla mera inesistenza o irregolare tenuta delle scritture, bensì da ulteriori elementi che non vengono indicati.
Il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla riqualificazione delle condotte in quelle di bancarotta semplice, avendo la Corte di appello offerto una motivazione astratta e non concreta sulle ragioni per le quali il motivo non era fondato.
Il quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonchØ per il difetto di motivazione in ordine alla aggravante dell’art. 219 l. fall., sia per la rilevante gravità del danno patrimoniale sia anche per l’aumento per la continuazione fallimentare, oltre che per la dosimetria delle pene accessorie.
Il ricorso Ł stato trattato, senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza Ł stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, nonchØ entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso con la requisitoria scritta, rappresentando come il dolo sia stato correttamente comprovato, in forza del coinvolgimento nelle vicende societarie attestato dalla denuncia di furto delle scritture contabili, essendo sufficiente la generica consapevolezza, pur non riferita alle singole operazioni, delle attività illecite compiute per il tramite dell’imprenditore di fatto; inoltre non la motivazione relativa al trattamento sanzionatorio non risulta manifestamente illogica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
Quanto al primo motivo, lo stesso Ł infondato, in quanto Ł ammissibile la contestazione alternativa dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione, distruzione o occultamento di scritture contabili, per la cui sussistenza Ł necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, e di fraudolenta tenuta delle stesse, che integra una ipotesi di reato a dolo
generico, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (Sez. 5 , n. 8902 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280572 – 01).
Inoltre, la contestazione non risultava generica, ma specificava come fossero stati sottratti i libri e le scritture dal 2012 in avanti, fino al fallimento, mentre per gli anni 2009-2011 dava atto che si trattava di documentazione informatica, in assenza, però, dei documenti contabili posti alla base delle registrazioni.
Quanto al secondo e terzo motivo, strettamente connessi, va osservato quanto segue.
3.1 In primo luogo, rileva questa Corte come, trattando della bancarotta documentale, in primo grado il Tribunale abbia ritenuto sussistenti sia la fattispecie di bancarotta ‘specifica’ che quella ‘generica’, argomentando quanto al dolo specifico di arrecarsi un ingiusto profitto in danno dei creditori, «strettamente legato alla realizzazione dei fenomeni distrattivi» (fol. 4), aggiungendo poi che la condotta accertata risultava quella della tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento di affari, che richiede il solo dolo generico (fol. 5).
A fronte dei motivi di appello, la Corte territoriale concentra la propria motivazione solo sulla bancarotta documentale generica con la necessità del correlato dolo generico.
Ha osservato in modo condivisibile Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284677, in motivazione, che a fronte della «differenza strutturale tra le due categorie, da un lato quella che ricomprende l’omessa tenuta delle scritture, ovvero la loro distruzione o il loro occultamento, e, dall’altro, quella relativa alla fraudolenta tenuta delle stesse se in sede di accertamento emerga la fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche nella forma della loro omessa tenuta, non può essere addebitata all’agente la fraudolenta tenuta delle medesime, proprio perchØ, come detto, tale ultima ipotesi implica un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli stessi organi fallimentari».
Aggiunge poi Sez. 5, Gualandri, che qualora emerga, come Ł per il caso in esame, «che la contabilità sia in parte omessa ed in parte irregolarmente tenuta, e che detta ultima situazione renda impossibile o complessa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, evidentemente proprio la descritta struttura della norma rende possibile non solo la contestazione alternativa, ma anche la sufficienza, ai fini delle individuazione della fattispecie penalmente rilevante, dell’accertamento di una sola delle condotte, ancorchØ diversamente strutturate, purchØ risulti possibile configurare anche il relativo elemento soggettivo. Ciò che, invece, non appare in alcun modo possibile Ł la confusione tra le due diverse condotte, data la loro specificità strutturale, sia sotto l’aspetto della condotta che dell’elemento soggettivo».
A ben vedere, nel caso in esame la Corte territoriale opta per una motivazione concentrata sulla condotta di irregolare tenuta delle scritture, facendo riferimento alla documentazione informatica, irregolarmente tenuta e incompleta ma sussistente fino a tutto il 2011, chiarendo che il saldo iniziale dell’anno 2011 mancava, così da non consentire una affidabile rappresentazione della situaziopne economico-finanziaria dell’esercizio.
Si tratta di motivazione adeguata, in uno alla sentenza di primo grado che evidenziava ai foll. 2 e ss. la natura frammentaria della documentazione informatica rinvenuta e l’assenza delle fatture giustificative a corredo della stessa.
La difesa lamenta la contraddittorietà della sentenza impugnata quanto alla circostanza che la sottrazione non sia compatibile con l’omessa istituzione delle scritture: a riguardo deve evidenziarsi come il tema, confrontandosi la Corte di appello con la bancarotta di tipo generico e, quindi, con le scritture rinvenute, non sia decisivo, oltre a essere del tutto infondato in quanto non dando credito alla denuncia di furto delle scritture proposta dall’imputato, le sentenze di merito sostanzialmente rilevano come le scritture potevano essere state mai istituite (quindi omessa tenuta) ovvero istituite
ma sottratte dallo stesso imputato, con la ‘copertura’ della denuncia di furto. Inoltre, l’argomentazione difensiva non si confronta con la circostanza che l’omessa tenuta Ł assimilata dalla giurisprudenza consolidata alle condotte previste espressamente dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992; Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915 – 01).
Diversamente fondata Ł la doglianza difensiva, ma non decisiva, quanto alla circostanza che la documentazione informatica sia stata rinvenuta presso altra società, in quanto il principio richiamato dalla Corte di appello, sulla sussistenza del reato anche se la ricostruzione avviene grazie ad elementi tratti aliunde, attiene al bene giuridico protetto – che non Ł circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile – e non alla ubicazione delle scritture contabili.
Difatti, il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza, nonchØ quando la documentazione possa essere ricostruita “aliunde”, poichØ la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari (Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, Capasso, Rv. 279346 – 01; Sez. 5, n. 1925 del 26/09/2018, dep. 16/01/2019, Cortinovis, Rv. 274455 – 01).
Ma la doglianza difensiva sul punto non Ł decisiva, in quanto le sentenze di merito chiariscono in modo non manifestamente illogico come sia proprio l’incompletezza della documentazione rinvenuta in sØ ad ostacolare la corretta ricostruzione della attività della impresa e, ciò, prescindendo dalla ubicazione delle scritture.
3.2 Quanto al dolo generico, indicato dalla Corte di appello correttamente come coefficiente soggettivo della fattispecie di bancarotta generica valutata, lo stesso viene ritenuto sussistente e comprovato sulla base di una duplice argomentazione: la denuncia sporta da COGNOME per il furto delle scritture contabili, che proprio perchØ ritenuta inattendibile, in doppia conforme, dimostra per un verso l’interesse di COGNOME alle vicende societarie e, per altro, la sua volontà di concorrere nel sottrarre scritture esistenti o nel dimostrare la sottrazione di scritture inesistenti; la circostanza che la documentazione informatica rinvenuta non sia stata consegnata dall’imputato, nØ sia stata rinvenuta presso la sede dell’impresa fallita, ma presso quella di altra società mai indicata dal fallito, dimostra come costui abbia tenuto una condotta non collaborativa, risultando di fatto irreperibile, come evidenziato dalla sentenza di primo grado.
Si tratta di indicatori che risultano adeguati, senza manifeste illogicità, a dimostrare il dolo generico dell’imputato, argomentato anche in relazione alla bancarotta distrattiva con l’esclusione del ruolo di prestanome inconsapevole, in quanto la stessa denuncia dimostrava la consapevolezza dell’imputato quanto alla attività dell’impresa: e ciò, sia se la stessa fosse non credibile, come ritengono con motivazione non manifestamente illogica le sentenze di merito, sia anche se la stessa fosse reale, a dimostrazione comunque di un interessamento effettivo dell’imputato alle vicende imprenditoriali.
Per altro, il ritenuto dolo risulta anche coerente con i principi per cui (così Sez. 5, Gualandri in motivazione) in presenza di specifiche circostanze – come ad esempio, l’accertamento di condotte distrattive specifiche; la totale irreperibilità del legale rappresentante dell’azienda o la mancata cooperazione dello stesso con gli organi della procedura fallimentare – ciò renda ragionevolmente incompatibile la condotta con un’ipotesi di trascuratezza colposa, cosicchŁ deve ritenersi anche correttamente esclusa la bancarotta semplice.
In sostanza la Corte territoriale rileva la sussistenza del dolo generico richiesto, in linea con il principio per cui in tema di bancarotta fraudolenta documentale cd. ‘generica’, per la sussistenza del dolo dell’amministratore solo formale non occorre che questi si sia rappresentato ed abbia voluto gli specifici interventi da altri realizzati nella contabilità volti ad impedire o a rendere piø difficoltosa la ricostruzione degli affari della fallita, ma Ł sufficiente che l’abdicazione agli obblighi da cui Ł gravato sia accompagnata dalla rappresentazione della significativa possibilità dell’alterazione fraudolenta della contabilità e dal mancato esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo che gli competono (Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta, Rv. 282280 – 01).
Gli argomenti già analizzati vengono spesi dalla Corte di appello anche a sostegno del dolo generico richiesto per la condotta distrattiva, e risultano in linea con il principio per cui, anche a voler ritenere, come la difesa sostiene, il ruolo di prestanome dell’imputato, l’amministratore di diritto risponde unitamente all’amministratore di fatto per non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire; a tal fine, Ł necessario, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza, da parte del primo, che l’amministratore effettivo distragga, occulti, dissimuli, distrugga o dissipi i beni sociali.
Tale consapevolezza, se da un lato non deve investire i singoli episodi nei quali l’azione dell’amministratore di fatto si Ł estrinsecata, dall’altro non può essere desunta dal semplice fatto che il soggetto abbia acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore; tuttavia, allorchØ, come nella specie, per le ragioni indicate, si tratti di soggetto che accetti il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possono scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l’accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) risultano sufficienti per l’affermazione della responsabilità penale ( ex multis Sez. 5 n. 22846 del 13 marzo 2014, COGNOME, in motivazione; Sez. 5, n. 19049 del 19 febbraio 2010, COGNOME e altri, Rv. 247251; Sez. 5, n. 7208 del 26 gennaio 2006, COGNOME ed altro, Rv. 233637; Sez. 5, n. 28007 del 4 giugno 2004, Squillante, Rv. 228713)
Ne consegue la infondatezza dei motivi secondo e terzo.
4. Quanto al quarto motivo, in ordine alle circostanze attenuanti generiche, la motivazione impugnata evidenzia come le stesse non siano da concedersi per il comportamento non collaborativo dell’imputato, per la sua irreperibilità, per l’entità delle somme oggetto di distrazione: si tratta di motivi ostativi che in modo non manifestamente illogico rendono conto delle ragioni di esclusione della attenuazione. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, la concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, anche quindi limitandosi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, COGNOME, rv 248737; Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, COGNOME e altri, Rv. 249163).
Quanto al danno di rilevante gravità, la relativa aggravante dell’art. 219 l. fall. deve essere parametrata alla valutazione del danno effettuata con riferimento non all’entità del passivo o alla differenza tra attivo e passivo, bensì alla diminuzione patrimoniale cagionata direttamente ai creditori dal fatto di bancarotta; ne consegue che il giudizio relativo alla particolare tenuità – o gravità – del fatto non va riferito al singolo rapporto che passa tra fallito e creditore ammesso al concorso, ne’ a singole operazioni commerciali o speculative dell’imprenditore decotto, ma va posto in relazione alla diminuzione, (non percentuale, ma globale), che il comportamento del fallito ha provocato nella massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati
gli illeciti. (Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, COGNOME Rv. 277658 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12087 del 10/10/2000, COGNOME, Rv. 217403 – 01). Nel caso in esame la Corte di appello fa riferimento anche al valore delle distrazioni poste in essere, per oltre un milione e quattrocentomila euro, cosicchØ l’aggravante in esame risulta accompagnata da una motivazione corretta, non essendo per altro mai stata esclusa in primo grado.
Anche gli aumenti della pena per l’aggravante citata, come pure per la cd. continuazione fallimentare, risultano proporzionati alla pena base, determinata nel minimo, risultando complessivamente nella misura di mesi otto di reclusione; come pure aspecifico Ł il motivo allorchØ genericamente contesta la misura delle sanzioni accessorie, non illogicamente motivate, con una specifica argomentazione – in tema di gravità della condotta, per il danno procurato e le modalità fraudolente, tale da richiedere l’esclusione dell’imputato dall’esercizio del ruolo di imprenditore non valutata dal ricorrente.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 21/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME