LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta per distrazione: la Cassazione

Un imprenditore viene condannato per bancarotta fraudolenta per distrazione dopo aver affittato l’unico ramo d’azienda della sua società in crisi a una nuova entità da lui stesso controllata. La Corte di Cassazione, con la sentenza 38138/2024, ha rigettato il ricorso, confermando che tale operazione, priva di un’effettiva contropartita economica e volta a sottrarre i beni alla garanzia dei creditori, costituisce reato, anche se mossa da un presunto intento di salvataggio aziendale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Bancarotta fraudolenta per distrazione: quando l’affitto d’azienda diventa reato

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 38138 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e cruciale del diritto penale fallimentare: la bancarotta fraudolenta per distrazione. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere i confini tra una legittima operazione di salvataggio aziendale e un’azione illecita volta a svuotare il patrimonio di una società a danno dei creditori. La Suprema Corte ha chiarito che anche operazioni apparentemente lecite, come un contratto di affitto d’azienda, possono integrare il reato se realizzate con lo scopo di sottrarre beni alla garanzia patrimoniale.

I fatti del caso: un affitto d’azienda sospetto

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore per aver distratto i beni della sua società, dichiarata fallita. L’imputato, in qualità di amministratore unico e poi liquidatore di una S.r.l. in palese stato di dissesto, aveva stipulato un contratto di affitto dell’intero compendio aziendale a favore di una nuova società, appositamente costituita e di cui egli stesso era l’amministratore di fatto.

L’operazione, tuttavia, presentava diverse anomalie: il canone di affitto mensile, seppur pattuito, non veniva corrisposto regolarmente, causando un ingente debito. Di fatto, la società originaria veniva privata del suo unico asset produttivo senza ricevere un’adeguata contropartita economica, accelerando il suo percorso verso il fallimento. Successivamente, l’imprenditore continuava a utilizzare i medesimi beni attraverso una sua ditta individuale, dimostrando la continuità di un disegno criminoso volto a mantenere il controllo degli asset al riparo dalle pretese dei creditori.

La tesi difensiva: un tentativo di salvataggio

L’imprenditore si è difeso sostenendo che l’intera operazione, inclusa la successiva richiesta di concordato preventivo, non fosse altro che un tentativo, seppur fallito, di salvare l’azienda. A suo dire, il fallimento del piano era dovuto a cause esterne e imprevedibili, come la contrazione del mercato, e non a una sua volontà distrattiva. La difesa ha insistito sulla liceità astratta dell’operazione, considerata come la soluzione preferibile per evitare il tracollo definitivo della società.

L’analisi della Corte sulla bancarotta fraudolenta per distrazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente la tesi difensiva, ribadendo i principi consolidati in materia di bancarotta fraudolenta per distrazione. I giudici hanno sottolineato che, per configurare il reato, non è necessario che l’atto di distrazione sia in sé illecito, ma è sufficiente che esso, anche se formalmente legale, pregiudichi concretamente gli interessi dei creditori.

L’irrilevanza dell’intento di salvataggio

La Corte ha specificato che l’eventuale intento di salvaguardare l’avviamento economico dell’impresa non può giustificare operazioni che svuotano il patrimonio sociale. La tutela dell’azienda e dei suoi valori deve avvenire all’interno del soggetto proprietario e nell’interesse primario dei creditori. Trasferire i beni a un’altra entità, anche se con l’obiettivo di garantirne la continuità operativa, costituisce una distrazione se ciò comporta un depauperamento della società originaria.

Il dolo generico e gli indici di fraudolenza

Per la configurabilità del reato è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per i creditori. Non è richiesto il dolo specifico, ovvero l’intenzione mirata di recare loro un danno. Nel caso di specie, la Corte ha individuato chiari ‘indici di fraudolenza’ che provavano tale consapevolezza:
– Il controllo di fatto da parte dell’imputato su entrambe le società (quella concedente e quella affittuaria).
– La stipula del contratto in un momento di già acclarato dissesto economico.
– La sistematica morosità della società affittuaria, che rendeva l’operazione economicamente svantaggiosa per la concedente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha concluso che il ricorso dell’imputato si basava su una rilettura dei fatti, inammissibile in sede di legittimità. La decisione dei giudici di merito era logicamente motivata e giuridicamente corretta. Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione qualsiasi operazione che, esulando dagli scopi dell’impresa, determini un effettivo depauperamento del patrimonio in danno dei creditori. La natura del reato come ‘reato di pericolo concreto’ implica che è sufficiente la creazione di un rischio per le ragioni creditorie, senza che sia necessario dimostrare un nesso causale tra la distrazione e il successivo fallimento.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la libertà di iniziativa economica, tutelata dall’art. 41 della Costituzione, non può essere utilizzata come strumento per frodare i creditori. Gli imprenditori in crisi devono agire con la massima trasparenza, utilizzando gli strumenti previsti dalla legge per la gestione della crisi d’impresa, senza ricorrere a schemi societari o contrattuali che, sebbene apparentemente leciti, nascondono una finalità distrattiva. La decisione della Cassazione serve da monito: ogni operazione che impoverisce una società in difficoltà a vantaggio di altre entità riconducibili allo stesso imprenditore sarà severamente valutata come potenziale bancarotta fraudolenta per distrazione.

Affittare l’azienda di una società in crisi a un’altra entità è sempre reato?
No, non è sempre reato. Tuttavia, diventa bancarotta fraudolenta per distrazione se l’operazione svuota la prima società dei suoi beni senza una reale e adeguata contropartita economica, mettendo concretamente a rischio la possibilità per i creditori di essere soddisfatti.

Per essere condannati per bancarotta per distrazione, è necessario aver agito con lo scopo specifico di danneggiare i creditori?
No, non è necessario. La giurisprudenza richiede il ‘dolo generico’, che consiste nella semplice consapevolezza di sottrarre beni alla loro funzione di garanzia per le obbligazioni sociali. L’eventuale intenzione di ‘salvare l’azienda’ non esclude il reato se la modalità scelta è illecita e pregiudizievole per i creditori.

Il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione richiede che l’atto di distrazione sia la causa diretta del fallimento?
No, la Corte di Cassazione ha costantemente affermato che non è necessario un nesso di causalità tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento della società. Il reato si configura per il solo fatto di aver depauperato il patrimonio sociale, creando un pericolo per gli interessi dei creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati