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Bancarotta fraudolenta per distrazione: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione a carico di due imputati. La sentenza chiarisce i criteri per la prova dell’intento fraudolento (dolo) e i limiti del potere discrezionale del giudice nel negare le attenuanti generiche, basandosi anche sui precedenti penali dell’imputato. Viene respinta la tesi difensiva del prelievo di fondi come restituzione di un finanziamento, ritenuta priva di riscontri probatori.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta per Distrazione: la Cassazione chiarisce Dolo e Attenuanti

La recente sentenza n. 22544/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sul reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. Questo provvedimento analizza con precisione i confini dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo, e ribadisce i principi che governano la concessione delle circostanze attenuanti generiche. La decisione conferma la condanna per due imputati, respingendo le loro tesi difensive e consolidando un orientamento giurisprudenziale rigoroso a tutela dei creditori nel contesto di una crisi d’impresa.

I Fatti del Caso: La Distrazione di Fondi Societari

Il caso trae origine dalla condanna in primo e secondo grado di due soggetti per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. In particolare, uno degli amministratori della società fallita aveva prelevato una cospicua somma, circa 60.000 euro, dalle casse sociali. La difesa sosteneva che tale prelievo non costituisse una distrazione, ma la restituzione di un finanziamento precedentemente erogato alla società da parte dell’altro imputato, un socio.

La Corte d’Appello, pur concedendo le attenuanti generiche a uno degli imputati e riducendone la pena, aveva confermato l’impianto accusatorio e la responsabilità penale per entrambi, ritenendo non provata la tesi della restituzione del finanziamento.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso in Cassazione

Avverso la sentenza di secondo grado, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
Un imputato ha contestato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, lamentando che i giudici di merito avessero valorizzato unicamente i suoi precedenti penali.
L’altro imputato, autore materiale del prelievo, ha invece contestato l’affermazione della sua responsabilità, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo). A suo dire, le prove raccolte non dimostravano la volontà di sottrarre risorse ai creditori e, al più, il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato come bancarotta semplice, di natura colposa.

Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso per Bancarotta Fraudolenta per Distrazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato e infondato quello dell’altro, fornendo una motivazione dettagliata che tocca punti cruciali del diritto penale fallimentare.

Il Rigetto del Ricorso Basato sulla Mancanza di Dolo

In merito alla bancarotta fraudolenta per distrazione, la Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata pienamente congrua e logica. I giudici di merito avevano correttamente escluso la tesi difensiva della restituzione del finanziamento, evidenziando come le prove addotte (dichiarazioni testimoniali e una scheda contabile prodotta dalla difesa) fossero state smentite dagli atti. In particolare, la scheda contabile era stata ritenuta inautentica e priva di riscontro nella documentazione ufficiale acquisita dal curatore fallimentare.
La Corte ha sottolineato che l’entità significativa della somma prelevata e l’assenza di una plausibile giustificazione economica per tale operazione costituivano elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza del dolo, inteso come la consapevole volontà di sottrarre beni alla garanzia dei creditori.

La Decisione sulla Concessione delle Attenuanti Generiche

Per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito che la valutazione del giudice di merito rientra in un potere ampiamente discrezionale. In questo caso, la decisione di negare il beneficio era stata correttamente motivata non solo sulla base dell’assenza di elementi positivi da valorizzare, ma anche sulla base di un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato, desunto dai suoi precedenti penali. Tale valutazione, indicativa di una specifica capacità a delinquere, è un criterio previsto dall’art. 133 del codice penale e legittima il diniego delle attenuanti.

Le Conclusioni: Principi Consolidati in Materia di Bancarotta

La sentenza in esame consolida due importanti principi. In primo luogo, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la prova del dolo può essere desunta anche da elementi oggettivi, come l’entità della somma sottratta e la totale assenza di una giustificazione economica lecita, specialmente quando la tesi difensiva appare priva di riscontri probatori attendibili. In secondo luogo, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, e i precedenti penali possono legittimamente essere considerati come indice della personalità del reo ai fini di tale decisione.

Quando un prelievo dalle casse sociali configura una bancarotta fraudolenta per distrazione?
Secondo la sentenza, un prelievo integra il reato quando i fondi vengono sottratti dal patrimonio sociale senza una plausibile e documentata giustificazione, diminuendo così la garanzia per i creditori. La volontà di compiere tale azione (dolo) può essere provata anche dalla significativa entità della somma e dalla mancanza di prove a sostegno di una causale lecita, come la restituzione di un finanziamento.

È sufficiente il precedente penale di un imputato per negargli le circostanze attenuanti generiche?
Sì, la Corte ha confermato che il giudice può negare le attenuanti generiche basando la sua decisione su una valutazione della capacità a delinquere dell’imputato, desunta anche dai suoi precedenti penali. Questa valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice e deve essere adeguatamente motivata.

È possibile chiedere in Cassazione la riqualificazione di un reato se non è stata chiesta in appello?
No, la Corte ha ribadito che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni che non siano state specificamente devolute al giudice di appello. Pertanto, la richiesta di riqualificare il reato da bancarotta fraudolenta a semplice, non essendo stata prospettata nel precedente grado di giudizio, non poteva essere esaminata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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