Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35811 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a RUFFANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a TAURIANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale di Alessandria, con sentenza del 18/10/2023, ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei reati a loro rispettivamente ascritti:
COGNOME, quale amministratore di fatto, dalla data di costituzione al fallimento, della società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 16/11/2016 (in concorso con altri non ricorrenti), di bancarotta patrimoniale fraudolenta per distrazione di automezzi, denaro e crediti (capo A, riqualificando la sola distrazione di euro 36.377,68 in bancarotta preferenziale);
COGNOME e COGNOME, il primo nella suddetta medesima qualità e anche quale amministratore di fatto di RAGIONE_SOCIALE, NOME, quale amministratore unico e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE (in concorso tra loro e con altro per cui si procede separatamente), della distrazione fraudolenta di automezzi della fallita, compiuta attraverso contratti simulati di cessione in favore della RAGIONE_SOCIALE, e da quest’ultima a RAGIONE_SOCIALE, di cui COGNOME era amministratore di fatto, società alla quale apparentemente trasferivano la proprietà di automezzi della fallita (capo C);
1.1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la decisione del primo giudice, riducendo, per entrambi, la durata delle pene accessorie, rideterminando la pena per COGNOME, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e, quanto allo COGNOME, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione alla distrazione della somma di euro 36.377,68, già riqualificata in bancarotta preferenziale; riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante di cui all’art. 219 co. 1 lett. f), rideterminava la pena per i residui fatti.
Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, formulando, COGNOME, sette motivi, e COGNOME due motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Nell’interesse di NOME COGNOME, il difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, deduce:
3.1. Illogicità o mancanza della motivazione con riguardo al primo punto del capo A), relativamente alla distrazione dei veicoli targati TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO. Lamenta, in particolare che la Corte di appello avrebbe fornito una risposta non conferente e quindi assente al motivo di appello con il quale si era espressamente lamentato che il Tribunale non avrebbe motivato su tale distrazione.
3.2. Vizi della motivazione quanto alla distrazione della somma di € 21.907,58 di cui al terzo punto del capo A).
3.3. Violazione di legge nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del dolo nella distrazione della somma di € 40.000, di cui al quarto punto del capo A).
3.4. Vizi della motivazione con riguardo alla affermata responsabilità per la distrazione di escavatori, trattandosi di beni molto usurati e di modesto valore.
3.5. Violazione di legge con riguardo al settimo punto del capo A) relativo alla determinazione di crediti in favore della RAGIONE_SOCIALE per € 35.378,40 , deducendo che tale condotta non poteva essere qualificata come bancarotta fraudolenta patrimoniale trattandosi, al più, di una condotta dissipativa, atteso che la società aveva interesse ai servizi di telefonia.
3.6. Mancanza di motivazione sulla contestazione di sottrazione o distruzione delle scritture contabili, sul rilievo della dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputato al curatore
fallimentare e da questi inserite nella relazione ex art. 33 L. Fall. e sulla deduzione che le scritture contabili erano state consegnate al nuovo amministratore.
3.7. Con un ultimo motivo, il ricorrente formula analoghe doglianze relativamente alla motivazione con la quale la Corte di appello non ha riconosciuto l’attenuante di cui all’art 219, comma 3, L. FALL.
Nell’interesse di NOME COGNOME il difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, deduce:
4.1. Violazione di legge nella parte in cui è stato ritenuto il concorso del ricorrente nelle condotte distrattive. Nella sua censura, il ricorrente si concentra sull’assenza della consapevolezza di concorrere nelle condotte distrattive dei coimputati, di cui la Corte di appello non avrebbe fornito prova.
4.2. Vizi della motivazione in merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella massima estensione.
Ha depositato memorie il difensore di COGNOME, replicando alle osservazioni del Procuratore Generale, e insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso di NOME COGNOME è fondato limitatamente alla bancarotta documentale, in relazione alla quale la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio. Nel resto, il ricorso è infondato, come quello di NOME COGNOME.
2. Ricorso NOME COGNOME.
2.1. La Corte di appello, nella sentenza gravata, alle pagine 14 e 15, ha ricostruito in maniera lineare la vicenda distrattiva: gli automezzi in questione risultavano iscritti nel registro dei beni ammortizzabili, ma non sono stati ritrovati, né il ricorrente, che aveva tale onere, ha saputo dare indicazioni sulla loro destinazione. Le valutazioni della Corte territoriale -peraltro esposte in una motivazione ampia, puntuale, analitica – sono conformi al costante insegnamento di questa Corte -anche richiamato in sentenza -secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti ( Sez. 5 n. 11095 del 13/02/2014, Rv. 262741; Sez. 5 n. 22894 del 17/04/2013, Rv. 255385; Sez. 5 n. 3400/05 del 15/12/2004 , Rv. 231411; Sez. 5 n. 7048 del 27/11/2008, Rv. 243295). L’indirizzo si fonda sulla considerazione che, nel nostro ordinamento, l’imprenditore assume una posizione di garanzia nei confronti dei creditori, i quali confidano nel patrimonio dell’impresa per l’adempimento delle obbligazioni sociali. Da qui, la diretta responsabilità dell’imprenditore, quale gestore di tale patrimonio, per la sua conservazione ai fini dell’integrità della garanzia. La perdita ingiustificata del patrimonio o la elisione della sua consistenza costituisce un vulnus alle
aspettative dei creditori e integra, pertanto, l’evento giuridico presidiato dalla fattispecie della bancarotta fraudolenta. Tali considerazioni giustificano la, solo apparente, inversione dell’onere della prova incombente sul fallito, in caso di mancato rinvenimento di beni da parte della procedura e in assenza di giustificazione al riguardo ( nel senso di dare conto di spese, perdite o oneri compatibili con il fisiologico andamento della gestione imprenditoriale), poiché, anche in ragione dell’obbligo di verità gravante sul fallito ai sensi dell’art. 8 comma 3 della legge fallimentare con riferimento alla destinazione di beni di impresa al momento in cui viene interpellato da parte del curatore, obbligo presidiato da sanzione penale, si tratta di legittima sollecitazione affinchè il diretto interessato dia adeguata dimostrazione, in quanto gestore dell’impresa, della destinazione dei beni o del loro ricavato (Sez. 5 n. 7588 del 26/01/2011, rv.249715).
2.2. Analoghe osservazioni valgono per le altre distrazioni contestate. In specie, quanto alla distrazione della somma di € 21.907,58 di cui al terzo punto del capo A), la Corte di appello ha osservato che: la relazione del curatore è prova sufficiente dei movimenti contabili in esame; da questi non è possibile individuare la destinazione delle somme fuoriuscite; è onere degli amministratori documentarne la destinazione; c he l’asserita compensazione con un finanziamento soci non trova fondamento nelle prove assunte. La Corte, infine, ha considerato che, dal 2014, la contabilità era stata abbandonata.
2.3. Per la distrazione della somma di € 40.000, di cui al quarto punto del capo A, è incontestato che l’importo sia stato trasferito alla RAGIONE_SOCIALE, società riconducibile alla famiglia COGNOME, in assenza di documentazione che ne giustifichi la causa, anzi, in presenza di una causa del tutto estranea alla ragione sociale desumibile dalle dichiarazioni del COGNOME (scongiurare l’esproprio della casa di residenza della famiglia) .
A fronte di tale evidenza sul piano dell’elemento oggettivo, la Corte ha ritenuto , in uno alla distrazione dell’importo, sottratto al patrimonio della fallita per finalità estranee, la sussistenza dell’elemento soggettivo , considerando che il ricorrente era l’amministratore di fatto e che l’operazione è avvenuta quando era già evidente la situazione di decozione della società; la mancanza di una alternativa ipotesi qualificatoria della operazione, quali indici inequivoci di fraudolenza e, quindi, del dolo richiesto per la integrazione della fattispecie che, come è noto, è costituito dal dolo generico; pertanto, è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell’attività distruttiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni c he si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione dai causarlo (Sez. 5 n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739) ., coerentemente con la natura di reato di pericolo della bancarotta patrimoniale ( Sez 5 n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 273825; Sez. 5 n. 14783 del 09/03/2018, Rv. 272614; Sez. 5 n. n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739; Sez. 5 n. 10941 del 20/12/1996, Rv. 206542).
2.4. Con riguardo alla distrazione di escavatori, di cui si assume trattarsi di beni molto usurati e di modesto valore, il motivo di ricorso è inammissibilmente riversato in fatto, con finalità meramente contestativa, laddove la Corte di appello ha disatteso la censura osservando, con
argomentazione affatto illogica, che le alienazioni di tali mezzi appaiono simulate, come si desume dal fatto che gli stessi siano stati successivamente riacquistati e che tali alienazioni si collocano in un momento prossimo al fallimento ; d’altro canto, la sentenza ha correttamente osservato come anche i beni di modesto valore siano rilevanti ai fini della configurazione del reato, se utili per la prosecuzione dell’attività aziendale (utilità riscontrata, nel caso di specie, dal successivo riacquisto) o per soddisfare, anche solo in parte, i creditori. In tal modo, la Corte di appello ha verificato, dandone congrua argomentazione, che il fatto contestato costituiva un pericolo concreto e che la sottrazione di beni aziendali di un tale, pur residuo, valore poteva arrecare un pregiudizio alla integrità della garanzia dei creditori, determinando una effettiva diminuzione patrimoniale.
2.5. Per i crediti in favore della RAGIONE_SOCIALE per € 35.378,40, che integrerebbero, nell’ottica difensiva, una dissipazione, la Corte di appello ha rilevato come l’acquisto di 80 schede SIM si configuri del tutto sproporzioNOME e non giustificato, in quanto non riconducibile all’attività aziendale, essendo le schede intestate a famigliari della compagine societaria senza che emergesse alcuna necessità della RAGIONE_SOCIALE all’utilizzo dei relativi servizi telefonici , e con l’accumulo attraverso queste di passività per importi rilevanti, ricadenti a carico della RAGIONE_SOCIALE. Trattandosi di spese del tutto estranee e, quindi, non necessarie né congrue rispetto all’attività di impresa , esse integrano attività di depauperamento, il cui dolo distrattivo è evidente, potendo ricondursi al diverso paradigma della dissipazione, come precisato dalla giurisprudenza, l’impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte, radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell’azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti. (Sez. 5, Sentenza n. 7437 del 15/10/2020, Rv. 280550).
Neppure sono ravvisabili i presupposti per la configurabilità, in melius, della fattispecie di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, proprio in ragione della ravvisata incoerenza, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, per la evidente consapevolezza dell’autore della condotta di contribuire alla diminuzione del patrimonio per scopi del tutto estranei al perseguimento dell’oggetto sociale.(Sez. 5, n. 47040 del 19/11/2011, Rv. 251218; Conf. Sez. 5 , n. 34979 del 10/09/2020 , Rv. 280321).
2.6. In ordine alla bancarotta documentale, come premesso, il ricorso è fondato, dal momento che la Corte di appello ha del tutto omesso di replicare al motivo di censura con il quale, nel gravame, si era contestata la utilizzabilità delle dichiarazioni rese durante la procedura fallimentare al curatore e dedotto che le scritture contabili erano state consegnate al nuovo amministratore. Con tali argomenti la Corte di appello ha totalmente omesso di confrontarsi, con la conseguenza che su tale profilo la sentenza deve essere annullata, per nuovo giudizio.
2.7. E’ manifestamente infondato il motivo afferente al m ancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art 219, comma 3, l. fall., atteso che le deduzioni a sostengo si soffermano solo su
alcune delle numerose condotte distrattive, prescindendo dalla necessaria valutazione globale e complessiva. D’altronde, l’istanza difensiva risulta logicamente incongrua rispetto alla entità del passivo accertato, che non giustifica in alcun modo la richiesta in esame.
Vale anche la pena di osservare che la Corte territoriale, nel riconoscere le attenuanti generiche, ha aggiunto di ritenere che esse esaurissero l’ambito di attenuazione della gravità del reato, escludendo, così, implicitamente, la possibilità di riconoscere altre attenuanti ed illustrandone compiutamente le ragioni.
La sentenza impugnata si è, dunque, attenuta al più volte ribadito principio di diritto che, in tema di circostanze, la concedibilità ed il giudizio di bilanciamento tra le circostanze costituisce espressione di un potere discrezionale tipica del giudizio di merito, che, se congruamente argomentato, e non frutto di arbitrio o di ragionamento illogico, va esente da censure ( Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010 Ud. (dep. 18/03/2010), COGNOME, Rv. 245931).
3. Ricorso NOME COGNOME
3.1.Non coglie nel segno il primo motivo, che denuncia vizi della motivazione in merito al concorso nella bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo C), sul rilievo della mancanza di prova della consapevolezza delle attività illecite altrui, nelle quali avrebbe, ab externo, concorso il ricorrente.
Ricordato che, ai fini del concorso nell’attività distrattiva non si richiede la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa, ma è sufficiente che la condotta di colui che concorre nell’attività distrattiva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione dai causarlo ( Sez. 5 n. 51715 del 05/11/2014, Rv. 261739), né la conoscenza dello stato di decozione della società, che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori ( Sez. 5 n. 4710 del 14/10/2019 (dep. 2020 ) Rv. 278156), si osserva come la Corte di appello abbia precisato che COGNOME, pur non essendo il protagonista dell’operazione, né il responsabile della cessione, è stata una figura fondamentale nell’intero processo, svolgendo un ruolo chiave nella realizzazione di una vendita camuffata finalizzata a spogliare la società dei beni, e, come già il Tribunale, ha rilevato che la mancata annotazione del passaggio di titolarità di autocarri, escavatori e veicoli pesanti, beni di grande rilevanza nell’esercizio dell’impresa, fosse indice evidente della consapevolezza dell’illiceità dell’operazione di trasferimento e del tentativo di dissimularla.
3.2. Parimenti infondato è il secondo motivo, per la assoluta genericità con il quale ci si duole del mancato riconoscimento della diminuzione per le circostanze attenuanti generiche nella massima estensione di legge, senza articolare una specifica censura né individuare elementi favorevoli eventualmente pretermessi dalla Corte di appello, la quale, invece, ha esercitato un potere discrezionale tipico del giudizio di merito, senza che siano ravvisabili, né sono stati prospettati, scelte arbitrarie o un ragionamento illogico.
4.L’epilogo del presente scrutinio di legittimità è l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riguardo alla posizione di COGNOME, limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino. Nel resto il ricorso è infondato e va rigettato.
Deve essere rigettato anche il ricorso di COGNOME che va condanNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino; rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME