Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22622 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22622 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Castelfranco Veneto il 10/1/1963 avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 3/10/2024
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
I n data 3.10.2024 la Corte d’Appello di Torino ha emesso sentenza nei confronti di NOME COGNOME nel giudizio di rinvio conseguente all’annullamento della precedente sentenza della Corte d’Appello di Torino del 22.10.2021 da parte della Quinta Sezione della Corte di cassazione.
In particolare, la sentenza rescindente confermava la condanna dell’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e annullava la pronuncia impugnata limitatamente al reato di bancarotta fraudolenta documentale.
1.1 La Corte d’Appello premette che nella sentenza di annullamento con rinvio la Corte di cassazione, evidenziando che la condotta di bancarotta documentale attribuita all’imputato era solo quella di occultamento delle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE di Collegno, ha rilevato un’erronea individuazione dell’elemento soggettivo, in quanto l’occultamento delle scritture, a differenza delle altre fattispecie incriminatrici di omissione o distruzione delle scritture, deve essere sorretto dal dolo specifico di arrecare pregiudizio ai creditori.
Ciò premesso , la Corte d’Appello o sserva che si è comunque formato un giudicato parziale rispetto all’accertamento del ruolo dell’imputato non meramente formale nella società fallita e della sua responsabilità per la bancarotta patrimoniale. Deve ritenersi accertata definitivamente, altresì, la condotta materiale di occultamento delle scritture ascrivibile a Cazzolato, il quale le aveva ricevute dal precedente titolare e non le ha mai consegnate al curatore fallimentare.
1.2 I giudici di secondo grado, quindi, hanno ritenuto ampiamente provato il dolo specifico, desumendolo in via logica dall’accertata responsabilità dell’imputato per i fatti di bancarotta patrimoniale, in quanto l’occultamento delle scritture contabili era senz’altro funzionale alla dissimulazione degli atti depauperativi del patrimonio sociale di cui si era reso responsabile Cazzolato, distraendo beni e valori per oltre 670.000 euro.
L’imputato, quale amministratore unico della società fallita, era gravato dall’obbligo di consegnare le scritture contabili e non poteva non esserne consapevole. Alla luce di quanto riferito dal curatore, egli, nel corso della procedura, ha cercato dapprima di eludere le convocazioni, poi ha sostenuto di rivestire una posizione meramente formale e ha negato di avere ricevuto le scritture contabili in contrasto con le risultanze documentali incontestabili. Inoltre, dopo essersi reso cessionario dell’intero pacchetto delle quote ed essere diventato amministratore unico, COGNOME ha mantenuto la società in condizioni di inattività fino alla dichiarazione di fallimento.
La sua condotta, il passivo rilevante, la sorte del magazzino e dei beni strumentali valgono a connotare di sicura fraudolenza, oltre che le distrazioni patrimoniali, anche l’occultamento delle scritture contabili, evidentemente rispondente a una strategia operativa volta ad occultare le consistenti operazioni distrattive e a precludere la ricostruzione corretta nell’andamento dell’attività in danno dei creditori.
Di conseguenza, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, il trattamento sanzionatorio già determinato nel minimo edittale e la determinazione delle pene accessorie.
Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza della legge penale e vizio di motivazione, in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 216 l. fall.
La Corte di Appello -sostiene il ricorso -ha ritenuto erroneamente che la Corte di cassazione si fosse limitata a chiedere una più esaustiva motivazione circa l’elemento soggettivo dell’occultamento delle scritture contabili, laddove invece aveva invitato i giudici di secondo grado a una nuova valutazione della responsabilità dell’imputato.
La sentenza impugnata, invece, ha quasi pedissequamente riprodotto le motivazioni della sentenza di primo grado, senza confrontarsi con le doglianze di impugnazione. Si è limitata ad evidenziare la consapevolezza dell’imputato circa l’obbligo di consegna delle scritture contabili, con argomentazioni disancorate da riscontri probatori e aderendo alle argomentazioni di primo grado con motivazione acritica.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza della legge penale e vizio di motivazione con riferimento alla richiesta di derubricazione del fatto nel reato di cui all’art. 217 l. fall.
Dalle risultanze istruttorie, è emerso che l’imputato ha rivestito solo formalmente la qualifica di amministratore della società fallita, mentre invece a gestire di fatto la società era stato un altro soggetto, con il quale non era risultato provato che Cazzolato fosse d’accordo.
L’amministratore formale può essere ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta solo se emerge che egli fosse consapevole della sottrazione e che avesse contezza dello scopo che si prefiggeva l’autore materiale della condotta. Sul punto non vi è, invece, alcuna motivazione nella sentenza di secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Quanto al primo motivo, non è esatto -come sostiene il ricorso -che la sentenza rescindente avesse messo in discussione anche la riconducibilità all’odierno imputato dell’occultamento delle scritture contabili; anzi, il primo motivo dell’originario ricorso, specificamente attinente alla responsabilità dell’imputato, era stato ritenuto manifestamente infondato.
Dunque, la stessa sentenza di annullamento della Quinta Sezione della Corte di cassazione in data 22.2.2023 ha espressamente affermato : che l’imputato era divenuto nel 2012 titolare effettivo della società, in quel momento già in passivo, e che al momento del passaggio di quote aveva un valore di beni di magazzino vicino ai 600.000 euro; che il curatore non aveva rinvenuto tali beni, da cui la bancarotta per distrazione a carico di Cazzolato, il quale non aveva dato dimostrazione della loro destinazione; c he l’imputato aveva ricevuto dal precedente titolare le scritture contabili e, tuttavia, non le aveva consegnate alla curatela.
Il profilo oggetto del rinvio, invece, era l’accertamento del dolo specifico richiesto per l’integrazione della fattispecie di bancarotta documentale integrata dall’occultamento delle scritture contabili .
Ciò premesso, la motivazione della pronuncia oggi impugnata è da ritenersi adeguata, in quanto desume il dolo specifico da una complessiva ricostruzione della vicenda, nel contesto della quale sono stati valorizzati in modo congruo una serie di elementi e di circostanze suscettibili di comprovare la valenza fraudolenta dell’occultamento delle scritture contabili, e cioè: la ‘sparizione’ nel giro di pochi mesi dei beni di magazzino per 600.000 euro dopo che l’imputato aveva rilevato un’azienda già in passivo ; il comportamento ambiguo e non veritiero del ricorrente con il curatore; la circostanza che COGNOME aveva in passato più volte ricoperto cariche amministrative in varie aziende, compreso il ruolo, oltre che di amministratore, di liquidatore (anche di qui, la sua consapevolezza).
In questo modo, la Corte di Appello di Torino ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/1/2023, COGNOME, Rv. 284304 – 01).
Il ricorso oppone genericamente una doglianza di mancanza di motivazione e di ‘ricaduta’ della pronuncia oggi impugnata nel vizio motivazionale della sentenza annullata, ma senza affatto individuare quale sarebbe la fallacia argomentativa del ragionamento dei giudici di secondo grado, i quali invece -in ossequio al principio di diritto indicato nella sentenza rescindente -hanno appropriatamente enumerato una pluralità di indici di fraudolenza, su cui hanno in modo coerente fondato la prova del dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori.
Le censure difensive, di contro, non arrivano ad inficiare la tenuta del percorso logicoinferenziale seguito dalla Corte d’Appello di Torino e, pertanto, devono essere disattese.
Consegue, da quanto appena considerato, la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
La prospettazione difensiva è evidentemente incompatibile con la ricostruzione della complessiva condotta dell’imputato -di cui s’è sopra detto come finalizzata ad occultare le consistenti operazioni distrattive e a precludere la possibilità di riordinare l’andamento dell’attività societaria, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori.
Integra, infatti, il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’ occultamento e l’omessa consegna della documentazione contabile quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (v. Sez. 5, n. 18320 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279179 -01).
È l’elemento della frode che traccia la linea di confine tra la bancarotta documentale di cui all’art. 216 legge fall., dalle ipotesi, che ne sono prive, di bancarotta semplice, previste dal successivo art. 217, il cui comma 2 incrimina l’omessa o irregolare tenuta dei libri contabili, sia essa volontaria o dovuta a mera negligenza (v. Sez. 5, n. 2900 del 2/10/2018, dep. 2019, Pisano, Rv. 274630-01).
Il secondo motivo di ricorso, pertanto, è inammissibile.
Alla luce di quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25.3.2025