Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36420 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36420 Anno 2025
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN PAOLO BEL SITO il DATA_NASCITA avverso l ‘ordinanza del 17/06/2025 del TRIBUNALE di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ; udito il difensore, AVV_NOTAIO del Foro di NOLA che ha chiesto l’annullamento dell ‘ordinanza impugnata, richiamandosi ai motivi ed alle conclusioni del ricorso, di cui ha chiesto l’accoglimento .
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame presentata dall’imputato avverso l’ordinanza 27 maggio 2025 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia cautelare in carcere in relazione a reati di turbativa d’asta, estorsione e bancarotta fraudolenta per distrazione.
Il ricorso dell’indagato formula i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce l’omessa motivazione (art. 606, lett. e, cod. proc. pen.) sulle argomentazioni della memoria difensiva presentata per l’udienza di riesame in ordine agli indizi di colpevolezza.
In particolare, con riferimento all’imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione, la difesa dell’imputato evidenzia che l’ordinanza è vittima di una lettura ‘ parziale ‘ dei fatti poiché, ad esempio, pur citando il passivo menzionato nella relazione della curatrice fallimentare, ignora l’attivo riportato nella stessa relazione. Non vi fu, in realtà, un illecito travaso di beni in quanto la vendita del ramo d’azienda a RAGIONE_SOCIALE fu legittima, autorizzata ed approvata dallo stesso giudice delegato. Inoltre, con la stipula della transazione avvenuta il 3 luglio 2024, sotto l’egida dell’autorità giudiziaria, la cessione del ramo d’azienda è stata più che adeguatamente remunerata, ciò che esclude qualsivoglia ipotesi di condotta distrattiva.
Né si può far questione di distrazione del complesso aziendale senza indicare beni e valori sottratti alla curatela anche alla luce del fatto che, in ogni caso, i fornitori della ditta individuale NOME COGNOME, dichiarata fallita, hanno proseguito i rapporti in essere attraverso la RAGIONE_SOCIALE, a conferma del mantenimento dell’avviamento, poi travasato nella RAGIONE_SOCIALE a seguito della definitiva assegnazione della gestione aziendale, con la procedura svoltasi sotto controllo dell’autorità giudiziaria .
Quanto alle ulteriori accuse (turbativa d’incanti ed estorsione), il quadro indiziario è insufficiente, poiché fondato sulla mera deposizione della persona offesa, senza suffragio esterno e senza vaglio d’attendibilità intrinseca della fonte d’accusa.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta l’omessa motivazione (art. 606, lett. e, cod. proc. pen.) in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Si contestano in primo luogo, le fonti (il contenuto decontestualizzato di una conversazione intercettata nonché elementi puramente illativi come il presunto sviamento della clientela o la sospetta collusione con la curatrice fallimentare) da cui sono state tratte le esigenze cautelari.
In particolare, poi, con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio ed al pericolo di recidiva, si evidenzia la carenza di concretezza ed attualità alla luce del fatto che non è sufficiente in base all’art. 274, lett. c, cod. proc. pen. ritenere altamente probabile che l’indagato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è necessario prevedere, nello specifico che tale occasione sia concreta ed effettiva. Nello specifico, gli elementi valorizzati dal Tribunale sono insufficienti al fine ed orientati alla generalizzazione delle esigenze, come traspare dalla enfatizzazione di un episodio (la stretta di mano tra la moglie dell’indagato e
un suo parente) indebitamente valorizzato come indicativo di una collusione criminosa tra i due.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, basato su motivi infondati o generici, va rigettato.
Infondato è il primo motivo, incentrato sulla contestazione della motivazione del provvedimento del Tribunale, in relazione alla sufficienza indiziaria del quadro accusatorio a carico dell’indagato, sia per quanto attiene alla ipotesi distrattiva, che per la turbativa d’asta e l’ estorsione.
Si tratta di una lunga elaborazione che, senza realmente contestare le premesse fattuali (quanto meno in relazione al reato ‘maggiore’ di bancarotta per distrazione), lamenta l’erronea interpretazione complessiva, prediligendo piuttosto una chiave di lettura sostanzialista e riduzionista della condotta ascritta al COGNOME, che ha consentito, alla fine, alla azienda di autotrasporto, di superare il ‘blocco’ derivante dal fallimento e, mantenendo l’avviamento, di essere trasferita nella società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Per quanto riguarda la turbativa d’asta e l’estorsione (vicende in un certo senso autonome), la critica al quadro ed alla gravità indiziaria parte dalla contestazione alla credibilità della persona offesa, fino a giungere alla rilettura del materiale intercettivo e delle videoriprese.
Tuttavia, in nessun punto del motivo, la critica alla decisione coglie la corretta prospettiva, utile ad essere considerata in questa sede. Si tratta, infatti, di considerazioni in ordine al ‘peso’ probatorio riconosciuto a ciascun elemento indiziario da parte del giudice, ovvero ‘dell’intrinseco’ della valutazione probatoria riservata al giudice di merito. Nulla a che vedere con il giudizio di cassazione, che si pone su un altro piano, di critica del provvedimento, sul piano motivazionale, in relazione all a presenza, nel provvedimento stesso, di uno dei vizi (elencati nell’art. 606, lett. e, cod. proc. pen.: mancanza, contraddittorietà o manifesta -e non ‘mera’, ‘semplice’ o ‘sola’ illogicità) che sono in grado d i ‘elevare’ o ‘spostare’ la critica, dal fatto alla legittimità.
Declinando tali principi con specifico riferimento al tema delle misure cautelari e delle relative impugnazioni, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è principio consolidato che alla Corte Suprema spetti il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito
abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare o negare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Ne consegue che l’indagine sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; sul punto si vedano Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/10, COGNOME, Rv. 248698, nelle quali questa Corte ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Alla luce di tali principi ermeneutici, l’esame del provvedimento impugnato porta ad escludere la sussistenza dei vizi denunciati nel ricorso, giacché il Tribunale ha analizzato adeguatamente, in relazione a ciascuno degli episodi sintetizzati nei capi di imputazione provvisori, il complesso indiziario disponibile. In assenza di vizi di illogicità argomentativa (che deve essere ‘manifesta’, ma che nel caso concreto non è stata nemmeno dedotta, essendocisi accontentati di contestare il merito della decisione) nel provvedimento impugnato, il motivo è infondato.
Un ‘ultima considerazione appare opportuna, in relazione alla contestazione di bancarotta per distrazione. La difesa pretende di superare ogni contestazione in merito alla distrazione sostenendo che, in definitiva, con la assegnazione della azienda decotta alla RAGIONE_SOCIALE, si sia avuta la ratifica dell’operato del COGNOME medio tempore , e che, anzi, il COGNOME abbia così evitato la dispersione dell’avviamento aziendale, a tutto vantaggio della curatela e degli interessi dei creditori. La tesi è errata in fatto ed in diritto. In fatto, perché essa circoscrivere al solo avviamento piuttosto che all’azienda, l’oggetto della discussione, per evidenziarne il mantenimento, tralasciando, ad esempio, il valore della cassa aziendale, non reperita dalla curatrice , o l’immobile o i mezzi, pacificamente utilizzati sine titulo ; ma soprattutto in diritto, perché pretende di giustificare ex post l’usurpazione del complesso aziendale (gli automezzi, gli immobili e l’avviamento contrattuale) che per oltre un anno (dal fallimento del settembre 2020 alla provvisoria assegnazione della fine dell’anno successivo) ha impedito alla curatela di procedere, come si legge nell’ordinanza, a pg. 4, all’esercizio provv isorio dell’a zienda ovvero al fitto della stessa.
Generico ed infondato è il secondo motivo di ricorso, che contesta concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, lamentando a sua volta genericità delle considerazioni poste a base dell’ordinanza impugnata, a fronte di una motivazione che affronta con serietà ed approfondimento la situazione concreta, evidenziando la pluralità delle condotte illecite e la spregiudicatezza e pericolosità sociale fuori del comune di chi, incensurato fino ad età matura, ha deciso, in nome del mantenimento della propria ‘creatura’ (cfr. sul punto le intercettazioni citate in motivazione, proprio con riferimento al periculum , a pg. 17), di ‘ stornare ‘ l’azienda stessa dalla curatela e di precludere ad altri la partecipazione alla gara per la sua assegnazione, quasi a delineare una ‘lotta per la sopravvivenza’ in cui non vi può essere alcuna remora alla recidiva.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 ottobre 2025
Il Consigliere relatore Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME COGNOME