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Bancarotta Fraudolenta: nesso causale non richiesto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14196 del 2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per configurare il reato, non è necessario dimostrare un nesso causale diretto tra gli atti di distrazione dei beni e il successivo fallimento. È sufficiente che l’amministratore abbia impoverito il patrimonio sociale a danno dei creditori, destinando risorse a scopi estranei all’attività d’impresa.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Patrimoniale: Non Serve Provare il Nesso con il Fallimento

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, offrendo importanti chiarimenti sulla configurazione del reato. La Suprema Corte ha stabilito che per la condanna non è necessario dimostrare un collegamento causale diretto tra le operazioni di distrazione di beni e la successiva dichiarazione di fallimento. Analizziamo insieme questa decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due fratelli, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Agli imputati veniva contestato di aver sottratto beni dal patrimonio della società, in particolare attraverso la cessione di alcuni immobili, causando un depauperamento ai danni dei creditori.

I giudici di merito avevano riconosciuto la responsabilità penale di entrambi, concedendo le circostanze attenuanti generiche ma condannandoli al pagamento di una pena e al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita.

I Motivi del Ricorso e la questione della bancarotta fraudolenta patrimoniale

Contro la sentenza d’appello, i due imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse censure.

Un primo imputato lamentava:
1. Un vizio di motivazione riguardo alla valutazione di alcune testimonianze.
2. L’erronea affermazione di responsabilità, sostenendo che nel periodo delle operazioni contestate la società non si trovasse in stato di insolvenza e che, quindi, mancasse un nesso causale con il dissesto.
3. Un’errata dosimetria della pena.

Il secondo imputato, invece, contestava l’affermazione di responsabilità in relazione alle specifiche cessioni immobiliari, cercando di ottenere una rivalutazione delle prove raccolte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, fornendo motivazioni nette e in linea con il suo consolidato orientamento giurisprudenziale.

Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo di ricorso del primo imputato. La Corte ha definito la tesi difensiva ‘manifestamente infondata’ poiché in palese contrasto con la giurisprudenza di legittimità. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 22474 del 2016), i giudici hanno ribadito che ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è necessaria la prova di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento.

In altre parole, il reato si configura per il solo fatto che l’agente abbia causato un impoverimento del patrimonio dell’impresa, destinando le sue risorse a scopi estranei all’attività sociale. L’atto distrattivo è penalmente rilevante in sé, in quanto pregiudica la garanzia patrimoniale offerta ai creditori, a prescindere dal fatto che sia stato la causa determinante del dissesto finale.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte li ha ritenuti inammissibili per la loro genericità o perché miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di estrema importanza per la tutela dei creditori e la repressione dei reati fallimentari. La decisione chiarisce che qualsiasi atto volto a sottrarre beni al patrimonio di un’impresa in difficoltà è potenzialmente un atto di bancarotta, anche se compiuto prima della formale dichiarazione di insolvenza e anche se non è l’unica causa del fallimento.

Questa interpretazione estensiva della norma mira a prevenire e sanzionare comportamenti opportunistici degli amministratori che, prevedendo il dissesto, tentano di mettere al riparo parte del patrimonio a scapito della collettività dei creditori. Per gli imprenditori, il messaggio è chiaro: la gestione del patrimonio sociale deve sempre essere improntata alla massima correttezza, poiché le condotte distrattive sono punibili per il solo fatto di aver diminuito la garanzia per i creditori.

Per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale è necessario che l’atto di distrazione dei beni abbia causato il fallimento dell’azienda?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’agente abbia causato un impoverimento dell’impresa, destinando le sue risorse a scopi estranei all’attività aziendale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove, come le testimonianze?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può rivalutare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, a meno che non vengano dedotti specifici travisamenti di emergenze processuali.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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