Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21864 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21864 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 20/04/2023 della Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le richieste del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che h depositato una memoria con motivi aggiunti e ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari – ha parzialmente riformato la sentenza del 21 marzo 2018 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sassari che, per quanto di interesse in questa sede, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e
documentale e, applicate le circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i due reati lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
In particolare, la Corte di appello ha unificato, ai fini sanzionatori, le du condotte di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in un solo delitto di bancarotta fraudolenta aggravato ai sensi dell’art. 219, secondo comma, n. 1, r.d. n. 267 del 1942 e, ritenute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante ed applicata la riduzione di pena per la scelta del rito, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione.
Inoltre, ha condannato il COGNOME alle pene accessorie di cui all’ultimo comma dell’art. 216 r.d. n. 267 del 1942 per una durata pari a quella della pena principale, la cui applicazione era stata omessa dal Giudice di primo grado, confermando nel resto la sentenza impugnata.
All’esito del giudizio di appello il COGNOME risulta condannato per avere, quale amministratore unico dal 27 marzo 2007 al 27 novembre 2008 della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 16 aprile 2008, distratto la somma di euro 21.202,46 euro dal conto della società, di cui euro 11.196,96 mediante addebiti su una carta di credito intestata alla predetta società ed euro 10.005,50 mediante bonifico disposto in proprio favore, nonché per avere sottratto le scritture contabili.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della carenza, illogicità contraddittorietà della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilità per la condotta di bancarotta fraudolenta distrattiva attuata mediante gli addebiti sulla carta di credito.
Denuncia il ricorrente che la Corte di appello ha affermato che tali addebiti sarebbero incongrui e non pertinenti senza indicare le ragioni di tali valutazioni.
Egli aveva nell’atto di appello giustificato ogni spesa effettuata, trattandosi di esborsi tracciati proprio perché effettuati con carta di credito.
A fronte di tali specifiche giustificazioni, la Corte si è limitata a motivare suo convincimento sulla natura distrattiva degli esborsi evidenziando lo stato di dissesto in cui versava la società, elemento che non aveva alcuna attinenza con la pertinenza della spesa; né sotto tale profilo poteva rilevare la congruenza della spesa rispetto alle condizioni economiche della società.
La motivazione fornita risulta, quindi, apodittica ed elusiva rispetto all censure formulate con l’atto di appello.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla affermazione di penale responsabilità per la condotta di bancarotta fraudolenta distrattiva attuata
mediante il bonifico in proprio favore, nonché violazione di legge per non avere qualificato giuridicamente detta condotta quale bancarotta preferenziale.
Anche in ordine al pagamento del proprio compenso, il COGNOME sostiene che la Corte di appello avrebbe affermato la sua illiceità limitandosi ad evidenziare lo stato di crisi in cui versava la società, senza indicare sulla base di quali crit l’esborso dovrebbe ritenersi non pertinente ed incongruo.
Inoltre, la Corte di appello ha erroneamente qualificato il fatto quale bancarotta fraudolenta distrattiva, mentre esso integrava, semmai, una bancarotta preferenziale; a tale proposito la Corte di appello ha attribuito decisivo rilievo allo stato di dissesto in cui versava la società.
In particolare, il ricorrente sostiene, richiamando la giurisprudenza di questa Corte di cassazione in tema di bancarotta fraudolenta, che spetta al giudice di merito verificare se, in assenza di una delibera assembleare o di una quantificazione statutaria del compenso per l’attività svolta, cui ha diritto soggetto che abbia ritualmente accettato la carica di amministratore di una società di capitali, il prelevamento da parte di quest’ultimo cli denaro dalle casse della società in dissesto configuri il delitto di bancarotta preferenziale diversamente, quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato o meno a una prestazione effettiva e il prelievo sia o meno congruo rispetto all’impegno profuso (Sez. 5, n. 36416 del 11/05/2023, Ciri, Rv. 285115) e che nel caso di specie non è stata fornita una persuasiva giustificazione circa la non congruità del compenso.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della carenza, illogicità contraddittorietà della motivazione in ordine alla affermazione di penale responsabilità per la condotta di bancarotta fraudolenta documentale.
Il ricorrente evidenzia che la Corte di appello, nel motivare il rigett dell’impugnazione, ha affermato che il COGNOME aveva allegato la perdita a lui non imputabile delle scritture contabili e che tuttavia tale circostanza era rimasta indimostrata e denuncia di non aver mai dedotto, nel corso del processo, di avere perso le scritture contabili, avendo invece sostenuto di avere consegnato le scritture, da lui regolarmente tenute, al nuovo amministratore e coimputato NOME COGNOME, cosicché la motivazione addotta dalla Corte di merito risulta incongrua e meramente apparente, non essendosi la Corte territoriale mai confrontata con le doglianze effettivamente proposte dall’appellante.
Con il gravame egli aveva dedotto che il nuovo amministratore, COGNOME, non gli aveva mai richiesto le scritture contabili, né nella immediatezza del passaggio delle consegne, né successivamente, e da tale omissione poteva desumersi che le scritture fossero state consegnate.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione del divieto di
reformatio in peius, per avere la Corte di appello, in assenza di gravame del pubblico ministero, condannato l’imputato alle pene accessorie fallimentari, la cui applicazione era stata omessa dal Giudice di primo grado.
Il difensore del ricorrente ha fatto pervenire una memoria contenente nuovi motivi, per ribadire la fondatezza dei motivi di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello afferma che l’odierno ricorrente avrebbe giustificato l’omessa consegna delle scritture contabili asserendo di averne perso la disponibilità per una causa a lui non imputabile e che, tuttavia, tale assunto sarebbe rimasto indimostrato.
In realtà, l’imputato, durante il corso del processo, ha sempre sostenuto di avere, all’atto della sua cessazione dalla carica di amministratore unico nel 2008, consegnato le scritture al nuovo amministratore, NOME COGNOME.
La stessa Corte territoriale dà atto, nella sentenza impugnata, che con il quarto motivo dell’atto di appello il COGNOME ha espresso le sue doglianze in ordine al rilievo probatorio attribuito dal Tribunale alle dichiarazioni dello COGNOME, che aveva, invece, negato di avere mai ricevuto in consegna dette scritture; in particolare, il COGNOME ha segnalato che lo COGNOME, essendo coimputato nel medesimo processo, aveva interesse a scaricare su di lui ogni responsabilità; a sostegno della avvenuta consegna delle scritture allo COGNOME, il COGNOME ha pure addotto una serie di elementi di prova, anche di natura logica.
Inoltre, ha evidenziato che la bancarotta fraudolenta documentale mediante sottrazione delle scritture contabili richiede il dolo specifico, diversamente dalla bancarotta fraudolenta documentale generica, attuata tenendo le scritture contabili in guisa da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, che postula, però, che le scritture siano state rinvenute ed esaminate dagli organi fallimentari.
La Corte di appello asserendo che il COGNOME non avrebbe mai dimostrato la sua affermazione di avere perso la disponibilità delle scritture contabili per causa di forza maggiore, ha fornito una motivazione assolutamente incongrua ed illogica e comunque non ha fornito alcuna risposta al motivo di appello nella parte in cui si indicavano diversi elementi a sostegno dell’avvenuta consegna allo COGNOME delle scritture contabili.
Fondato risulta anche il primo motivo di ricorso.
Il ricorrente, con l’atto di appello, ha Fornito giustificazioni specifiche i ordine agli esborsi effettuati con la carta di credito intestata alla società evidenziando le ragioni per le quali diversi di essi erano sicuramente riconducibili a spese sostenute nell’interesse della società e comunque pertinenti all’oggetto sociale, come le spese sostenute per la vidimazione delle scritture contabili ad opera di un notaio, le spese per rifornire di carburante le autovetture della società, svolgente attività di autonoleggio senza conducente, o le spese, per voli aerei e biglietto di ingresso, sostenute per partecipare alla RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto la Corte di merito non fornisce una risposta specifica, limitandosi ad affermare apoditticamente che trattasi di esborsi ingiustificati perché «non hanno alcuna attinenza con un trasporto di terzi con conducente», senza giustificare affatto tale affermazione chiarendo perché tali spese sarebbero estranee alla gestione dell’impresa, e perché pregiudizievoli per il ceto creditorio.
Anche in questo caso la Corte territoriale non ha assolto il suo dovere motivazionale.
3. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Come osservato dal ricorrente, compete al giudice di merito verificare se, in assenza di una delibera assembleare o di una quantificazione statutaria del compenso per l’attività svolta, cui ha diritto il soggetto che abbia ritualmente accettato la carica di amministratore di una società di capitali, il prelevamento da parte di quest’ultimo di denaro dalle casse della società in dissesto configuri il delitto di bancarotta preferenziale o, diversamente, quello di bancarotta fraudolenta per distrazione, a seconda che il diritto al compenso sia correlato o meno a una prestazione effettiva e il prelievo sia o meno congruo rispetto all’impegno profuso (Sez. 5, n. 36416 del 11/05/2023, Ciri, Rv. 285115).
Nel caso di specie, la Corte di appello ha fatto riferimento a criteri diversi da quelli sopra indicati, come lo stadio iniziale dell’attività imprenditoriale, gli scar profitti e la debolezza patrimoniale della società.
4. Fondato è pure il quarto motivo di ricorso.
L’art. 183 disp. att. cod. proc. pen. prevede che «quando alla condanna consegue di diritto una pena accessoria predeterminata dalla legge nella specie e nella durata, il pubblico ministero ne richiede l’applicazione al giudice dell’esecuzione se non si è provveduto con la sentenza di condanna».
Detta disposizione indica due necessari presupposti applicativi della relativa procedura: la pena accessoria deve conseguire di diritto alla condanna; la pena accessoria deve essere predeterminata dalla legge nella specie e nella durata.
Si tratta di condizioni evidentemente ritenute dal legislatore necessarie per l’intervento in fase esecutiva, in quanto comportano l’insussistenza di alcuna valutazione discrezionale sull’applicabilità e la commisurazione della pena accessoria.
Laddove non sussistano tali condizioni, la applicazione della pena accessoria non può essere disposta dal giudice dell’esecuzione e, correlativamente, deve ritenersi che neppure essa possa essere attuata dal giudice di appello in assenza di impugnazione del pubblico ministero, integrando in questa ipotesi siffatto intervento correttivo una reformatio in peius della decisione cli primo grado, non consentita dall’art. 597 cod. proc. pen.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
P.Q.M.,
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per . nuovo esame alla Corte di appello di Cagliari.
Così deciso il 26/03/2024.