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Bancarotta fraudolenta: l’uso gratuito del leasing

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di un amministratore che ha concesso l’uso gratuito di un bene in leasing a un’altra società da lui gestita, mentre la società poi fallita continuava a pagarne i canoni. La Corte ha chiarito che la distrazione riguarda le risorse economiche usate per i canoni, non l’immobile stesso. È stato confermato anche il reato di bancarotta impropria per aver aggravato il dissesto ritardando la richiesta di fallimento.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: L’Uso Gratuito del Leasing è Reato?

La gestione dei beni aziendali, specialmente quando si naviga in acque finanziarie turbolente, richiede la massima attenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6393/2024) ha ribadito principi cruciali in materia di bancarotta fraudolenta, chiarendo come anche la gestione di un contratto di leasing possa integrare una condotta penalmente rilevante. L’analisi della Suprema Corte offre spunti fondamentali per amministratori e professionisti del settore, delineando i confini tra gestione aziendale lecita e distrazione di attivi.

Il Caso: Distrazione di Risorse tramite Contratto di Leasing

Il caso esaminato riguarda l’amministratore unico di una S.r.l., successivamente dichiarata fallita. L’imputato è stato condannato in primo e secondo grado per due distinti reati:

1. Bancarotta fraudolenta distrattiva: per aver concesso in comodato d’uso gratuito un immobile, detenuto dalla società in forza di un contratto di locazione finanziaria (leasing), a un’altra società da lui stesso amministrata. Nel frattempo, la società fallita continuava a pagare i canoni di leasing, depauperando così il proprio patrimonio senza alcun corrispettivo economico.
2. Bancarotta impropria semplice: per aver aggravato il dissesto della società, astenendosi dal richiedere il fallimento nonostante la cessazione di ogni attività aziendale da anni.

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza di entrambi i reati.

I Motivi del Ricorso e la Tesi della Difesa

La difesa dell’imputato ha sostenuto che la condotta non configurasse una vera e propria distrazione. In particolare, si affermava che:

* L’immobile in leasing non era mai entrato a far parte del patrimonio della società fallita, pertanto i creditori non avrebbero mai potuto fare affidamento su di esso.
* L’oggetto della distrazione non poteva essere l’immobile, ma al massimo le somme utilizzate per pagare i canoni. Somme che, comunque, non avrebbero garantito il ceto creditorio a causa della natura privilegiata del credito della società di leasing.
* La condotta, al più, si sarebbe potuta configurare come una meno grave bancarotta preferenziale.
* Mancava l’elemento soggettivo del reato, poiché erano in corso trattative per trasferire il debito del leasing alla nuova società utilizzatrice.

L’Analisi della Corte sulla Bancarotta Fraudolenta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive. La sentenza ha chiarito in modo inequivocabile la natura della condotta distrattiva.

Oggetto della Distrazione: Non l’Immobile, ma le Risorse Finanziarie

Il punto centrale della decisione è la corretta identificazione dell’oggetto della distrazione. La Corte ha specificato che il reato non consisteva nell’aver sottratto l’immobile (che giuridicamente apparteneva alla società di leasing), bensì nell’aver distratto le risorse economiche della società, quantificate nei canoni di leasing versati (pari a 41.000 euro), per garantire un godimento gratuito del bene a un’altra entità giuridica. Questa operazione, priva di qualsiasi giustificazione economica per la società fallita, ha rappresentato un danno concreto per i creditori, i quali sono stati privati di somme che avrebbero potuto soddisfare, almeno in parte, le loro pretese.

L’Elemento Soggettivo nella Bancarotta Fraudolenta

Per quanto riguarda l’intento colpevole, la Cassazione ha richiamato il principio consolidato delle Sezioni Unite, secondo cui per la bancarotta fraudolenta per distrazione è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza o lo scopo specifico di recare pregiudizio ai creditori. È sufficiente la volontà consapevole di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte. L’amministratore, scegliendo di usare le risorse della società per favorirne un’altra a titolo gratuito, ha consapevolmente impresso a tali risorse una finalità estranea agli interessi sociali.

La Questione dell’Aggravamento del Dissesto

Anche la censura relativa al reato di bancarotta impropria è stata giudicata infondata. La Corte d’appello aveva correttamente evidenziato come, nonostante la formale cessazione dell’attività nel 2013, l’esposizione debitoria della società non solo non era diminuita, ma era cresciuta fino a raggiungere la considerevole cifra di circa 750.000 euro nel 2015. L’inerzia dell’amministratore nel non richiedere il fallimento ha avuto un’efficacia causale diretta nell’aggravamento di tale dissesto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato perché non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della sentenza d’appello e con la giurisprudenza consolidata. Per la bancarotta distrattiva, la Corte ha sottolineato che cedere gratuitamente un contratto di leasing oneroso per la società fallita costituisce reato se la prosecuzione del rapporto avrebbe potuto rappresentare una risorsa economica per i creditori. L’oggetto della distrazione sono le somme pagate senza contropartita. Per la bancarotta impropria, l’aumento del debito dopo la cessazione dell’attività dimostra il nesso causale tra l’omessa richiesta di fallimento e l’aggravamento del dissesto. La genericità delle critiche mosse dalla difesa ha portato alla dichiarazione di inammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce una lezione fondamentale per gli amministratori: ogni operazione societaria deve avere una giustificazione economica nell’interesse dell’impresa. L’utilizzo di risorse aziendali a vantaggio di terzi, specialmente se a titolo gratuito e in un contesto di difficoltà finanziaria, espone a gravi rischi penali. La decisione chiarisce che la bancarotta fraudolenta può configurarsi anche attraverso l’abuso di contratti come il leasing, quando si distraggono le risorse destinate a pagarne i canoni. Inoltre, conferma che l’amministratore ha il dovere di agire tempestivamente di fronte a una crisi irreversibile, poiché l’inerzia che aggrava il dissesto è, a sua volta, penalmente sanzionata.

Cedere gratuitamente l’uso di un bene in leasing costituisce bancarotta fraudolenta?
Sì, secondo la sentenza costituisce bancarotta fraudolenta per distrazione se la società che cede il bene continua a pagare i canoni di leasing senza ricevere alcun corrispettivo. In questo modo, si sottraggono risorse economiche al patrimonio sociale a danno dei creditori.

Qual è l’oggetto della distrazione in un caso di bancarotta fraudolenta legato a un contratto di leasing?
L’oggetto della distrazione non è il bene fisico (che non appartiene alla società utilizzatrice), ma le somme di denaro utilizzate per pagare i canoni di leasing. Queste somme vengono distratte dalla loro funzione di garanzia per i creditori per avvantaggiare un terzo a titolo gratuito.

Per la bancarotta fraudolenta è necessario l’intento specifico di danneggiare i creditori?
No, non è necessario. La Corte ha ribadito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella prevista a garanzia delle obbligazioni, indipendentemente dalla specifica intenzione di pregiudicare i creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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