Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29026 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29026 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MACERATA il 03/11/1966
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, che ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ascoli Piceno in ordine ai delitti di bancarotta fraudolenta societaria di tipo patrimoniale e documentale;
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente eccepisce l’inosservanza dei termini di cui all’art. 601 cod. proc. pen. per la notificazione del decreto di citazione nel grado di appello – è manifestamente infondato in quanto prospetta violazioni di norme processuali tardivamente dedotte, non avendo provveduto ad eccepire la suddetta nullità con le note conclusionali depositate in data 27 settembre 2024; in tal senso basti richiamare Sez. U, n. 42125 del 27/06/2024, Cirelli, 287096 – 02, per le quali nei giudizio di appello, il mancato rispetto del termine a comparire previsto dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, relativa all’intervento dell’imputato, che deve essere rilevata o eccepita entro i termini previsti dall’art. 180 cod. proc. pen. e, quindi, prima della deliberazione della sentenza di secondo grado;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente si duole del vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati in assenza dell’elemento oggettivo e soggettivo, nonché della certezza circa l’identità dell’autore dei fatti, risultando l’imputato quale mero prestanome subentrato al precedente
amministratore che aveva commesso i delitti in contestazione – è inammissibile. Infatti, la doglianza è riproduttiva di censure già adeguatamente vagliate dai giudici di merito e volte ad ottenere una non consentita rivalutazione degli elementi probatori, a fronte di una coerente e puntuale motivazione resa dalla Corte di appello, la quale ha evidenziato come la figura dell’imputato non sia mai apparsa come qulla di un prestanome, né egli si sia presentato come tale, il che risulta escluso anche dalle deposizioni testimoniali in atti. In particolare, la Corte di appello cita la vendi di una cucina e l’esistenza di altra – poi non rinvenute dalla curatela – nella disponibilità di COGNOME, che contrattava per la vendita con COGNOME, a riprova del ruolo di amministrazione effettiva svolto dall’imputato. Si tratta di motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria, riscontrata anche dall’esistenza della documentazione commerciale relativa alla vendita della cucina, documentazione con la quale il ricorrente non si confronta. La comprovata attività di gestione effettiva da parte dell’amministratore COGNOME ne esclude un ruolo solo figurativo, il che rileva anche quanto all’omesso rinvenimento delle scritture contabili. A riguardo, le stesse sono state sottratte e, quand’anche non consegnate all’imputato, lo stesso avrebbe dovuto istituirle nuovamente per il periodo di propria gestione: infatti, se l’interesse pubblico è quello che in sede di procedura fallimentare sia data la possibilità di una ricostruzione esatta in termini giuridici ed economici, l’argomento che sia intervenuta una mancata consegna della documentazione dal vecchio al nuovo amministratore come sostiene la difesa, Citando un brano della testimonianza che sarebbe stata oggetto di travisamento, censura comunque come formulata in sé non consentita in tale forma (cfr. ex multis Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, COGNOME, rv 241023; Sez. 3, n. 19957/17 del 21 settembre 2016, COGNOME, Rv. 269801) – non è decisivo. Difatti, solo di fronte alla forza maggiore l’imprenditore è esonerato da responsabilità, mentre quanto al periodo successivo l’onere dello stesso è quello di istituire nuovamente le scritture contabili fino alla cessazione, non solo sostanziale ma formale dell’impresa, dunque fino alla cancellazione dal relativo registro (Sez. 5, n. 20514 del 22/01/2019, Martino, Rv. 275261 – 01; conf. n. 15516 del 2011 Rv. 250086 – 01, n. 35168 del 2005 Rv. 232572 – 01, n. 20911 del 2011 Rv. 250407 01, n. 4727 del 2000 Rv. 215985 – 01). Per altro la fattispecie di reato di omessa istituzione delle scritture è equiparata a quella di sottrazione, il che rileva ai fini d coefficiente soggettivo richiesto, integrandosi la bancarotta fraudolenta documentale di tipo specifico, consistente nella condotta di sottrazione, occultamento e falsificazione delle scritture contabili, nonché di omessa tenuta delle stesse (condotta assimilata dalla giurisprudenza consolidata -alle ipotesi previste dalla norma incriminatrice) che devono essere ‘sostenute’, secondo la lettera della prima parte dell’art. 216, comma 2, n. 1, legge fall., dal dolo specifico, consistente nello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o a altri un ingiusto profitto. Infatt Corte di Cassazione – copia non ufficiale
proprio la natura specifica del dolo, è stato osservato, in ordine alla condotta di omessa tenuta, consente di distinguere fra la bancarotta fraudolenta documentale e quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sott il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, COGNOME e altri, Rv. 252992). A riguardo la Corte territoriale evidenzia la sussistenza di una connessione probatoria forte fra le condotte distrattive e quella di bancarotta documentale di tipo specifico, il che risponde pianamente al principio fissato da Sez. 5 Gualandri, fol. 12 e ss. della motivazione, che ha osservato come «… gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica, o del dolo generico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica, non possono certamente coincidere con la mera scomparsa dei libri contabili o con la sola tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari – e, quindi, rende evidente come, in concreto, a fronte di fenomeni di distrazione, la prova della bancarotta documentale risulti indiscutibilmente più agevole. Sicché, a fronte del dato fenomenico descritto dalla norma incriminatrice, ulteriori circostanze devono essere, volta per volta, individuate dai giudici di merito, funzionali a circoscrivere, in un caso, la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitt ovvero di recare pregiudizio ai creditori, ovvero, nell’altro, la consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile sia in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio. Appare evidente come tra le suddette circostanze assuma un rilievo fondamentale la condotta del fallito, nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa, nel senso che, una volta accertati fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il giudice di merito potrà, del tutto ragionevolmente, ricollegare, sul piano probatorio, la logica presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è, di regola, funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale, ovvero che l’omessa tenuta della contabilità, o le condotte ad essa equivalenti, sia funzionale alla detta dissimulazione di atti depauperativi, allo scopo di arrecare un pregiudizio ai creditori o avvantaggiare il fallito, ovvero terzi» (Sez. 5 n. 15743 del 18/01/2023, COGNOME, Rv. 284677 – 02, in motivazione, che cita Sez. 5, n. 26613 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276910; Sez. 5, n. 23251 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 262384). Il motivo è pertanto manifestamente infondato oltre che non consentito quanto alla denuncia di travisamento; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 2 luglio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente