Bancarotta Fraudolenta: L’Intoccabilità della Sentenza di Fallimento nel Giudizio Penale
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel campo dei reati fallimentari, in particolare per la bancarotta fraudolenta. La Suprema Corte ha stabilito che la sentenza dichiarativa di fallimento, emessa in sede civile, costituisce un presupposto intoccabile per il giudice penale. Quest’ultimo, pertanto, non può riesaminarne la validità o i presupposti. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un imprenditore veniva condannato in primo grado e in appello per concorso in bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva. La Corte d’Appello, pur riducendo la durata delle pene accessorie, aveva confermato la condanna alla reclusione. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi, tra cui la presunta estinzione del reato per prescrizione e, soprattutto, l’illegittimità della stessa dichiarazione di fallimento nei suoi confronti.
I Motivi del Ricorso e la Risposta della Cassazione
Il ricorrente ha articolato la sua difesa su più fronti, tutti respinti dalla Suprema Corte.
La Questione della Prescrizione
Il primo motivo di ricorso riguardava la prescrizione. L’imputato sosteneva che il termine massimo fosse scaduto. La Corte, tuttavia, ha rigettato questa tesi con un semplice calcolo: tenendo conto della data di commissione del fatto (15.04.2011) e dei giorni di sospensione del procedimento, il termine massimo di prescrizione sarebbe scaduto il 14.12.2023, data successiva alla pronuncia della sentenza di appello. Il motivo è stato quindi giudicato manifestamente infondato.
Bancarotta Fraudolenta e Insindacabilità della Sentenza di Fallimento
Il punto centrale del ricorso era l’argomentazione secondo cui l’imputato, avendo ceduto le sue quote e dimessosi dalla carica di amministratore, doveva essere considerato un “piccolo imprenditore” e, come tale, non soggetto a fallimento. Di conseguenza, secondo la difesa, la sentenza di fallimento era illegittima e il giudice penale avrebbe dovuto tenerne conto.
La Cassazione ha stroncato questa linea difensiva, richiamando un principio consolidato e affermato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 19601/2008): il giudice penale investito di un giudizio per reati di bancarotta fraudolenta non può sindacare i presupposti e le condizioni di fallibilità dell’imprenditore. La sentenza dichiarativa di fallimento è un dato di fatto, un presupposto del reato che il giudice penale deve solo accertare, senza poterne valutare la legittimità.
La Valutazione del Contributo Personale al Reato
L’imprenditore sosteneva anche di non aver contribuito al reato, non essendo più titolare di quote societarie al momento dei fatti. Anche questo motivo è stato giudicato generico e assertivo. La Corte ha sottolineato come la sentenza impugnata avesse già logicamente spiegato che l’imputato, dopo aver ceduto le quote, le aveva riacquistate a distanza di un solo mese, riprendendo di fatto l’amministrazione e la rappresentanza della società. Questo dimostrava la continuità del suo ruolo e, di conseguenza, la sua responsabilità.
Il Diniego delle Circostanze Attenuanti
Infine, il ricorrente lamentava la mancata concessione delle attenuanti, sia quella della speciale tenuità del danno che quelle generiche. La Corte ha dichiarato il motivo inammissibile, spiegando che la valutazione delle attenuanti è un giudizio di merito che non può essere contestato in sede di legittimità se la motivazione del giudice d’appello è logica e conforme alla legge, come nel caso di specie.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su una netta separazione delle competenze giurisdizionali. La valutazione dei requisiti per la dichiarazione di fallimento spetta esclusivamente al tribunale fallimentare (sezione specializzata del tribunale civile). Una volta che tale sentenza è divenuta irrevocabile, essa acquisisce un’autorità che il giudice penale non può mettere in discussione. Il suo compito è diverso: accertare se, dato quello stato di insolvenza dichiarato, l’imprenditore abbia commesso atti penalmente rilevanti, come la distrazione o l’occultamento di beni aziendali, tipici della bancarotta fraudolenta. Permettere al giudice penale di riesaminare la sentenza di fallimento creerebbe incertezza giuridica e conflitti tra giudicati. Pertanto, la Corte dichiara il ricorso inammissibile in ogni sua parte, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un caposaldo della giurisprudenza in materia di reati fallimentari. Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: la strategia difensiva in un processo per bancarotta fraudolenta non può fondarsi sulla contestazione della legittimità del fallimento. Qualsiasi obiezione in tal senso deve essere sollevata nelle sedi competenti, ovvero durante il procedimento fallimentare stesso. Nel processo penale, la difesa deve concentrarsi sull’assenza degli elementi costitutivi del reato, come la mancanza dell’elemento soggettivo (il dolo) o l’inesistenza di una condotta distrattiva, e non sul presupposto del reato, che rimane un pilastro inattaccabile.
Un imputato per bancarotta fraudolenta può contestare la legittimità della sentenza di fallimento nel processo penale?
No. La Corte di Cassazione, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, ha stabilito che il giudice penale non può sindacare i presupposti e le condizioni che hanno portato alla dichiarazione di fallimento, la quale costituisce un presupposto del reato.
La cessione delle quote societarie esclude automaticamente la responsabilità per bancarotta fraudolenta?
No, non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto irrilevante la cessione temporanea, poiché l’imputato aveva riacquistato le quote e ripreso il controllo della società solo un mese dopo, dimostrando la continuità del suo ruolo gestorio.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è manifestamente infondato, oppure quando si limita a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito senza evidenziare vizi di legittimità (come una motivazione illogica o contraddittoria), o quando è formulato in modo generico e assertivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30857 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30857 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CESENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte d appello di Bologna, che, riducendo la durata delle pene accessorie, confermato nel resto la sentenza del giudice di primo grado, con la qu l’imputato è stato ritenuto responsabile di concorso nei reati di banc fraudolenta documentale e distrattiva e riconosciuta l’aggravante di cui al 219 I.fall, lo ha condannato, riconosciuta la diminuente per la scelta del rit pena (non sospesa) di anni due e mesi due di reclusione oltre pene accessorie;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorr lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine a mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato atteso che, nel caso di specie, considerando quale data di commissione del fa il 15.04.2011 e tenuto conto dei giorni di sospensione pari a 60 (rinvio legittimo impedimento), si giunge al termine massimo di prescrizione d 14.12.2023 (successivo alla pronuncia della Corte di Appello);
considerato che, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denunz vizi di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, lamentando particolare, l’insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimen suoi confronti in quanto dismesso dalle qualità di socio e di amministratore via della cessione delle proprie quote e, quindi, considerabile semplicemente piccolo imprenditore. Nella specie, il ricorrente ritiene che la qualità di imprenditore non sia assoggettabile a sentenza dichiarativa di fallimento quale, pur se irrevocabile, non avrebbe efficacia di giudicato nel processo pe e che, in ogni caso, il giudice penale avrebbe dovuto valutare anche tali as al fine di accertare la verità sostanziale. Tale motivo è manifestam infondato, atteso che l’orientamento giurisprudenziale su cui l’imputato ba proprie doglianze è stato da tempo superato e, infatti, sul punto, intervenute anche le Sezioni Unite, affermando che il giudice penale – invest del giudizio inerente a reati di bancarotta – non può sindacare i presup necessari per dichiarare lo stato di insolvenza e le condizioni di fall dell’imprenditore (Sez. U, n. 19601 del 28.02.2008, Niccoli, Rv. 239398-01);
considerato che il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con i qua ricorrente denunzia vizi di motivazione in ordine all’affermazione responsabilità, lamentando l’insussistenza dell’elemento oggettivo e di un prop contributo nella commissione del fatto, non essendo lo stesso più titolar quote societarie, sono estremamente generici e assertivi e privi dei requ prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a f una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta – con cui si mette in risalto che l’imputato, dopo aver ceduto le quote, a distanza di un
le ha riacquistate, riprendendo così l’amministrazione e la rappresentanza d società – non vengono indicati a fondamento delle censure formulate, specifich contestazioni non consentendo, così, alcuna valutazione in merito;
considerato che il quinto motivo, con il quale il ricorrente denunzia viz motivazione in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuant della speciale tenuità del danno di cui all’art. 219 ult. co . legge fall. e delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimit quanto affidato a deduzioni prive di confronto con il tenore della motivazi rassegnata a sostegno della statuizione censurata; la Corte di merito ha in specificato, con motivazione conforme alla legge e ai canoni della logica aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen a (pag. 6) / le ragioni che hanno impedito la concessione delle circostanze attenuanti e t motivazione , dunque, sfugge al sindacato di questa limitato, per espre volontà del legislatore, al riscontro dell’esistenza di un logico ap argomentativo (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 giugno 2024
Il Copsigliere estensore
Il Presidente