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Bancarotta fraudolenta: l’extraneus risponde del reato

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva a carico di un soggetto ‘extraneus’, figlio dell’amministratore della società fallita. L’imputato aveva distratto fondi dalla società in crisi a favore di un’altra a lui riconducibile. La Corte ha ritenuto irrilevante la tesi difensiva basata su crediti maturati in un periodo successivo e per operazioni diverse da quelle contestate, confermando la solidità della ricostruzione accusatoria basata sulla cosiddetta ‘doppia conforme’ dei giudizi di merito.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Distrattiva: La Responsabilità dell’Extraneus

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 32932/2025 offre un’importante lezione sulla bancarotta fraudolenta distrattiva e, in particolare, sulla responsabilità di chi, pur essendo esterno alla compagine sociale (il cosiddetto extraneus), concorre alla spoliazione dei beni di un’impresa destinata al fallimento. Questo caso evidenzia come i legami familiari e la gestione incrociata di più società possano creare le condizioni per illeciti complessi, e come la giustizia riesca a far luce su operazioni finanziarie opache.

I fatti del caso: una distrazione mascherata da errore contabile

Al centro della vicenda vi è l’amministratore di una società (chiamiamola Società B), nonché figlio dell’amministratore di un’altra società in crisi (Società A), poi fallita. Secondo l’accusa, confermata in primo e secondo grado, l’imputato avrebbe commesso il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva in concorso con il padre.

In concreto, durante la procedura di concordato preventivo della Società A, una somma complessiva di oltre 146.000 euro sarebbe stata trasferita dai conti correnti di quest’ultima a quelli della Società B. La giustificazione formale di tali trasferimenti era una presunta “errata canalizzazione” di pagamenti. Tuttavia, le indagini del commissario giudiziale e del curatore fallimentare hanno dimostrato che solo una parte di tali somme era legittima. Al netto delle restituzioni e delle fatture corrispondenti, è stato accertato un importo distratto pari a 78.117,32 euro, a danno dei creditori della società fallita.

La tesi difensiva e la bancarotta fraudolenta distrattiva

La difesa del ricorrente ha tentato di smontare l’impianto accusatorio sostenendo che i trasferimenti di denaro fossero giustificati. In particolare, ha prodotto un provvedimento del giudice delegato al fallimento che riconosceva un credito di 100.000 euro della Società B verso una terza società cliente, credito che sarebbe stato erroneamente incassato dalla Società A. Secondo la difesa, questo dimostrerebbe la buona fede e la legittimità dei flussi finanziari.

Tuttavia, il motivo di ricorso è stato giudicato dalla Cassazione come basato su una motivazione “meramente apparente”, in quanto non si confrontava con la precisa ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per bancarotta fraudolenta distrattiva. La decisione si fonda su un’attenta analisi della cronologia e della natura delle operazioni finanziarie, distinguendo nettamente i fatti contestati dalle circostanze addotte dalla difesa.

Le Motivazioni

I giudici hanno sottolineato un punto decisivo: il credito di 100.000 euro vantato dalla Società B, e riconosciuto dal giudice delegato, si riferiva a bonifici effettuati da un cliente in un periodo successivo alla dichiarazione di fallimento (maggio e giugno 2021). Al contrario, la distrazione contestata si era consumata in un arco temporale precedente (tra febbraio e dicembre 2020), durante la fase di concordato preventivo.

Di conseguenza, l’argomento difensivo è stato ritenuto del tutto irrilevante. Non è possibile giustificare una precedente sottrazione di fondi facendo leva su un credito sorto successivamente e per operazioni commerciali distinte. La Corte ha ribadito la solidità della ricostruzione dei giudici di primo e secondo grado (la cosiddetta “doppia conforme”), basata su dati bancari e scritture contabili, che aveva già isolato l’importo netto distratto di 78.117,32 euro.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi fondamentali in materia di reati fallimentari. In primo luogo, conferma che la responsabilità per bancarotta non è limitata ai soli amministratori, ma si estende a chiunque, anche un extraneus, partecipi attivamente alla spoliazione del patrimonio aziendale. In secondo luogo, dimostra il rigore con cui la Cassazione valuta i motivi di ricorso: argomentazioni che non affrontano il nucleo logico della sentenza impugnata o che si basano su fatti non pertinenti vengono respinte come inammissibili. Per gli imprenditori e i professionisti, la lezione è chiara: ogni operazione finanziaria tra società collegate, specialmente in una fase di crisi, deve essere supportata da una causale economica e giuridica trasparente e ineccepibile, poiché tentativi di mascherare distrazioni con giustificazioni postume e irrilevanti non superano il vaglio della giustizia.

Chi è l’extraneus in un reato di bancarotta?
È un soggetto che, pur non ricoprendo cariche formali (come amministratore o sindaco) all’interno della società fallita, concorre attivamente con gli amministratori a compiere atti di distrazione del patrimonio sociale a danno dei creditori. Nel caso specifico, si trattava del figlio dell’amministratore, legale rappresentante di un’altra società beneficiaria dei fondi.

Perché la difesa dell’imputato è stata respinta dalla Cassazione?
La difesa è stata respinta perché si basava su un argomento considerato irrilevante. Tentava di giustificare le somme distratte facendo riferimento a un credito sorto per operazioni diverse e in un periodo successivo (dopo la dichiarazione di fallimento) rispetto a quello in cui era avvenuta la distrazione contestata (durante il concordato preventivo).

Cosa si intende per ‘doppia conforme’ e quale peso ha avuto in questa decisione?
Si parla di ‘doppia conforme’ quando la sentenza della Corte d’Appello conferma in pieno la decisione del Tribunale di primo grado. In questo caso, ha avuto un peso rilevante perché ha reso la ricostruzione dei fatti molto solida, basata su accertamenti contabili e bancari. La Cassazione, di fronte a una doppia decisione conforme, è meno propensa a rimettere in discussione la valutazione dei fatti, concentrandosi solo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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