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Bancarotta fraudolenta: l’aumento di pena errato

Una ex legale rappresentante di una società è stata condannata per bancarotta fraudolenta. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza riguardo all’aumento della pena, specificando che molteplici atti di distrazione all’interno della stessa procedura fallimentare costituiscono un unico reato aggravato secondo la Legge Fallimentare, e non reati separati in continuazione ai sensi dell’art. 81 c.p. Il caso è stato rinviato per un nuovo calcolo della pena.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta fraudolenta: la Cassazione corregge l’aumento di pena

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7725/2024) offre un importante chiarimento sulla corretta qualificazione giuridica e sul trattamento sanzionatorio della bancarotta fraudolenta patrimoniale in presenza di più condotte distrattive. Il caso riguarda un’ex amministratrice di una società edile, la cui condanna è stata annullata con rinvio limitatamente al calcolo della pena, a causa di un errore nell’applicazione dell’istituto della continuazione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di due ex amministratori di una società di costruzioni, dichiarata insolvente e posta in liquidazione coatta amministrativa. La prima amministratrice era accusata di aver distratto somme derivanti da fatture emesse e pagate dai clienti ma non registrate nella contabilità sociale. Il secondo amministratore, in carica in un periodo precedente, era invece accusato di aver distratto una somma minore derivante dalla vendita di un autocarro.

La Corte d’Appello aveva confermato le condanne per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale. L’ex legale rappresentante ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la genericità del capo d’imputazione e, soprattutto, l’errata applicazione dell’aumento di pena per la continuazione tra i reati.

L’errata applicazione dell’aumento per la bancarotta fraudolenta

Il punto cruciale del ricorso riguardava la modalità con cui era stata calcolata la pena. I giudici di merito avevano considerato le diverse condotte distrattive come reati distinti, uniti dal vincolo della continuazione secondo l’articolo 81 del codice penale. Questo ha comportato un aumento della pena base.

La difesa sosteneva che tale approccio fosse errato. Secondo la ricorrente, la pluralità di atti distrattivi commessi nell’ambito dello stesso fallimento non configura una pluralità di reati, bensì un unico reato di bancarotta, la cui pena è disciplinata dalla norma speciale prevista dall’articolo 219 della Legge Fallimentare, che prevede un’aggravante specifica e non il meccanismo generale della continuazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i motivi relativi a vizi procedurali, come la presunta genericità dell’imputazione, ritenendo che l’imputata fosse stata messa in condizione di difendersi adeguatamente. Tuttavia, ha accolto il motivo relativo al calcolo della pena.

I giudici hanno affermato un principio consolidato: il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ha la natura di reato a condotta plurima. Ciò significa che può essere realizzato con uno o più atti di distrazione, senza che la loro ripetizione nell’ambito dello stesso fallimento dia luogo a una pluralità di reati distinti. Il carattere unitario del reato non viene meno quando le condotte sono omogenee, lesive del medesimo bene giuridico (il patrimonio dei creditori) e temporalmente contigue.

La Cassazione ha chiarito che la Legge Fallimentare, all’art. 219, comma 2, n. 1, detta una disciplina peculiare e derogatoria rispetto a quella ordinaria della continuazione (art. 81 c.p.). In caso di pluralità di condotte tipiche di bancarotta, queste vengono unificate ai soli fini sanzionatori attraverso il meccanismo del cumulo giuridico previsto dalla norma speciale. Di conseguenza, applicare l’aumento di pena previsto per la continuazione generale costituisce un errore di diritto, rendendo la pena inflitta “illegale”, in quanto non irrogabile per legge.

Le conclusioni

Per effetto di questo errore, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e alla mancata concessione della sospensione condizionale. Il caso è stato rinviato a una diversa sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione. Il nuovo giudice dovrà ricalcolare la pena applicando correttamente la disciplina speciale prevista dalla Legge Fallimentare, il che potrebbe portare a una sanzione finale più mite.

Questa decisione ribadisce l’autonomia e la specialità del diritto penale fallimentare rispetto alle norme generali del codice penale, con importanti implicazioni pratiche sulla quantificazione della pena per chi commette più atti illeciti all’interno della medesima crisi d’impresa.

Quando più atti di distrazione costituiscono un unico reato di bancarotta fraudolenta?
Secondo la sentenza, quando più atti distrattivi sono commessi nell’ambito della stessa procedura fallimentare, sono considerati come condotte di un unico reato a natura unitaria. La Legge Fallimentare prevede una disciplina sanzionatoria specifica che unifica tali condotte, prevalendo sulle regole generali del reato continuato.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza solo sulla pena e non sull’intera condanna?
La Corte ha ritenuto che la colpevolezza dell’imputata per il reato di bancarotta fraudolenta fosse stata correttamente accertata dai giudici di merito. L’errore rilevato era puramente giuridico e riguardava esclusivamente il metodo di calcolo della sanzione (l’applicazione dell’art. 81 c.p. invece dell’art. 219 L. Fall.). Pertanto, è stata annullata solo la parte della sentenza viziata dall’errore.

Un capo d’imputazione che rinvia a documenti esterni è sempre nullo per genericità?
No. La Corte ha stabilito che un capo d’imputazione non è nullo per genericità se, pur rinviando ad atti esterni come avvisi di accertamento, questi sono noti all’imputato e gli consentono di comprendere pienamente le accuse e di esercitare il proprio diritto di difesa senza alcun pregiudizio effettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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