Bancarotta Fraudolenta: Responsabile anche l’Amministratore di Fatto
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati fallimentari: la responsabilità per bancarotta fraudolenta non si ferma alla carica formale, ma si estende a chiunque, di fatto, gestisca l’impresa e ne causi il dissesto attraverso atti di distrazione. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come la giustizia guardi alla sostanza dei ruoli aziendali piuttosto che alla mera forma.
I Fatti del Caso
Un imprenditore è stato condannato in primo e secondo grado dalla Corte di Appello di Torino per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva. L’accusa si fondava sull’aver sottratto ingenti somme di denaro dalle casse della società poi fallita. Le distrazioni erano avvenute tramite bonifici, privi di qualsiasi giustificazione economica, eseguiti a favore dell’imputato stesso o di altre società a lui riconducibili.
L’imprenditore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua condanna fosse basata su un vizio di motivazione, poiché, a suo dire, non vi erano prove univoche e concordanti capaci di dimostrare la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dall’imputato non fossero altro che una riproposizione delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte con una motivazione logica e congrua dalla Corte di Appello. La Cassazione ha sottolineato come il ricorrente non si sia realmente confrontato con le ragioni della sentenza impugnata, limitandosi a reiterare censure generiche.
Le Motivazioni: la Bancarotta Fraudolenta e il Ruolo di Fatto
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse immune da vizi. La responsabilità penale dell’imputato è stata desunta in modo logico da due elementi chiave:
1. Il ruolo durante la carica formale: Per il periodo in cui è stato amministratore di diritto della società fallita, le prove hanno dimostrato la sua diretta responsabilità nella distrazione di fondi.
2. Il ruolo come concorrente esterno: Anche per il periodo successivo, in cui non ricopriva più la carica formale, è emerso che era lui a ‘guidare’ l’amministratore di diritto nella gestione della società. Di fatto, continuava a essere il dominus dell’impresa, proseguendo nell’attività distrattiva.
La Corte ha quindi confermato che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta, è irrilevante la qualifica formale quando emerge che un soggetto, agendo come ‘amministratore di fatto’ o ‘concorrente esterno’, ha causato il depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza. La responsabilità per i reati societari, e in particolare per la bancarotta, va individuata in capo a chi esercita effettivamente il potere gestorio, a prescindere da chi figuri formalmente come amministratore. L’uso di ‘prestanome’ o figure di facciata non costituisce uno schermo efficace per eludere le conseguenze penali delle proprie azioni. La giustizia penale, in questi contesti, è attenta a ricostruire i reali flussi di potere e decisionali all’interno dell’impresa, punendo chi, con le proprie condotte, ha svuotato il patrimonio aziendale destinato a soddisfare i creditori.
Può essere condannato per bancarotta fraudolenta chi non è più amministratore formale di una società?
Sì. La sentenza conferma che una persona può essere ritenuta responsabile come ‘concorrente esterno’ se emerge che, pur non avendo più la carica formale, di fatto ‘guidava’ l’amministratore di diritto nella gestione della società, contribuendo alla distrazione dei beni aziendali.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere le argomentazioni già presentate in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha specificato che il ricorso non può essere una mera riproposizione di censure già respinte, ma deve confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone i vizi logici o giuridici.
Quali prove sono state considerate sufficienti per dimostrare la distrazione di fondi?
La condanna si è basata sulla prova di notevoli importi distratti tramite bonifici eseguiti senza alcuna giustificazione a favore del ricorrente o di società a lui riconducibili. Questi elementi, uniti alla prova del suo ruolo di gestione di fatto, sono stati ritenuti sufficienti per affermare la sua responsabilità penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47107 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLLATE il 19/04/1971
avverso la sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta distrattiva;
Considerato che l’imputato, con l’unico motivo proposto, censura la predetta decisione per vizio di motivazione poiché non sussisterebbero elementi di prova univoci e concordanti per affermare la sua responsabilità penale al di là di ogni ragionevole dubbio;
Rilevato che si tratta di censure, che si fondano su riferimenti a parti specifiche della Relazione del curatore e di quella della Guardia di finanza, reiterative di quelle già formulate in appello, rispetto alle quali la Corte territoriale ha fornito un congrua motivazione, che non è dato sindacare in questa sede di legittimità, motivazione con la quale del resto l’imputato neppure si confronta (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823 -01);
Ritenuto, infatti, che la decisione impugnata ha logicamente desunto la responsabilità del ricorrente, sia per il periodo nel quale è stato amministratore della fallita, che in seguito quale concorrente esterno, atteso che notevoli importi distratti consistono in bonifici eseguiti senza alcuna giustificazione in suo favore ovvero di società a lui riconducibili e che, per il periodo nel quale non era amministratore, è emerso che era egli stesso a “guidare” l’amministratore di diritto nella gestione della società fallita;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024