Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9913 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9913 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME – Presidente – NOME COGNOME – Relatore – NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2268/2024 UP – 17/12/2024 R.G.N. 34255/2024
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da: NOME nato a BARI il 21/09/1959
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso; vista lÕassenza dei difensori dellÕimputato, che hanno fatto pervenire rinuncia alla partecipazione allÕudienza.
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 4 marzo 2024 dalla Corte di appello di Bari, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari, che aveva condannato COGNOME Domenico per il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, in
relazione alla societˆ RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, fallita il 1¡ ottobre 2018.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito l’imputato Ð nella qualitˆ di amministratore della societˆ Ð avrebbe distratto i seguenti beni: la somma di denaro di euro 866.337,27, destinata a pagare le spese del banchetto per il matrimonio di COGNOME NOME; la somma di euro 105.008,17, utilizzata per pagare il canone di locazione di un immobile che veniva concesso in comodato gratuito a Fasciano NOME; la merce, dal valore di euro 37.400,00, acquistata dalla ÒLomb ArtÓ e inviata senza alcun corrispettivo, ad altra societˆ.
Avverso la sentenza della Corte di appello, lÕimputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo dei difensori di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, articolato in due censure, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 40 e 110 cod. pen e 216 e 223 legge fall.
2.1.1. Con una prima censura, sostiene che l’imputato non sarebbe stato a conoscenza della contabilizzazione, con imputazione a carico della societˆ, delle spese per il festeggiamento del matrimonio di COGNOME Giovanni, intervenuto, peraltro, il giorno successivo a un importante meeting aziendale. La mancata conoscenza di tale imputazione era peraltro coerente con il ruolo effettivamente svolto dall’imputato, che era rimasto estraneo alle funzioni gestorie di natura commerciale, contabile e amministrativa e che era entrato nella societˆ solo perchŽ questa aveva bisogno di una qualificata figura professionale che potesse condurre il progetto di quotazione in borsa, come emergeva dalle concordi dichiarazioni rese da COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME.
Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta il fatto che i giudici di merito non avrebbero verificato se i costi riferibili all’evento nuziale potessero Çporsi in rapporto diretto di causalitˆ con le ragioni del dissestoÈ.
2.1.2. Con una seconda censura, contesta la natura distrattiva dell’operazione relativa alle merci fornite dalla societˆ svizzera ÒLomb ArtÓ e in ogni caso ne contesta lÕattribuibilitˆ all’imputato. In particolare, evidenzia che: essa era avvenuta tra giugno e ottobre 2010, allorquando l’imputato aveva lasciato l’incarico di amministratore della societˆ, con dimissioni formalizzate l’8 giugno 2010, ma in realtˆ risalenti al mese di maggio 2010; le fatture emesse dalla societˆ svizzera avevano quale destinatario la RAGIONE_SOCIALE (societˆ partecipata al 100% dalla fallita), cui competeva dunque ab origine il relativo pagamento.
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 110 cod. pen e 216 e 223 legge fall.
Con riguardo al contratto di locazione di immobile stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (societˆ sempre riferibile ai soci COGNOME NOME e COGNOME NOME), per un canone di 60 mila euro allÕanno, regolarmente pagato dalla fallita per lÕimporto di circa euro 105.000,00 e alla contestuale stipulazione di un contratto di comodato con il quale ne veniva ceduta la disponibilitˆ in uso gratuito alla socia COGNOME NOME, il ricorrente evidenzia che: lÕoperazione era stata autorizzata dal Consiglio di amministrazione il 5 novembre 2010 e dal collegio sindacale il 29 gennaio 2009; la disponibilitˆ di tale bene doveva considerarsi parte della retribuzione (sotto forma di Òfringe benefitsÓ) corrisposta a NOMECOGNOME che aveva un ruolo amministrativo con specifiche deleghe.
La fallita, in ogni caso, avrebbe comunque conseguito dalla complessiva operazione un risparmio fiscale, derivante dallÕintegrale deducibilitˆ dei canoni di locazione pagati su immobili concessi in uso ai dipendenti che trasferiscono la propria residenza nel Comune in cui prestano lÕattivitˆ. La COGNOME, infatti, essendo residente a Milano, necessitava di unÕabitazione in Bari per lÕesercizio dei suoi compiti.
LÕoperazione sarebbe stata realizzata in un periodo di forte espansione commerciale della societˆ e non sarebbe stata compiuta in frode ai creditori.
2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 216 e 217 legge fall.
Sostiene che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alla richiesta di riqualificare i fatti nella diversa fattispecie della bancarotta semplice. In particolare, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l’imputato non aveva svolto funzioni strettamente gestorie e che la societˆ era dotata di un collegio sindacale e di un organo di revisione. Tali circostanze, infatti, avrebbero dovuto indurre la Corte di appello a ritenere configurabile una responsabilitˆ di tipo meramente colposo.
2.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione allÕart. 133 cod. pen.
Contesta il trattamento sanzionatorio, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe motivato in ordine alla richiesta della difesa di applicazione di una pena più mite.
1. Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso, in tutte le censure nelle quali si articola, è inammissibile.
1.1.2. La prima censura è inammissibile.
Con essa, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Va, in ogni caso, rilevato che, dalle sentenze di merito, risulta che l’imputato era l’amministratore della societˆ e che la difesa non ha dimostrato la presenza di un amministratore di fatto o che lÕamministratore di diritto avesse conferito ad altri per la delega per lo svolgimento delle funzioni gestorie di natura amministrativa. Il fatto che sia entrato in societˆ al fine di favorirne la quotazione in borsa non è incompatibile con lo svolgimento effettivo delle funzioni di amministratore e, come evidenziato dai giudici di merito, sembra del tutto inverosimile questa figura di amministratore, ricostruita dalla difesa, che si sarebbe occupato del solo progetto della quotazione in borsa, rimanendo poi completamente estraneo a tutte le attivitˆ nelle quali propriamente si concreta lÕamministrazione di una societˆ. Le testimonianze addotte dalla difesa risultano poco conferenti proprio perchŽ, come detto, il fatto che l’imputato era entrato in societˆ per favorire la quotazione in borsa della stessa non è affatto incompatibile con lo svolgimento effettivo delle funzioni di amministratore. Cos’ come il fatto che egli non abbia direttamente provveduto alle annotazioni relative alla spesa in questione non è affatto incompatibile con la circostanza che egli fosse a conoscenza di un esborso di rilevantissimo importo (oltre 800.000 euro), che risultava dalle scritture contabili.
Priva di rilievo è la deduzione riferita alla mancata verifica dell’incidenza causale della distrazione rispetto al dissesto della societˆ, atteso che, per la giurisprudenza di legittimitˆ, non è necessaria la sussistenza di tale rapporto di derivazione causale, una volta che sia stata verificata la natura depauperativa per il patrimonio sociale dell’operazione distrattiva.
1.1.3. Inammissibile, in quanto anchÕessa completamente versata in fatto, è pure la seconda censura del primo motivo.
Va, in ogni caso, rilevato che i giudici di merito hanno ricostruito, senza incorrere in alcun vizio di logicitˆ, la natura dissipatoria anche dellÕoperazione con la quale le merci acquistate dalla ÒLomb RAGIONE_SOCIALE erano state ÒdeviateÓ verso la societˆ asiatica RAGIONE_SOCIALE. Nel provvedimento impugnato è ripercorso analiticamente il rapporto tra la societˆ svizzera RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE: mai la prima aveva evidenziato di aver avuto rapporti con la Òconsorella asiaticaÓ della societˆ fallita; le merci erano state ordinate dalla RAGIONE_SOCIALE; la ÒLomb ArtÓ, con nota del 17 settembre 2010, aveva riassunto la propria posizione creditoria verso la RAGIONE_SOCIALE, includendo le merci in questione; tali merci avrebbero dovuto essere consegnate alla fallita, ma, invece, risultavano deviate ad altra societˆ.
I giudici di merito hanno imputato la responsabilitˆ del fatto distrattivo all’imputato, che risultava uscito dalla societˆ solo nel giugno 2010. Meramente assertive risultano le affermazioni del ricorrente, secondo il quale lÕimputato, di fatto, sarebbe uscito dalla societˆ giˆ nel maggio 2010, mentre lÕoperazione distrattiva sarebbe avvenuta tra giugno e ottobre 2010
1.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Esso, invero, è privo di specificitˆ, perchŽ meramente reiterativo di identiche doglianze proposte con i motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. quattordicesima e quindicesima pagina della sentenza impugnata), con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato.
In particolare, la Corte di appello ha rilevato che, dagli atti, non risultava Çalcuna giustificazione del benefit riconosciuto a NOME COGNOME; nŽ dalla documentazione in atti nŽ dalle allegazioni difensive, risultava alcuna effettiva attivitˆ gestionale utile alla societˆ svolta dalla COGNOME che potesse giustificare gli importi versatiÈ. Ha posto in rilievo che la consapevolezza della condotta distrattiva risultava evidente e in ogni caso confermata dal fatto Ð di cui lÕimputato era pienamente consapevole Ð che il canone di locazione era versato ad altra societˆ riconducibile Fasciano. Ha, infine, posto in rilievo che Çla spesa non risultava neppure ritualmente autorizzata dalla compagine societariaÈ.
Sotto questÕultimo profilo, va rilevato che la decisione si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato che Çintegra il delitto di bancarotta per distrazione la condotta dell’amministratore di una societˆ di capitali che, in assenza di delibera assembleare, a titolo di corrispettivo per le prestazioni lavorative svolte, fruisca, per uso privato, di “fringe benefits” (nella specie, utilizzo di autovetture sociali) o prelevi beni di proprietˆ della societˆ (nella specie,
piastrelle), in quanto tali comportamenti, esulando dagli scopi dell’impresa, determinano un effettivo depauperamento del patrimonio in danno dei creditori (Sez. 5, n. 38328 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285303).
Meramente assertive sono le affermazioni del ricorrente, secondo il quale lÕoperazione sarebbe stata realizzata in un periodo di forte espansione commerciale della societˆ, la quale, in ogni caso, avrebbe conseguito lÕintegrale deducibilitˆ dei canoni di locazione pagati sullÕimmobile.
1.3. Il terzo motivo è infondato.
La Corte di appello, infatti, ha fornito una motivazione adeguata in ordine alla richiesta di riqualificazione dei fatti. In particolare, ha posto in rilievo che non era verosimile che un amministratore delegato di una societˆ avesse il ruolo minimo ricostruitogli dalla difesa e che, in ogni caso, tale ricostruzione era smentita dalla mancanza di deleghe che attribuissero ad altri i compiti propriamente rivestiti dall’amministratore. Ha poi posto in evidenza che, dallÕistruttoria, era emerso che l’imputato era consapevole delle condotte contestate e anche della grave situazione finanziaria della societˆ e del conseguente danno determinato ai creditori con le suddette condotte.
1.4. Il quarto motivo è inammissibile.
Il motivo di appello relativo alla determinazione della pena principale, invero, si presentava generico, essendosi la difesa limitata a chiedere Çuna pena base pari al minimo edittaleÈ, a fronte di una sentenza di primo grado nella quale si era evidenziato che la pena base non poteva essere fissata nel minimo edittale, Çin considerazione dellÕentitˆ della distrazioneÈ.
Al riguardo, va ricordato che l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificitˆ dei motivi quando Ð come nel caso in esame Ð Çnon risultano enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnataÈ (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822). Ai fini della valutazione dell’ammissibilitˆ dei motivi di appello, sotto il profilo della specificitˆ, dunque, è necessario che il ricorrente non si limiti a contestare semplicemente il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma che rispetto a esso indichi le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione.
LÕinammissibilitˆ dell’impugnazione, ÒsfuggitaÓ al giudice di secondo grado, deve essere rilevata in questa sede. Invero, le cause di inammissibilitˆ, non essendo soggette a sanatoria, devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (cfr. Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, Rv. 281630).
Sotto altro profilo, va posto in rilievo che i giudici di merito hanno fissato la pena base in anni tre e mesi nove di reclusione, in misura prossima al minimo edittale. Al riguardo, occorre ribadire che Çnon è necessaria una specifica e
dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato cos’ ottenuto al minimoÈ. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283).
Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso, il 17 dicembre 2024.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME