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Bancarotta fraudolenta: la responsabilità dell’amministratore

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta di un amministratore accusato di aver distratto ingenti somme per spese personali (un banchetto di nozze), per pagare l’affitto di un immobile concesso a un socio e per aver deviato merci a un’altra società. La Corte ha stabilito che il ruolo formale di amministratore comporta una responsabilità diretta, anche se l’imputato sosteneva di avere un ruolo meramente tecnico finalizzato alla quotazione in borsa. È stato ribadito che per la bancarotta fraudolenta non è necessario provare il nesso causale tra la distrazione e il dissesto.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Quando l’Amministratore Risponde della Distrazione di Fondi

La recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. 5 Penale, n. 9913 del 2025, offre un importante chiarimento sulla bancarotta fraudolenta per distrazione e sulla figura dell’amministratore. La Corte ha confermato la condanna di un amministratore, stabilendo principi chiari sulla sua responsabilità anche quando questi affermi di non essere coinvolto nella gestione operativa. Questo caso evidenzia come la carica formale comporti doveri di vigilanza e controllo da cui non ci si può sottrarre facilmente.

I Fatti: La Vicenda Processuale

Il caso riguarda un amministratore di una società, poi fallita, accusato di aver distratto beni e risorse aziendali per scopi estranei all’attività d’impresa. Le accuse specifiche includevano:
1. La distrazione di oltre 860.000 euro per pagare le spese di un banchetto nuziale di un terzo.
2. L’utilizzo di circa 105.000 euro per il canone di locazione di un immobile, concesso in uso gratuito a una socia.
3. La deviazione di merci del valore di oltre 37.000 euro, acquistate dalla società e destinate senza corrispettivo a un’altra entità giuridica.

Condannato in primo e secondo grado, l’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sua effettiva responsabilità e la natura distrattiva delle operazioni.

Le Argomentazioni Difensive sulla Bancarotta Fraudolenta

La difesa dell’imputato si è articolata su diversi punti. In primo luogo, l’amministratore ha sostenuto di essere stato nominato con il solo scopo di curare la quotazione in borsa della società, rimanendo estraneo alle funzioni gestionali, contabili e amministrative. Di conseguenza, non sarebbe stato a conoscenza delle specifiche operazioni contestate, come la contabilizzazione delle spese per il matrimonio.

In secondo luogo, ha contestato il carattere distrattivo delle altre operazioni. L’affitto dell’immobile, a suo dire, doveva essere considerato un “fringe benefit” per la socia, giustificato dal suo ruolo amministrativo e dal suo trasferimento da un’altra città. La deviazione delle merci, invece, sarebbe avvenuta quando egli aveva già lasciato l’incarico.

Infine, il ricorrente ha richiesto la riqualificazione del reato in bancarotta semplice, sostenendo una responsabilità meramente colposa, e ha contestato l’entità della pena inflitta.

L’Analisi della Corte e la Responsabilità dell’Amministratore

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, giudicando i motivi inammissibili o infondati. La sentenza chiarisce in modo netto diversi principi giuridici fondamentali in materia di bancarotta fraudolenta.

La Responsabilità dell’Amministratore di Diritto

La Corte ha ritenuto inverosimile che un amministratore, nominato per un progetto strategico come la quotazione in borsa, potesse essere completamente all’oscuro di esborsi così ingenti (oltre 800.000 euro) risultanti dalla contabilità. La carica di amministratore di diritto comporta doveri di vigilanza e controllo che non possono essere elusi sostenendo un ruolo meramente formale o specializzato. La difesa non è riuscita a dimostrare l’esistenza di un amministratore di fatto o la presenza di deleghe formali che escludessero la sua responsabilità.

La Natura della Distrazione e l’Irrilevanza del Nesso Causale

Un punto cruciale ribadito dalla Corte è che, per configurare il reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, non è necessario provare che l’atto di distrazione abbia direttamente causato il dissesto della società. È sufficiente che l’operazione abbia comportato un depauperamento del patrimonio sociale, riducendo la garanzia per i creditori. La distrazione di fondi per scopi personali o estranei all’oggetto sociale integra di per sé il reato.

Per quanto riguarda le operazioni specifiche, la Corte ha sottolineato la mancanza di qualsiasi giustificazione economica per l’azienda. Il pagamento del canone di locazione per la socia non era supportato da alcuna delibera assembleare o prova di un reale beneficio per la società, configurandosi come un atto puramente distrattivo a vantaggio di terzi.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul rigetto dei motivi di ricorso, considerati un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno affermato che il ruolo formale di amministratore implica una responsabilità intrinseca per la gestione del patrimonio sociale. L’argomento difensivo di un ruolo limitato alla quotazione in borsa è stato giudicato incompatibile con l’ignoranza di operazioni finanziarie di tale portata. La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: la distrazione di beni costituisce il reato di bancarotta fraudolenta a prescindere dal fatto che sia la causa diretta del fallimento, essendo sufficiente il depauperamento del patrimonio in danno dei creditori. Anche le contestazioni sulla pena sono state respinte come generiche, poiché la difesa non aveva argomentato in modo specifico contro la decisione del giudice di merito di fissare una pena base leggermente superiore al minimo edittale in considerazione della gravità della distrazione.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla responsabilità penale degli amministratori. Chi accetta una carica sociale non può esimersi dai propri doveri di controllo e vigilanza, anche se il suo contributo è focalizzato su un’area specifica. La bancarotta fraudolenta per distrazione si configura con qualsiasi atto che impoverisca ingiustificatamente il patrimonio aziendale, a prescindere dal suo impatto diretto sul dissesto finale. La decisione rappresenta un monito per tutti gli amministratori sull’importanza di una gestione trasparente e finalizzata esclusivamente all’interesse sociale.

Un amministratore può evitare la responsabilità per bancarotta fraudolenta sostenendo di non occuparsi della gestione quotidiana?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la carica formale di amministratore comporta doveri di vigilanza e controllo sul patrimonio sociale. Non è possibile esimersi da tale responsabilità sostenendo di avere un ruolo meramente tecnico o specializzato (come curare una quotazione in borsa), soprattutto a fronte di operazioni finanziarie di rilevante importo che emergono dalla contabilità.

Per configurare la bancarotta fraudolenta per distrazione, è necessario dimostrare che la distrazione ha causato il fallimento?
No. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che non è richiesta la prova di un nesso di causalità diretto tra l’atto distrattivo e il dissesto della società. Il reato si configura nel momento in cui viene compiuta un’operazione che depaupera il patrimonio sociale senza una giustificazione economica, danneggiando così la garanzia dei creditori.

L’uso di beni aziendali come “fringe benefit” per un socio o dipendente è sempre lecito?
Non necessariamente. Come emerge dalla sentenza, affinché un ‘fringe benefit’ (come la concessione di un’abitazione) sia legittimo, deve essere formalmente autorizzato dagli organi societari competenti (es. assemblea) e deve trovare una giustificazione nell’interesse della società. In assenza di una delibera e di un reale vantaggio per l’azienda, l’operazione può essere considerata un atto di distrazione sanzionabile come bancarotta fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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