Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5941 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5941 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2022 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore L’AVV_NOTAIO NOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di quella stessa città in data 15 apr 2019, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole dei delitti di cui ai capi 2), 9), 10), 11) e 26) rubrica e unificati gli stessi sensi dell’art. 81 cod. pen., concessegli le circostanze att generiche e la diminuente per il rito abbreviato, lo ha condannato alla pena di anni due e me sei di reclusione; ha dichiarato, inoltre, l’imputato inabilitato all’esercizio di un commerciale ed incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la stes durata della pena principale.
2. La Corte territoriale ha ribaltato il verdetto assolutorio del primo giudice argomenta come segue. Quanto al delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati frode fiscale e di bancarotta, di cui al capo 2) – commesso da COGNOME, nella qualità di Preside del Consiglio di amministrazione, a far data dal 23 luglio 2010, della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dichiarata fallita il 24 marzo 2014, offrendo il proprio consapevole contribut realizzazione di un sistema fraudolento (articolatosi, secondo due diverse modalità: I.) la pri consistita nell’acquisto simulato da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di materiali da s complici, che portavano allo sconto in banca le corrispondenti fatture, girando parte delle somm di denaro così introitate a NOME COGNOME, dominus della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ideatore e promotore del sodalizio criminale; nella vendita, altrettanto simulata, di beni a società ca che non ne pagavano il prezzo; nell’opposizione alle banche, che aveva scontato le precedenti fatture, delle note di credito emesse nei confronti delle società cartiere; II.) la seconda, con nell’emissione da parte delle società complici di fatture per operazioni oggettivamen inesistenti; nel pagamento delle stesse da parte di COGNOME, mediante assegni circolari e bonif tratti sui conti correnti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e nel riaccredito delle dette s conti correnti personali di NOME COGNOME) funzionale allo svuotamento del patrimonio de ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ e alla locupletazione di quanto dovuto a titolo di imposta transazioni effettuate -, la prova della partecipazione dell’imputato al sodalizio (sia pure da momento in cui era divenuto amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) doveva trar a) dal fatto che egli, a far data dal 2006, aveva svolto le mansioni di impiegato di conc all’interno della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ed era stato collaboratore del RAGIONE_SOCIALEta AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO coadiutore di COGNOME nella gestione dell’illecito meccanismo fraudolento descritto; b) d circostanza che egli aveva anche assunto la carica di amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, societ finanziaria della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, facente capo a NOME COGNOME, tramite la erano stati effettuati gli aumenti di capitale della cooperativa mediante conferimento di f dello stesso COGNOME, detentore, in maniera diretta ed indiretta, del 72,12% delle quote d fallita. Tanto dimostrava, infatti, ad avviso della Corte di merito, come COGNOME fosse certame a conoscenza delle condotte illecite poste in essere da COGNOME e come non avesse inteso tracciare Corte di Cassazione – copia non ufficiale
alcuna soluzione di continuità rispetto al descritto illecito meccanismo, dal quale egli av altresì, tratto illecito vantaggio, essendogli stata accredita sul suo conto corrente la somm Euro 85.000,00, della quale non aveva saputo plausibilmente ed oggettivamente giustificare la provenienza.
Quanto ai delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale di cui ai capi 10) e 11), commessi da COGNOME in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della ‘RAGIONE_SOCIALE, in concorso con gli amministratori delle società (COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME), che avevano emesso le fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, poi iscritte nella contabilità della cooperativa fallita, l territoriale ha rilevato come i beni oggetto delle predette transazioni non fossero mai perven alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, perché quanto attestato dal perito COGNOMECOGNOME incaricato da NOME COGNOME da COGNOME di stilare una relazione sulla consistenza del magazzino della fallita, era sment da plurime evidenze documentali e logiche e, perché, ai fini della integrazione del delitt bancarotta fraudolenta per distrazione, è sufficiente l’esposizione a pericolo delle garanzie creditori, assistita da dolo generico. Elemento soggettivo, questo, che si doveva riconoscer come sussistente in capo a COGNOME, vuoi perché era socio della cooperativa e stretto collaboratore di COGNOME, vuoi perché egli non avrebbe potuto ignorare la fittizietà delle prestazioni erogate società fornitrici, trattandosi o di società che avevano intrattenuto abituali rapporti di af la cooperativa o che, come la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, le avevano fornito prestazioni di particolare complessi tecnica, di modo che sarebbe stato richiesto all’amministratore della società che ne er destinataria un particolare scrupolo nel verificarne l’esecuzione.
– Quanto al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo 26) – commesso da COGNOME, nella qualità di amministratore e poi di liquidatore della ‘RAGIONE_SOCIALE e di amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per avere nel corso del 2013 distratto ri della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, stipulando un contratto di affitto di azienda, con pattu di canone annuo di Euro 120.000,00 oltre Iva, a favore della ‘RAGIONE_SOCIALE dalla fallita, in forza del quale erano state trasferite alla parteci immobilizzazioni materiali, la merce e le materie prime presenti nel magazzino, nonché i credit verso i clienti e gli ordini in portafoglio, ed erogando alla stessa un finanziamento di 800.000,00, utilizzato dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per il pagamento alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dei canoni del fitto dell’azienda – la Corte territoriale ha escluso che la creazion ‘newco’, asseritamente concordata con i creditori della società e con i professionisti ch l’assistevano, integrasse una manovra di salvataggio dell’attività aziendale, posto che, effetto del fitto di azienda, stipulato quando ormai la società cooperativa versava in sta insolvenza (tanto vero che era stata avanzata richiesta di fallimento da parte del Banco Napoli), tutte le attività aziendali erano state trasferite alla società di nuova costi lasciando alla locatrice le passività ed impedendole di fatto di produrre la ricchezza necessari
soddisfare le pretese dei creditori sociali, senza che questi ultimi si potessero rivale patrimonio della locataria, atteso il principio di autonomia dei singoli enti societari.
Nell’interesse di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione il difensore, articolando tredici motivi, quivi enunciati nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod.
Il primo motivo denuncia vizio argonnentativo. E’ eccepita l’illogicità del richiamo “per relationem” alla sentenza di primo grado, il cui impianto argomentativo, per il solo fatto del conto di un verdetto assolutorio, doveva essersi sviluppato secondo linee logiche non pienamente concordanti con quelle sottese alla sentenza di appello, che, ribaltando la precedente decision aveva condannato l’imputato.
Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo denunciano, in riferimento al del cui al capo 2) della rubrica: I) violazione dell’art. 416 cod. pen.; II) vizio di motiva travisamento della prova; III) violazione dell’art. 533 cod. proc. pen. e vizio di motivazio violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”.
E’ dedotto, a sostegno, che sarebbe apodittica e, comunque, illogica e contradditoria l motivazione sulla prova della partecipazione di NOME COGNOME, a far data dal 23 luglio 2010 al sodalizio criminale ideato da NOME COGNOME e attuato con il contributo del RAGIONE_SOCIALE. Questo perché: non si sarebbe dato conto di quali fossero le mansioni da lui svolt all’interno della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, prima di assumerne la carica di President Consiglio di amministrazione, e di che genere di pratiche si fosse occupato durante il praticanta presso lo studio del RAGIONE_SOCIALE, così da spiegare perché egli fosse a conoscenza dell’illecito operare di costoro; non si sarebbe chiarito perché, allora, egli non avesse collab nell’attuazione del programma criminoso del sodalizio anche prima di assumere la carica di amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE‘; ed, ancora, non sarebbe stato lumeggiato perché, egli, una volta divenuto amministratore della cooperativa, avesse sollevato COGNOME dall’incarico di tenutario delle scritture contabili della stessa, riportandole all’interno del ed affidandone la tenuta al AVV_NOTAIO, tanto costituendo «il chiaro sintomo di u evidente rottura con il precedente sistema», colto del resto dallo stesso ceto bancario, co dichiarato in udienza dall’AVV_NOTAIO che lo rappresentava. Peraltro, nessuna decisiva valenza probatoria sarebbe da ascrivere alla circostanza che NOME COGNOME avesse continuato ad orbitare intorno alla cooperativa, avendo egli svolto per essa solo il mandato di procacciat di affari.
Per altro verso, la sentenza impugnata nulla avrebbe argomentato in ordine alla prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato associativo: salva la valorizzaz pregressi rapporti tra COGNOMENOME NOME e COGNOME, neppure un sintetico rilievo avevano meritato profili della permanenza e stabilità del vincolo tra i sodali, della durata della struttura anc la realizzazione dei delitti programmati, della indeterminatezza del programma criminoso e dell
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consapevolezza in capo al ricorrente di far parte del sodalizio e di offrire il proprio contri fine di realizzarne il relativo programma.
I segnalati difetti argomentativi, letti anche alla luce delle apodittiche afferma contenute nella sentenza impugnata circa la mancanza di giustificazione della somma di Euro 85.000, accreditata sul conto corrente di COGNOME, nel periodo in cui avevano luogo le fals fatturazioni oggetto del programma criminoso dell’associazione per delinquere di cui all contestazione, come pure delle omissioni valutative in ordine a risultanze documentali (quali l sentenza di assoluzione, con autorità di cosa giudicata, pronunciata nei confronti di COGNOME pe la bancarotta fraudolenta commessa in relazione al fallimento della ‘newco”RAGIONE_SOCIALE‘) esporrebbero la sentenza impugnata al rilievo di violazione dell’obbligo di motivazi rafforzata e del canone di giudizio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”.
Il sesto, il settimo, l’ottavo e il nono motivo di ricorso denunciano, in riferim delitti di cui ai capi 9), 10) e 11) della rubrica: I.) violazione degli artt. 110 cod. p comma 1, in relazione all’art. 216, comma 1, nn. 1) e 2), 219, commi 1 e 2, R.D. 16.03.1942 n. 267; II.) vizio di motivazione anche da travisamento della prova; III.) violazione dell’art cod. proc. pen. e vizio di motivazione da violazione del principio dell'”oltre ogni ragione dubbio”.
E’ dedotto che, pacifica l’assunzione di un ruolo gestorio di COGNOME in seno alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a far data dal 23 luglio 2010, non sarebbe spiegato in sentenza – salvo reiterato richiamo ai pregressi rapporti con COGNOME e COGNOME – quale sarebbe stato il contrib offerto dall’imputato alle condotte distrattive poste in essere da COGNOME in data anteriore a data. Nondimeno, anche, in riferimento alla sola fattura emessa successivamente al 23 luglio 2010, ossia dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (di cui al capo 11), che non era un fornitore abituale della cooperati non sarebbe stato spiegato perché COGNOME, da Presidente del Consiglio di Amministrazione della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, non potesse ignorare che la stessa era riferita ad operazione oggettivament inesistente: infatti, la particolare complessità delle prestazioni fornite dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, evo sostegno della consapevolezza del COGNOME della fittizietà delle prestazioni, non sarebbe elemento decisivo in tal senso. Non lo sarebbe, neppure, il più generale richiamo, quanto alle fattu emesse dagli altri fornitori, all’essere costoro in rapporti di affari abituali con la ‘RAGIONE_SOCIALE‘..
Si lamenta, infine, il travisamento delle dichiarazioni dell’AVV_NOTAIO professionista incaricato dal ceto creditorio bancario, che, all’udienza del 12 maggio 2022, avev riferito che le azioni poste in essere da NOME erano dirette <<ad assicurare il mantenimento i vita dell'azienda e non a distrarre». Dichiarazioni, queste, decisive al fine di esclu l'elemento soggettivo del reato, declinato in termini di concreta consapevolezza della pericolosit per l'integrità della garanzia patrimoniale dei creditori dell'agire del soggetto dotato di
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gestori della società. La loro omessa considerazione era tale, oltretutto, da violare l'obbli motivazione rafforzata e il canone di giudizio dell'"oltre ragionevole dubbio".
Il decimo, l'undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motivo denunciano, in riferimen al capo 26) della rubrica: I. violazione degli artt. 110 cod. pen., 223, comma 1, in relaz all'art. 216, comma 1, nn. 1) e 2), 219, commi 1 e 2, R.D. 16.03.1942; II. vizio di motivazio anche da travisamento della prova; III. violazione dell'art. 533 cod. proc. pen. e viz motivazione da mancato rispetto del canone dell"oltre ragionevole dubbio'.
E' dedotto che la costituzione della 'RAGIONE_SOCIALE', interamente partecip dalla 'RAGIONE_SOCIALE', aveva avuto luogo, come ritenuto dal primo giudice, solo salvaguardare l'attività aziendale senza arrecare alcun danno ai creditori sociali de controllante: infatti, il canone di fitto dell'azienda era congruo ed era stato regolarmente pa e, inoltre, la società sacrificata avrebbe tratto beneficio, secondo una valutazione 'ex ante' dall'appartenenza al "gruppo", potendogliene derivare «adeguate contropartite in utili patrimoniali tangibili». Tali vantaggi compensativi per la fallita erano desumibili sia da qu affermato dal AVV_NOTAIO nella relazione del 6 novembre 2014, sia dalla premessa del bilancio al 31 dicembre 2013; tra l'altro, la scelta del fitto di azienda era stata avallata anche dagli fallimentari, che l'avevano giudicata operazione legittima ed utile per mantenere in vita società.
Donde, il giudice di appello era incorso nell'errore di valutare esclusivamente gli eff immediatamente negativi per la 'RAGIONE_SOCIALE' del fitto di azienda in favore d 'RAGIONE_SOCIALE, come anche del finanziamento erogato dalla prima alla seconda. La prima operazione era, infatti, produttiva anche di ristoro economico cd. 'compensativo' per l 'RAGIONE_SOCIALE' e il contratto di finanziamento era produttivo di interessi legali, così da esclusa in radice una finalità distrattiva.
Richiesta tempestivamente la trattazione orale del ricorso dal difensore del ricorrent questa è stata accordata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza deve essere annullata per le sole ragioni di seguito indicate.
Non coglie nel segno il primo motivo di ricorso.
Legittimamente il giudice di appello ha richiamato la motivazione rassegnata nella sentenza di primo grado a sostegno della ricostruzione dei fatti, in quanto pienamente condivisa nella parte relativa all'accertamento delle modalità del sistema fraudolento, ideato da NOME COGNOME, amministratore sino al 23 luglio 2010 della 'RAGIONE_SOCIALE',
depauperarne il patrimonio, e realizzato tramite società complici, riconducibili a NOME e familiari. Questa Corte ha, infatti, da sempre affermato che, allorché le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si sa con quella precedente per formare un unico complesso corpo argonnentativo (Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Rv. 216906).
Divergono, invero, le sentenze di primo e di secondo grado in riferimento all valutazione della responsabilità dell'imputato per i reati di cui ai capi 2), 9), 10), 11) e 2 rubrica, esclusa dal Tribunale – che, infatti, ha assolto COGNOME da essi con la formula per n avere commesso il fatto – e, invece, riconosciuta dalla Corte territoriale.
2.2. Tanto premesso, il secondo, il terzo, il quanto e il quinto motivo di ricorso non s manifestamente infondati, di modo che deve essere rilevato l'intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione del reato di cui al capo 2) della rubrica (partecipazione all'associazio per delinquere costituita da NOME COGNOME e da NOME COGNOME), del quale deve essere, pertanto, dichiarata l'estinzione.
Va osservato, al riguardo, che, se da un lato, la Corte territoriale, quantomeno pe l'obbligo di motivazione rafforzata che gli incombeva in ragione dell'operato ribaltamento d verdetto assolutorio, avrebbe dovuto meglio illustrare quali fossero le specifiche mansioni svol da NOME COGNOME all'interno della 'RAGIONE_SOCIALE' e quale fosse l'atti professionale da questi svolta presso lo studio del RAGIONE_SOCIALE, onde spiegare le ragioni per le quali egli fosse pienamente consapevole del meccanismo fraudolento ideato dal COGNOME per frodare i creditori della 'RAGIONE_SOCIALE', sì da averlo condiviso e da av proseguito la realizzazione una volta diventato amministratore della 'RAGIONE_SOCIALE' essendo a tal fine sufficiente il richiamo all'accredito sul conto corrente dell'imputato somma di Euro 85.000,00, dal momento che non era stata accertata l'identità del soggetto che l'aveva disposto -, dall'altro, il ricorrente si sarebbe dovuto confrontare, contestan specificamente, con tutte le argomentazioni rassegnate dal giudice censurato a sostegno della sua affermazione di responsabilità per il delitto che occupa: ossia, pure con quella che avev evidenziato come egli avesse assunto anche la carica di amministratore della 'RAGIONE_SOCIALE', società finanziaria della 'RAGIONE_SOCIALE', facente capo a NOME COGNOME, tramite la q erano stati effettuati gli aumenti di capitale della cooperativa mediante conferimento di fo dello stesso COGNOME, detentore, in maniera diretta ed indiretta, del 72,12% delle quote del fallita, ciò comprovando che egli, da stretto collaboratore di fiducia di COGNOME, non aveva espres nessuna soluzione di continuità rispetto all'operato fraudolento di costui.
2.2. Il sesto, il settimo, l'ottavo e il nono motivo di ricorso sono infondati.
Il Tribunale ha escluso che NOME COGNOME fosse responsabile delle condotte di bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale, di cui ai capi 9), 10) e 11) della rubri
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successive alla data del 23 luglio 2010 – da quella data avendo egli assunto la guida dell ‘RAGIONE_SOCIALE – considerando: che questi aveva fatto ingresso nell’organigramma gestionale della cooperativa, poi fallita, per dare attuazione al complesso processo ristrutturazione dei debiti, accumulati dalla precedente amministrazione, imposto dagli istitut credito e gestito da società di revisione esterne; che non vi erano elementi atti a riscontr l’esistenza della postulata relazione fiduciaria tra l’imputato e NOME COGNOME, tanto pi anche le movimentazioni di risorse societarie per operazioni inesistenti avvenute in dat successiva al 23 luglio 2010 avevano comportato un arricchimento del solo NOME COGNOME; che il consiglio di amministrazione della ‘RAGIONE_SOCIALE e il collegio sindacale ave fatto affidamento, quanto allo stato della merce che si assumeva essere oggetto delle forniture da parte delle società facenti capo a COGNOME NOME, sugli esiti del sopralluogo del tecnico NOME che aveva attestato la veridicità degli acquisti. Tanto, secondo il primo giudice, avre comprovato che NOME non aveva offerto alcun contributo cosciente e volontario alla realizzazione del consolidato programma distrattivo ideato da NOME COGNOME, in combutta con gli amministratori delle ‘società complici’, in danno della ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
La Corte di appello ha, invece, ritenuto NOME COGNOME responsabile di concorso nelle condotte di bancarotta di cui ai capi 9), 10) e 11) con esclusione di quelle anteriori alla data del 23 luglio 2010, in ragione della formale mancanza in capo all’imputato di cariche operative in seno alla società fino a quella data (cfr. pag. 5, penultimo capoverso della sentenz impugnata) – evidenziando: come dalle dichiarazioni rese in sede di rinnovazione dell’istruttor dibattimentale dall’AVV_NOTAIO, rappresentante delle banche come ceto creditorio, fosse emerso che i due piani di risanamento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, predisposti dagli espe nominati dagli amministratori di quest’ultima, non vennero recepiti dai creditori (cfr. pagg. 1 11 e 16 e 17 della sentenza impugnata); come si dovesse ritenere che l’imputato, in quanto socio della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a far data dal 25 gennaio 2010 e amministratore dell ‘RAGIONE_SOCIALE‘, tramite la quale NOME COGNOME deteneva parte delle quote della cooperativa, tant vero che attraverso questa ne aveva aumentato il capitale sociale (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata), fosse perfettamente consapevole del grave stato di squilibrio finanziario in cu versava la cooperativa; come la perizia COGNOME fosse palesemente inattendibile, posto che quanto in essa opinato circa le ragioni del deprezzamento delle merci, ritenute effettivamente presen in magazzino, non trovava riscontro nella contabilità delle società che avevano effettuato presunti ‘resi’ di merce e non era, comunque corroborata da elementi di natura logica (scilicet: «se i prodotti della cooperativa erano stati ‘resi’ perché di qualità scadente in riferimento loro composizione, come era possibile affermare che fossero stati utilizzati in nuove fusioni? cfr. pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata); come, con riferimento alle prestazioni asseritamente rese dalla ‘RAGIONE_SOCIALE tra il 30 settembre 2010 e il 5 dicembre 2011 NOME, in quanto amministratore della ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe potuto non rendersi conto che «i lavori di notevole complessità tecnica>> riportati nelle fatture
potevano essere stati effettivamente eseguiti: e ciò perché – si comprende dalla sinteti motivazione rassegnata al riguardo nella sentenza impugnata (cfr. pag. 13) -, essendo egli amministratore della società committente, quindi, verisimilmente, sottoscrittore del contra che aveva affidato gli stessi avrebbe dovuto conoscerne l’oggetto e verificarne la puntual esecuzione.
Ciò posto, la dettagliata argomentazione resa dalla Corte territoriale, che soddisf certamente l’obbligo di motivazione rafforzata che le incombeva e che è improntata al rispetto del canone di giudizio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio”, non si espone a rilievi di sorta. Ra infatti, proprio in ragione del ruolo rivestito nonché della sua pacifica consapevolezza de situazione di grave squilibrio finanziario in cui versava la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, era a controllare la consistenza di magazzino della cooperativa e a vigilare sulla effettiva e corr esecuzione delle prestazioni di beni pattuite con le società fornitrici orbitanti nella ga ‘COGNOME‘, che, diversamente da quanto dedotto dalla difesa del ricorrente, avevano tutte, e non solo la effettuato prestazioni in favore della ‘RAGIONE_SOCIALE>> tra i e il 2011 (cfr. pag. 10, 11, 12, 13 della sentenza di primo grado, che ha analiticamente esaminato i rapporti di dare e avere tra le dette società e la cooperativa). Obblighi di controllo e vig cui egli, di certo, non ha adempiuto, pur in presenza di concreti segnali deponenti per l’esisten di operazioni suscettibili di mettere in pericolo l’integrità del patrimonio sociale.
Né può escludersi il suo concorso nella realizzazione del programma di spoliazione del detto patrimonio per non esservi prova che il ricorrente ne abbia tratto un diretto vantagg patrimoniale (perché, come ritenuto dal primo giudice, nulla lasciava ritenere che parte del somme distratte tramite l’operato del COGNOME, dei COGNOME e della COGNOME fossero confluite su suo conto corrente). Infatti, secondo la teoria dell’atipicità del concorso di persone nel r recepita dall’art. 110 cod. pen., il contributo causale del concorrente può manifestarsi attrave forme differenziate e atipiche della condotta criminosa: il tal caso il giudice di merito è tenuto a motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (Sez. 1, n. 107 18/02/2009, Rv. 242849; conf. Sez. 1, n. 7643 del 28/11/2014, dep. 2015, Rv. 262310): il ché è quanto ha fatto la Corte territoriale, laddove ha evidenziato come NOME si fosse messo a disposizione del ‘duo’ COGNOME/COGNOME – essendo l’uscita di scena di NOME COGNOME dalla cabin di comando della cooperativa solo apparente -, contribuendo, con la sua condotta dolosamente inottemperante agli obblighi imposti ad un amministratore, alla realizzazione all’ulteri spoliazione del patrimonio della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pur da altri ideata.
2.3. Parimenti infondati sono il decimo, l’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo motiv di ricorso.
Il Tribunale ha escluso la responsabilità di NOME COGNOME per il delitto di bancarot fraudolenta patrimoniale e documentale di cui al capo 26), commessa stipulando in epoca prossima al fallimento il contratto di fitto dell’azienda della ‘RAGIONE_SOCIALE (comprensiva di tutti i beni strumentali nonché di commesse e crediti) in favore della partecipa ‘RAGIONE_SOCIALE‘, con previsione di un canone pari ad Euro 120.000,00 annui, che veniva pagato dall’affittuaria tramite le somme di denaro erogatele a titolo di finanziamento dalla soci controllante, argomentando nel senso: che anche la scelta di costituire una ‘newco’ era frutto dell’intesa tra il Consiglio di amministrazione della cooperativa, sostenuta dai propri esperti, ceto creditorio, protesa alla presentazione di un piano di risanamento imprenditoriale; che cooperativa non aveva risentito di alcun danno dal trasferimento dell’azienda alla società d nuova costituzione, essendovi piena coincidenza tra i due sinoli imprenditoriali; che il canone locazione pattuito era del tutto congruo rispetto ai valoro di mercato.
La Corte territoriale ha ribaltato l’esito decisorio del giudizio di primo grado, evidenzian come l’iniziativa di costituire una nuova società fosse riferibile ai soli amministratori fallenda; come le banche creditrici non solo non avessero prestato alcun assenso alla costituzione della nuova società, ma, anzi, avessero, addirittura, avviato la procedura liquidatoria momento in cui venne stipulato il contratto di fitto di azienda (infatti, quando ciò avvenne data 9 aprile 2013, il creditore Banco di Napoli aveva già depositato, in data 19 marzo 2013, richiesta di fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘); come il contratto di fitto si fos in un mero artifizio per privare la cooperativa di ogni attività e di ogni possibilità di p ulteriore ricchezza necessaria a soddisfare le pretese creditorie, senza che potesse considerarsi remuneratorio del trasferimento del compendio aziendale il pagamento alla controllante della somma pattuita a titolo di canone, posto che questo era pagato con le stesse somme oggetto del finanziamento erogato dalla controllante alla controllata (che, dissimulava, pertanto, un mera ‘partita di giro’).
Tanto riportato, deve rilevarsi, per un verso, che la motivazione rassegnata dalla Corte territoriale a sostegno dell’affermazione di responsabilità del ricorrente per il delitto di cui 26) può dirsi rafforzata, perché ha adempiuto all'<<obbligo di delineare le linee portanti proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevan argomenti della motivazione della prima sentenza» (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679); per altro verso, che il ricorrente ha formulato censure che non si sono pienamente confrontate con tutte le argomentazioni rassegnate dal giudice di appello e che, soprattutto, non hanno allegato specifici, decisivi ed inopinabili elementi atti a smentire la l da questi offerta degli elementi di prova di natura dichiarativa (in particolare, delle dichiara rese dall'AVV_NOTAIO, valutate nel loro insieme) e documentale.
In particolare, è infondato il rilievo censorio che pretende di vedere neutralizzata valenza distrattiva dell'operazione di fitto di azienda dalla controllante alla controllata per dei prevedibili vantaggi compensativi ritratti dalla prima in conseguenza dell'attività azien
portata avanti dalla seconda, dal momento che questa Corte ha costantemente affermato – come ricordato nella sentenza impugnata – che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un'operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantagg compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l'esistenza d un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l'interessato dimostrare il saldo fin positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse del gruppo, element indispensabile per considerare lecita l'operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Rv. 268675). Tra l'altro, nel caso di specie, non solo non vi è stata una valida allegazione dei vantaggi compensativi conseguibili da parte dell 'RAGIONE_SOCIALE', questi essendo stati indicati in maniera generica e co meramente eventuali, ma gli stessi non erano neppure prevedibili, non avendo la società RAGIONE_SOCIALE né i mezzi finanziari idonei per far fronte al canone di fitto, cui avrebbe provve mediante i fondi ricevuti dalla controllante 'RAGIONE_SOCIALE a titolo di finanzia né un magazzino di prodotti finiti, né un piano industriale, né «un fondo di accantonamento per i crediti da restituire», di modo che la 'newco' nata già in perdita era fallita poco dopo la società madre (cfr. pag. 20-21 della sentenza impugnata).
La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, limitatamente al reato di cui al capo 2), per essere questo estinto per intervenuta prescrizione. Dovendos rigettare nel resto il ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata per la rideterminazion del trattamento sanzionatorio da irrogare per i restanti reati di cui ai capi 9), 10), 11) e 2 rinvio alla Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo 2), i quanto lo stesso è estinto per prescrizione ed annulla la medesima sentenza con rinvio per la rideterminazione della pena alla Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il consigliere estensore
Il Presidente