Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18770 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18770 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 10/06/1971
avverso la sentenza del 12/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME
COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 12 giugno 2024 dalla Corte di appello di Catania, che ha riformato – riconoscendo le attenuanti generiche e rideterminando il trattamento sanzionatorio – la sentenza del Tribunale di Catania, che aveva condannato COGNOME NOME NOME per i reati di bancarotta fraudolenta
distrattiva e di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE” (già “RAGIONE_SOCIALE“), fallita il 16 giugno 2011.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato – nella qualità di amministratore della società, all’epoca dei fatti denominata “RAGIONE_SOCIALE” – avrebbe distratto le attrezzature fornite alla “RAGIONE_SOCIALE” dall società dalla “RAGIONE_SOCIALE“, dal valore complessivo di euro 208.000,00, nonché due autocarri.
Avrebbe, inoltre, sottratto o distrutto le scritture contabili, allo scopo procurarsi un ingiusto profitto o di arrecare danno ai creditori.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 216, 219 e 223 legge fall.
2.1.1. Con riferimento al reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, sostiene che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente tenuto conto del fatto che la “RAGIONE_SOCIALE“, il 2 aprile 2009, era stata ceduta e l’acquirente ne aveva mutato la denominazione in “RAGIONE_SOCIALE“, con conseguente mutamento anche degli organi amministrativi. Tale cessione avrebbe determinato un trasferimento a carico del nuovo amministratore di tutti i diritti e di tutti gli obblighi relativ società. Pertanto, anche a voler ritenere che alcuni beni fossero stati distratti dall’amministratore della precedente società, di tale distrazione ne dovrebbe comunque rispondere l’amministratore della nuova società, che ben avrebbe potuto provvedere al loro recupero.
Sotto altro profilo, il ricorrente contesta la ricostruzione dei giudici di merito, secondo i quali la cessione della società sarebbe stato un mero espediente utilizzato dal ricorrente per coprire la distrazione dei beni.
Sostiene, inoltre, che i giudici di merito sarebbero caduti in contraddizione, condannando il COGNOME e prosciogliendo COGNOME COGNOME, amministratore della “RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente, inoltre, sostiene che – come sarebbe dimostrato dalle fatture allegate al ricorso – i beni oggetto della presunta distrazione sarebbero stati direttamente spediti ai clienti finali, operando la società fallita quale mera intermediaria tra i fornitori e i clienti.
2.1.2. Con particolare riferimento al reato di bancarotta fraudolenta documentale, il ricorrente sostiene che i giudici di merito avrebbero ritenuto dimostrata la sussistenza del dolo sulla base della mera circostanza che l’imputato non sarebbe riuscito a provare che le scritture contabili fossero state trasferite al nuovo amministratore. Tale circostanza, però, a parere del ricorrente, sarebbe
significativa di un comportamento meramente negligente da parte dell’imputato, da ricondurre nell’ambito di applicazione della fattispecie della bancarotta documentale semplice, il cui termine di prescrizione risulterebbe già decorso.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva, in relazione all’art. 458 cod. proc. pen.
Lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, con escussione del teste COGNOME NOMECOGNOME che sarebbe stato a conoscenza della crisi che affliggeva la società nel 2008 e che avrebbe indicato all’imputato la persona alla quale cedere la società.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1.1. La deduzione del ricorrente, che ha sostenuto che l’amministratore della nuova società si sarebbe potuto attivare per recuperare i beni, invero, non è certo idonea a escludere la responsabilità del COGNOME. La condotta distrattiva, infatti, è stata da lui commessa, quando era amministratore della “RAGIONE_SOCIALE“, e lui deve risponderne, a prescindere da eventuali successive negligenze del nuovo amministratore.
La contestazione della ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, oltre a esser versata in fatto, risulta del tutto generica.
Quanto alla presunta contraddizione nella quale i giudici di merito sarebbero caduti nel condannare il COGNOME e nel prosciogliere COGNOME amministratore della “RAGIONE_SOCIALE“, nominato il 2 aprile 2009 -, va rilevato che quest’ultimo è stato prosciolto, già in primo grado, dall’imputazione di bancarotta fraudolenta distrattiva, in considerazione del fatto che le distrazioni in questione erano state effettuate nel periodo compreso tra marzo e ottobre 2008, epoca in cui il COGNOME era ancora completamente estraneo alle vicende della fallita. In considerazione di tale motivazione, alcuna contraddizione è rinvenibile nella decisione dei giudici di merito di assolvere il COGNOME e di condannare il COGNOME.
Quanto alla tesi secondo ia quale i beni sarebbero stati trasferiti direttamente ai clienti finali, va rilevato che sia il giudice di primo grado che la Corte di appell con motivazioni adeguate e prive di vizi logici, hanno ritenuto infondata tale tesi,
ponendo in rilievo che: dalla documentazione in atti, non risultava che la società fallita svolgesse attività di mera intermediazione, svolgendo, invece, come desumibile anche dall’oggetto sociale, un’attività di diretta commercializzazione dei beni; nel patrimonio della società, non erano stati rinvenuti né i beni né il denaro che avrebbe dovuto costituire il corrispettivo della presunta vendita delle attrezzature ai clienti finali; dalla ricostruzione dei fatti, emergeva che la “RAGIONE_SOCIALE” – società del tutto inoperativa e priva pure di un’effettiva sede legale – era stata costituita proprio al fine di coprire la distrazione dei beni in questione l’imputato non era stato in grado di fornire neppure uno dei nominativi dei soggetti a cui sarebbe stata rivenduta la merce.
Quanto alle copie delle fatture allegate al ricorso, va ribadito che, «nel giudizio di legittimità, possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano nuova prova e non comportino un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito» (Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277609; Sez. 3, n. 5722 del 07/01/2016, Sanvitale, Rv. 266390).
Ebbene, nel caso in esame, il ricorrente non ha neppure dedotto di non essere stato in grado di esibire tali documenti nei precedenti gradi di giudizio. Documenti che, peraltro, implicherebbero un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito. Sotto tale profilo, basti solo pensare che non vi è alcun elemento certo dal quale per poter desumere che i beni rappresentati nelle copie delle fatture prodotte siano effettivamente quelli oggetto di contestazione.
1.1.2. Infondata è pure la censura relativa all’elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale. I giudici di merito, invero, hanno ritenuto che la mancata consegna della documentazione al curatore fosse chiaramente finalizzata a coprire le distrazioni effettuate dall’imputato e che la tesi dell’imputato, che aveva sostenuto di avere inviato le scritture contabili a una banca straniera, risultava poco verosimile, oltre che priva del benché minimo elemento di riscontro, atteso che il COGNOME non aveva fornito alcuna indicazione o prova in ordine dell’avvenuta spedizione.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va ribadito che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale, al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 266820).
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in ragione della sua natura eccezionale, in cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in
appello dell’istruttoria dibattimentale solo qualora si dimostri l’oggettiva necessità
dell’incombente istruttorio e, di conseguenza, l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste
illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse
provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez.
5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577; Sez. 6, n. 1256 del
28/11/2013, COGNOME, Rv. 258236).
Oggettiva necessità che nel caso in esame non è stata provata, non avendo la parte dimostrato che la motivazione del provvedimento impugnato presentasse
lacune o manifeste illogicità, concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se fosse stata disposta l’integrazione probatoria
richiesta.
2. Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 21 febbraio 2025.