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Bancarotta fraudolenta: la responsabilità del prestanome

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un amministratore, anche se qualificabile come ‘prestanome’. La sentenza chiarisce che la sola accettazione del rischio che la propria condotta omissiva possa favorire la distrazione di beni sociali è sufficiente per configurare il dolo. L’amministratore, anche se solo formale, ha l’onere di dimostrare la legittima destinazione dei beni mancanti.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Anche il Prestanome Risponde del Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale societario: la responsabilità dell’amministratore ‘prestanome’ nel reato di bancarotta fraudolenta. La decisione chiarisce che accettare formalmente una carica sociale comporta doveri di vigilanza e controllo il cui inadempimento può avere gravi conseguenze penali, anche per chi si ritiene una semplice ‘testa di legno’. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita. L’uomo veniva condannato sia in primo grado sia in appello per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La sua difesa si basava su un punto centrale: egli sarebbe stato un mero prestanome, un amministratore solo sulla carta, mentre la gestione effettiva della società era in mano ad altri. Secondo il ricorrente, la sua nomina era stata solo formale e non aveva mai avuto un ruolo operativo, tanto che la società era rimasta attiva solo per un breve periodo iniziale.

I Motivi del Ricorso e la tesi della difesa sulla bancarotta fraudolenta

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione articolando tre principali motivi di doglianza:

1. Vizio di motivazione: La Corte d’Appello avrebbe errato nel considerarlo un gestore effettivo, basandosi unicamente sulla lunga durata del suo incarico e sulla firma di due bilanci, senza considerare che l’attività operativa della società si era esaurita in breve tempo.
2. Violazione di legge: Si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. La difesa sosteneva che non vi fosse prova della consapevolezza e volontà di partecipare a disegni criminosi, affermando che la condanna si basasse su una forma di responsabilità oggettiva, confondendo il dolo con la semplice colpa.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti: Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello non avesse concesso la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la modesta entità della distrazione contestata (circa 35.000 euro).

La Responsabilità dell’Amministratore di Diritto

Il cuore della questione giuridica verteva sulla possibilità di attribuire la responsabilità per bancarotta fraudolenta a chi, pur essendo formalmente amministratore, non partecipa attivamente alla gestione aziendale. L’imputato cercava di dimostrare di essere stato estraneo alle operazioni distrattive compiute dall’amministratore di fatto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti. I giudici hanno respinto congiuntamente i primi due motivi, ritenendoli infondati. La Corte ha ribadito che non è suo compito rivalutare le prove, ma solo verificare la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Nel merito, la Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione su elementi concreti: la firma da parte dell’imputato di due bilanci relativi proprio agli anni in cui erano avvenute le distrazioni e la successiva sparizione delle scritture contabili. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a fondare la responsabilità.

Un principio cardine ribadito è che l’amministratore (anche quello di diritto) ha l’onere di dimostrare la legittima destinazione dei beni che risultano mancanti dal patrimonio sociale. La sua responsabilità non viene meno solo perché si assume di essere un prestanome. Per la configurabilità del reato è sufficiente il dolo eventuale: basta la consapevolezza che dalla propria condotta omissiva (mancato controllo, mancata vigilanza) possano scaturire gli eventi tipici del reato (la distrazione di beni) e l’accettazione di tale rischio.

Quanto al terzo motivo, la Corte lo ha ritenuto manifestamente infondato. La richiesta di un giudizio di bilanciamento delle circostanze più favorevole era stata formulata in appello in modo generico e non argomentato, rendendo il motivo inammissibile. Sebbene il giudice d’appello possa intervenire d’ufficio su questo punto, il suo mancato esercizio non è sindacabile in Cassazione. Ad ogni modo, la Corte d’Appello aveva comunque motivato il diniego sulla base dei ‘non trascurabili precedenti penali’ dell’imputato, una giustificazione ritenuta sufficiente e non illogica.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: chi accetta la carica di amministratore di una società si assume precisi doveri e responsabilità, non solo civili ma anche penali. La qualifica di ‘prestanome’ non costituisce uno scudo automatico contro l’accusa di bancarotta fraudolenta. Per andare esente da responsabilità, non basta rimanere inerti, ma è necessario dimostrare di aver esercitato i propri doveri di controllo o, in alternativa, di essere stato completamente all’oscuro e impossibilitato a conoscere le attività illecite dell’amministratore di fatto. La consapevole accettazione del rischio che la propria passività possa agevolare la spoliazione del patrimonio sociale a danno dei creditori è sufficiente a integrare il dolo richiesto dalla norma.

Un amministratore ‘prestanome’ può essere ritenuto responsabile per bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la sentenza, la responsabilità sussiste quando l’amministratore formale ha la consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano derivare eventi distrattivi e accetta il rischio che ciò accada (dolo eventuale).

Cosa deve dimostrare un amministratore per non essere condannato per la distrazione di beni sociali?
L’amministratore ha l’onere di fornire la prova della lecita destinazione dei beni che si assumono distratti o occultati dal patrimonio della società. Non può semplicemente affermare di essere estraneo alla gestione.

Il giudice d’appello è obbligato a concedere un bilanciamento più favorevole delle circostanze attenuanti se la richiesta è generica?
No. Se la richiesta nei motivi di appello è generica e non argomentata, il giudice può dichiararla inammissibile. Il mancato esercizio del potere di intervenire d’ufficio su questo punto non è censurabile in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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