LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta: la prova della distrazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di un’amministratrice. La sentenza stabilisce che la prova della distrazione di fondi può essere desunta da prelievi ingiustificati e contabilità irregolare. Viene inoltre ribadita la piena responsabilità penale dell’amministratore di diritto, anche in presenza di un gestore di fatto, escludendo che il ruolo di ‘prestanome’ possa essere una valida difesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Prova della Distrazione e Responsabilità dell’Amministratore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28099/2024, ha fornito importanti chiarimenti sul reato di bancarotta fraudolenta, soffermandosi sui criteri per provare la distrazione di beni e sulla responsabilità penale dell’amministratore di diritto. La decisione conferma un orientamento consolidato, rigettando le tesi difensive basate sulla mera apparenza della carica amministrativa e sulla difficoltà di ricostruire i flussi finanziari a causa di una contabilità lacunosa.

Il Contesto del Caso

La vicenda riguarda l’amministratrice unica di una società, dichiarata fallita nel 2013, condannata in primo e secondo grado per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale. Le accuse si fondavano sulla distrazione di ingenti somme di denaro (oltre 800.000 euro) attraverso prelievi in contanti e assegni privi di giustificazione economica, mascherati con registrazioni contabili anomale e fittizie. Inoltre, all’amministratrice era contestata la percezione di un presunto compenso di 55.000 euro nel 2013, in piena fase di dissesto aziendale e senza una delibera assembleare che lo autorizzasse.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Mancanza di prova della distrazione: Si sosteneva che la contabilità inattendibile e l’assenza di documentazione bancaria non fossero sufficienti a dimostrare l’effettiva esistenza e la successiva sottrazione delle risorse liquide.
2. Errata qualificazione della bancarotta documentale: La difesa chiedeva di derubricare il reato in bancarotta semplice, affermando la mancanza di dolo, poiché l’imputata era solo un’amministratrice ‘formale’ (o ‘prestanome’), mentre la gestione effettiva era in mano al marito.
3. Natura del compenso: Il pagamento di 55.000 euro doveva essere considerato, al più, bancarotta preferenziale e non fraudolenta per distrazione, in quanto rappresentava un compenso per l’attività svolta.
4. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si contestava il diniego delle attenuanti, nonostante l’incensuratezza e il ruolo marginale della ricorrente.

La Decisione della Cassazione sulla Bancarotta Fraudolenta

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Analizziamo i punti salienti della pronuncia.

La Prova della Distrazione di Fondi

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: in tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni stessi. Nel caso di specie, i giudici hanno correttamente ritenuto provata la distrazione attraverso l’analisi di una serie di operazioni anomale: giroconti, prelievi in contanti e assegni senza alcuna indicazione delle ragioni economiche o dei destinatari. Tali operazioni, unite a una contabilità artefatta per occultare il depauperamento, costituiscono un quadro probatorio solido. L’onere di provare la legittima destinazione dei fondi usciti dalle casse sociali ricadeva sull’amministratore, onere che non è stato assolto.

La Responsabilità dell’Amministratore di Diritto

Uno degli aspetti più interessanti riguarda la reiezione della tesi difensiva del ruolo di ‘prestanome’. La Corte ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 2639 c.c., la presenza di un amministratore di fatto (il marito) non esclude la responsabilità penale dell’amministratore di diritto. L’imputata non era una figura marginale: era stata amministratrice dal 2012 fino al fallimento e deteneva l’intero capitale sociale. La responsabilità penale deriva dalla posizione di garanzia assunta con la carica, che impone il dovere di vigilare sulla corretta gestione sociale e di impedire atti pregiudizievoli per la società e i creditori.

Distinzione tra Distrazione e Bancarotta Preferenziale

Per quanto riguarda il compenso di 55.000 euro, la Corte ha confermato la sua natura distrattiva. Per configurare il reato di bancarotta preferenziale, è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo e certo. In questo caso, mancava qualsiasi prova dell’esistenza del debito: non vi era una delibera assembleare (richiesta dall’art. 2389 c.c.) che stabilisse il compenso, né altri elementi a sostegno. L’erogazione di denaro senza un titolo giustificativo valido, specialmente in una fase di grave insolvenza, integra pienamente il reato di distrazione.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Infine, la Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione facendo riferimento alla gravità del fatto, all’entità significativa del passivo fallimentare e all’assenza di qualsiasi segnale di resipiscenza da parte dell’imputata. La motivazione, seppur sintetica, si è basata su elementi decisivi, rendendo la scelta del giudice incensurabile in sede di legittimità.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su principi giuridici consolidati. La responsabilità dell’amministratore non è meramente formale, ma sostanziale, e implica un dovere di controllo e vigilanza sulla gestione aziendale. In caso di fuoriuscita di ingenti somme di denaro senza una chiara giustificazione economica, l’onere della prova si inverte: è l’amministratore a dover dimostrare che tali somme sono state utilizzate nell’interesse della società. La manipolazione delle scritture contabili per nascondere tali operazioni è stata considerata un chiaro indicatore del dolo richiesto per la bancarotta documentale fraudolenta. La sentenza riafferma che il ruolo di ‘prestanome’ non costituisce uno scudo contro le responsabilità penali derivanti dalla carica formalmente ricoperta.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per tutti gli amministratori di società. La carica comporta doveri e responsabilità precise, la cui violazione può avere conseguenze penali molto gravi. Non è possibile eludere tali responsabilità invocando un ruolo meramente formale o la presenza di un gestore di fatto. La corretta tenuta della contabilità e la tracciabilità delle operazioni finanziarie sono elementi essenziali non solo per una sana gestione aziendale, ma anche per proteggersi da accuse di bancarotta fraudolenta in caso di crisi d’impresa.

Come si prova la distrazione di fondi nella bancarotta fraudolenta?
La prova della distrazione può essere desunta da elementi indiretti, come prelievi di contante e assegni privi di giustificazione economica, giroconti anomali e una contabilità tenuta in modo da occultare la destinazione dei beni. L’onere di dimostrare l’impiego lecito dei fondi ricade sull’amministratore.

L’amministratore ‘di diritto’ (prestanome) risponde dei reati fallimentari se la gestione è affidata a un amministratore ‘di fatto’?
Sì, la presenza di un amministratore di fatto non esclude la responsabilità penale dell’amministratore di diritto. Quest’ultimo ha una posizione di garanzia che gli impone di vigilare sulla gestione e risponde per non aver impedito gli atti illeciti, a meno che non provi la sua totale estraneità.

Un compenso erogato all’amministratore senza delibera assembleare in una società in crisi è considerato distrazione o bancarotta preferenziale?
È considerato bancarotta fraudolenta per distrazione. Per configurare la bancarotta preferenziale, è necessario che il pagamento estingua un debito effettivo e provato. L’erogazione di un compenso senza una valida delibera assembleare che lo stabilisca costituisce una sottrazione di risorse senza titolo giustificativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati