LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Bancarotta fraudolenta: la prova del dolo specifico

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di due amministratori per la totale assenza di scritture contabili. La sentenza chiarisce che il dolo specifico, necessario per questo reato, può essere provato attraverso elementi presuntivi come l’elevata esposizione debitoria, la mancata collaborazione con gli organi fallimentari e il trasferimento anomalo della carica sociale. Viene così respinta la richiesta di derubricazione a bancarotta semplice.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta Documentale: Quando l’Assenza di Scritture Contabili è Reato

La gestione delle scritture contabili è un obbligo fondamentale per ogni impresa. La loro assenza al momento di un fallimento può avere conseguenze penali gravissime. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini tra la bancarotta fraudolenta documentale e la bancarotta semplice, chiarendo come si possa provare l’intento fraudolento anche in assenza dei libri contabili. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere la logica seguita dai giudici nel valutare la condotta degli amministratori.

Il Caso: Dalla Gestione Familiare alla Condanna

La vicenda giudiziaria riguarda due amministratori di una S.r.l., legati da un rapporto di parentela (suocera e suocero). La prima amministratrice gestisce la società fino a novembre 2013, per poi passare l’incarico al secondo, un uomo di 83 anni, che lo mantiene fino alla dichiarazione di fallimento nell’aprile 2016.

Il problema principale emerge durante la procedura fallimentare: i curatori non rinvengono alcuna scrittura contabile. Questa totale assenza impedisce di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari della società, danneggiando inevitabilmente i creditori. Di conseguenza, entrambi gli amministratori vengono condannati in primo grado a tre anni di reclusione per bancarotta fraudolenta documentale in concorso. La Corte d’Appello conferma sostanzialmente la sentenza, riducendo solo la pena per l’amministratore più anziano grazie alla concessione delle attenuanti generiche.

La Difesa e il Tentativo di Derubricazione

Gli imputati presentano ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errore di valutazione: I giudici avrebbero utilizzato erroneamente le relazioni dei curatori relative a una precedente dichiarazione di fallimento poi annullata.
2. Mancata derubricazione: La condotta doveva essere qualificata come bancarotta semplice documentale, un reato meno grave. La difesa sostiene che le scritture contabili non sono mai esistite (ab initio) e che mancava la prova dell’intento fraudolento (dolo specifico).
3. Mancata concessione delle attenuanti: Si lamenta la negazione delle attenuanti generiche per la prima amministratrice.

L’obiettivo della difesa era chiaro: trasformare l’accusa in quella di bancarotta semplice per omessa tenuta delle scritture, che non richiede il fine specifico di arrecare un danno ai creditori.

Bancarotta Fraudolenta: La Prova del Dolo Specifico

Il cuore della questione giuridica risiede nella distinzione tra la bancarotta fraudolenta documentale (art. 216 Legge Fallimentare) e quella semplice (art. 217). La prima, più grave, si configura quando le scritture vengono sottratte, occultate, distrutte o tenute in modo da non permettere la ricostruzione del patrimonio, con lo scopo specifico di trarre un profitto ingiusto o danneggiare i creditori. La seconda, invece, punisce la semplice omissione della tenuta dei libri contabili, anche per negligenza, senza che sia necessario provare un fine fraudolento.

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, spiega come l’elemento soggettivo del reato più grave, il dolo specifico, possa essere provato attraverso una serie di elementi presuntivi e circostanze esterne.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la condanna per bancarotta fraudolenta. Le motivazioni sono articolate e seguono un filo logico rigoroso.

In primo luogo, i giudici sottolineano che, secondo la giurisprudenza consolidata, il dolo specifico può essere desunto da fatti e circostanze esteriori. Nel caso specifico, sono stati individuati diversi indici rivelatori dell’intento fraudolento:
La totale assenza di contabilità: Non una semplice irregolarità, ma una sparizione completa che rende impossibile ogni verifica.
L’ingente esposizione debitoria: L’alto livello di debiti rendeva palese che l’occultamento delle scritture avrebbe danneggiato i creditori.
Il passaggio di consegne anomalo: Il trasferimento della carica di amministratore a un parente di 83 anni è stato interpretato come un tentativo di “scaricare” le responsabilità su un’altra persona, rendendo più difficile l’accertamento dei fatti.
La totale mancanza di collaborazione: L’irreperibilità e il silenzio degli amministratori di fronte agli organi fallimentari sono stati visti come un ulteriore elemento a conferma della volontà di ostacolare la procedura.

La Corte ha inoltre smontato la tesi difensiva secondo cui i bilanci depositati fino al 2010 potessero essere falsi. I giudici hanno affermato che la redazione stessa di un bilancio presuppone logicamente l’esistenza dei libri contabili da cui i dati sono estratti. Ad ogni modo, anche se i bilanci fossero stati falsi, ciò avrebbe costituito un’ulteriore prova dell’intento di arrecare pregiudizio ai creditori.

Infine, è stata respinta anche la doglianza sulla mancata concessione delle attenuanti generiche all’ex amministratrice, in quanto la decisione del giudice di merito era basata sui suoi precedenti penali, una motivazione ritenuta non illogica né arbitraria.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori di società. La Corte di Cassazione conferma che la totale scomparsa delle scritture contabili, specialmente in un contesto di grave indebitamento e condotte elusive, non viene trattata come una mera negligenza, ma come un’azione dolosa finalizzata a danneggiare i creditori. L’onere di dimostrare l’assenza dell’intento fraudolento ricade, di fatto, sull’imputato, che deve fornire spiegazioni credibili per la sparizione dei documenti. In assenza di tali spiegazioni, gli indizi logici e le circostanze del caso diventano sufficienti per fondare una condanna per il grave reato di bancarotta fraudolenta.

Quando l’omessa tenuta delle scritture contabili integra il reato di bancarotta fraudolenta e non quello di bancarotta semplice?
Integra il reato di bancarotta fraudolenta quando l’omissione, l’occultamento o la distruzione dei libri contabili è compiuta con lo scopo specifico (dolo specifico) di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Come può essere provato l’intento fraudolento (dolo specifico) se i libri contabili sono completamente assenti?
Può essere provato attraverso elementi indiziari e circostanze esteriori. Nel caso di specie, la Corte ha considerato rilevanti: l’ingente esposizione debitoria della società, il trasferimento della carica a un parente molto anziano, la totale mancanza di collaborazione con gli organi fallimentari e il mero sottrarsi a ogni contatto con il curatore.

La tesi difensiva secondo cui i libri contabili non sono mai stati istituiti è sufficiente per escludere la bancarotta fraudolenta?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la sistematica presentazione dei bilanci annuali (avvenuta fino a un certo anno) presuppone l’esistenza delle scritture contabili. Inoltre, anche l’omessa istituzione ab initio dei libri contabili, se posta in essere con il fine di danneggiare i creditori, può integrare il dolo specifico richiesto per la bancarotta fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati