Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10434 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10434 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPOSAMPIERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di “FRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che non è stata formulata richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 202:0, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n 112.
Lette la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, e le conclusioni del difensore del ricorrente AVV_NOTAIO per l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata il 02/02/2023, la Corte di appello di Trieste rideterminata in melius la durata delle pene accessorie fallirnentari nella durata corrispondente alla pena principale e applicata la sospensione condizionale della pena – ha, nel resto, confermato la sentenza del 23/10/2018 con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, il Tribunale di Udine aveva dichiarato NOME COGNOME, quale amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 27/03/2014, responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta per plurime distrazioni e di bancarotta fraudolenta documentale e, con le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla circostanza aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, lo aveva condannato alla pena principale di anni 1 e mesi 4 di reclusione.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Trieste ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limil:i di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo ha ad oggetto l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo 1) dell’imputazione.
Applicando erroneamente gli artt. 216 e 223 I. fall., la sentenza impugnata, in presenza di 31 contestazioni di fatti distrattivi, ha confermato quella di primo grado, pur avendo ritenuto lecite alcune operazioni, contraddicendosi con particolare riguardo a distrazioni per complessivi 122.500 euro, ritenute giustificate, così come il prelievo complessivo di 190.347 euro ritenuto dalla difesa legittima restituzione di un finanziamento dell’imputato, che è stata erroneamente considerata meramente congetturale.
La sentenza impugnata ha confermato la condanna per la bancarotta distrattiva nonostante la consulenza difensiva avesse dimostrato la sussistenza della bancarotta “riparata”, in considerazione del versamento di 190 mila euro, laddove non è stata dimostrata con precisione ciascuna delle singole distrazioni, mentre con riguardo alla somma di circa 321 mila euro prelevati nel 2011, i giudici di merito hanno ritenuto il carattere ingiustificato dei prelievi nonostante la diversa valutazione della Guardia di Finanza, che l’aveva considerata collegata alla restituzione di un finanziamento soci.
Quanto ai pagamenti ad altre società riconducibili al ricorrente, non è stata valutata la consulenza tecnica della difesa, che aveva evidenziato il carattere giustificato dei singoli esborsi.
Pur ritenendo condivisibili alcune argomentazioni svolte nell’atto di appello (in particolare, con riguardo al finanziamento di 122.500), la sentenza impugnata non ne ha tenuto conto ai fini della decisione finale in ordine a tutti i fatti di bancarotta patrimoniale contestati, il che rende contraddittoria la motivazione.
In ordine al versamento di circa 190 mila euro, il consulente aveva evidenziato che doveva essere ritenuto apporti provenienti dal socio e a.u. COGNOME, laddove lo stesso curatore aveva rilevato che il versamento era privo di causale, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto mancante la prova certa che la somma affluite nelle casse di RAGIONE_SOCIALE 4 provenisse dalle disponibilità dell’imputato, sicché non era possibile provare l’esistenza di u finanziamento, ragionamento, questo, al quale ha aderito la Corte di appello, ma l’argomento fondato sulla tipologia di attività svolta dalla società (acquisto, ristrutturazione e vendita di un unico complesso immobiliare a RAGIONE_SOCIALE), pur in assenza di una completa contabilità, era evidente e non poteva essere considerato una mera congettura, tanto più in un periodo di sospensione delle attività come quello ritenuto in sentenza, laddove il curatore ha riferito di una mancanza di corrispondenza a una precisa causale e il bilancio 2011 registrava la voce “debiti verso soci per finanziamenti” per circa 300 mila euro. In realtà è stata operata un’inversione dell’onere della prova, in quanto, con riferimento alle somme versate, il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere sussistenti gli elementi della bancarotta riparata.
Sotto il profilo psicologico, il comportamento dell’imputato doveva essere approfondito alla luce dei finanziamenti operati per oltre 190 mila euro, dovendosi verificare se le ulteriori condotte era sostenute dal dolo.
2.2. Il secondo motivo lamenta erronea applicazione degli artt. 214, 224 I. fall. e vizi di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione giuridica del fatto, non risultando provato l’elemento psicologico dell’imputato, tanto più se si ritiene che dette condotte siano ricollegabili a spese eccessive rispetto alle condizioni economiche dell’imputato o rappresentative di operazioni che hanno aggravato il dissesto.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 216 e 223 I. fall., nonché dell’art. 43 cod. pen. e vizi di motivazione in ordine alla condanna per bancarotta documentale, essendo la motivazione sull’elemento psicologico meramente apparente e illogica, in quanto la circostanza che non sia stato accertato chi abbia effettuato i versamenti sui conti della società non è certo considerabile un fatto favorevole all’imputato e da lui voluto, laddove la difesa aveva dedotto che gli accertamenti degli organi fallimentari non erano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza.
2.4. Il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 217 e 224 I. fall., dell’art. 521 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione della bancarotta documentale da fraudolenta in semplice, posto che l’irregolare tenuta della documentazione, per l’insussistenza di uno stato di decozione dell’impresa nell’anno 2011, poteva configurare, eventualmente, una condotta colposa, laddove dagli estratti conto era stato possibile tracciare gli apporti dell’imputato a favore della società per complessivi 122.500 euro a titolo di finanziamento.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, mentre il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo deve essere rigettato, così come il secondo. 9X
2.1. La Corte distrettuale ha rilevato che nel 2011 RAGIONE_SOCIALE 4 aveva ricavato introiti dalla vendita di appartamenti realizzati e aveva registrato prelievi per circa 321 mila euro, prelievi effettuati in contanti o con bonifici senza alcuna evidente motivazione connessa all’attività aziendale.
Osserva la sentenza impugnata che la difesa dell’imputato aveva ricondotto detti prelievi alla restituzione di finanziamenti del socio unico e al pagamento di fatture, deducendo, in particolare, che il prelievo di circa 118 mila euro derivava da fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” e reperite dal curatore presso questa ditta, mentre l’importo di 20 mila euro era collegato alla fattura emessa da RAGIONE_SOCIALE; COGNOME avrebbe poi erogato finanziamenti per 122.500 euro. Vi erano poi circa 190 mila euro versati sui conti correnti della società di cui non era dato conoscere l’origine, anche se, con giudizio deduttivo, detto importo era ricondotto ad altro finanziamento dell’imputato.
La Corte distrettuale richiama poi gli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, secondo i quali nel 2011 l’importo di circa 190 mila euro era stato prelevato senza che risultasse con certezza la riconduzione delle somme agli interessi e all’attività delle società, mentre il finanziamento di COGNOME
ammontava a 122.500 euro e, dunque, poteva costituire al più ragione di una parte dei prelievi registrati. Se la somma di euro 118.670 poteva in astratto corrispondere a fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, come rilevato dal giudice di primo grado, non vi è certezza che i versamenti effettuati a tale ditta siano andati a coprire le fatture emesse da essa, emergendo che solamente una delle fatture emesse nel 2011 corrispondeva, per data e importo a una delle fatture della ditta RAGIONE_SOCIALE (la fattura n. 7 del 2011, per un importo – si apprende dalla sentenza di primo grado a pag. 8 – di euro 14.700), mentre non vi è corrispondenza tra le altre fatture e le uscite. Per quanto riguarda Bleck Box, non è stata reperita la fattura e non vi è riscontro della prestazione. Osserva ancora il giudice di appello che la somma di 190.347 euro non ha trovato giustificazione sulla sua origine e sulla riconducibilità a un finanziamento di COGNOME.
La Corte di appello ha poi escluso la ricorrenza della figura della bancarotta riparata, non essendovi certezza che la somma di 190.347 euro versata sia effettivamente riconducibile a COGNOME e costituisca una movimentazione in entrata finalizzata a parificare gli importi successivamente sottratti.
2.2. Alla luce della ricostruzione in sintesi richiamata, rileva il Collegio che la Corte distrettuale, con riferimento (solo) alla somma di 14.700 euro (la seconda nell’elenco ricompreso nell’imputazione), ha – implicitamente, ma univocamente – escluso il fatto distrattivo, senza ricadute sulla commisurazione della pena, già attestata sul minimo edittale (anche alla luce della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, applicate nella massima portata riduttiva).
Ciò premesso, le doglianze del ricorso non inficiano la tenuta logico-giuridica della motivazione della sentenza impugnata’ Esso valorizza i dedotti versamenti attribuiti al ricorrente su un duplice piano; da una parte, eSSi offrirebbero la giustificazione ai prelievi dai conti della fallita (in contanti o per il tramit bonifici) rilevati, mentre, dall’altra, integrerebbero i requisiti della c.d. bancarott riparata. Le due prospettive non sono, all’evidenza, sovrapponibili, tanto più che la prima lascerebbe impregiudicata la possibile riqualificazione del fatto distrattivo nel reato di bancarotta preferenziale.
Del resto, la valorizzazione dei dedotti prelievi in termini di “restituzione finanziamento soci” (causale valorizzata dal ricorso) rivela un rilevante profilo di genericità, non risultando la specifica natura di tali dedotti finanziamenti, che, se effettuati in conto capitale, connotano il relativo prelievo a titolo di restituzione i termini di bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società, mentre se effettuati a titolo di mutuo, la restituzione può integrare la fattispecie di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031
– 01; conf. Sez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872 – 01). Il che, già priva di fondamento – colorando anzi in termini di aspecificità – plurime censure proposte dal ricorso.
La sentenza impugnata ha congruamente motivato le ragioni per cui diversamente che per la fattura n. 7 del 2011 già esaminata – le (altre) fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, così come quella emessa da RAGIONE_SOCIALE Box, non sono idonee a giustificare i riscontrati prelievi, sicché non sussiste la contraddittorietà della motivazione sulla quale insiste il ricorso. Rilievo, questo, valido anche per le doglianze afferenti la c.d. bancarotta riparata, la cui esclusione è stata oggetto di puntuale motivazione non scalfita, sul piano argomentativo, dalle doglianze del ricorrente, sostanzialmente reiterative. Le ulteriori censure basate sui vari dedotti versamenti hanno anch’esse trovato puntuale risposta nella motivazione della sentenza impugnata’ e, comunque, non superano il rilievo di aspecificità sopra messo in luce a proposito della natura del versamento (e sui riflessi circa la relativa restituzione). Il che priva d consistenza anche la – peraltro generica doglianza relativa al dolo, peraltro diffusamente motivato dalle conformi sentenze di merito, lì dove hanno evidenziato che nel 2011 la fallita già presentava profili di dissesto, puntualmente messi in luce sulla base di dati non oggetto di altrettanto puntuale disamina critica da parte del ricorso.
2.3. L’infondatezza delle doglianze sul dolo ora messa in luce rende ragione anche dell’infondatezza del secondo motivo.
Anche il terzo e il quarto motivo non meritano accoglimento.
La Corte distrettuale ha rilevato che – come comprovato dalla inidoneità della documentazione contabile a dar conto della provenienza dei versamenti e dei destinatari dei prelievi – la documentazione non consentiva una compiuta ricostruzione della situazione patrimoniale e del movimento degli affari, condotta consapevolmente tenuta in danno dei creditori.
Lungi dal risultare apparente e illogica, come sostenuto dal ricorso, la motivazione resa sul punto è in linea con il principio di diritto in forza del quale, in tema di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, primo comma, n. 2 I. fall., il dolo generico può essere desunto, con metodo logico-presuntivo, dall’accertata responsabilità dell’imputato per fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto la condotta di irregolare tenuta dei libri o delle altre scritture contabili, che rappresenta l’evento fenomenico dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale (Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022, COGNOME, Rv. 283659 –
01). L’infondatezza del motivo sulla bancarotta fraudolenta documentale comporta altresì l’infondatezza del quarto motivo teso alla riqualificazione in termini di bancarotta semplice documentale.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.IM.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/01/2024.