Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a TUFO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore, AVV_NOTAIO, anche quale sostituto processuale dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME-entrambi difensori di fiducia dell’imputato NOME-che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, riportandosi ai motivi di ricorso di cui insiste per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 gennaio 2024, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Benevento, riduceva la durata delle pene accessorie fallimentari applicate a NOME COGNOME, confermandone la responsabilità (e la misura della pena principale) per i delitti ascrittigli:
di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere, quale amministratore unico della soc. RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita 1’8 agosto 2012, distratto la somma di euro 159.000 a favore di altra società del gruppo (la RAGIONE_SOCIALE) ed i beni del magazzino, per un controvalore di oltre 150.000 euro, ceduti a prezzo incongruo ad altre società del gruppo (la medesima srl RAGIONE_SOCIALE e le srl RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE);
di bancarotta fraudolenta documentale, per avere, nella qualità di cui sopra, omesso di tenere i libri e le scritture contabili della società fallita nel 2007 e ne 2008, così non consentendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società ed allo scopo di recare pregiudizio ai creditori della stessa.
1.1. La Corte d’appello, in risposta ai dedotti motivi di gravame, osservava quanto segue.
Quanto al delitto di bancarotta documentale il curatore aveva riferito che l’assenza delle scritture contabili relative agli anni 2007 e 2008 aveva impedito una piena ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita (per gli anni precedenti il 2009).
Il prevenuto, pur diventato amministratore della fallita a partire dal giugno 2009, sin dal 2005 era l’amministratore di altre società del gruppo, le srl RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, socie della medesima fallita così da essere pienamente consapevole dello stato economico-contabile, di profonda crisi, della stessa.
Peraltro, sempre dal 2009, quando il prevenuto ne era divenuto l’amministratore, la fallita non risultava avere più operato e tantomeno aveva saNOME lo squilibrio finanziario evidenziato nel bilancio relativo all’ultimo precedente, il 2008 (il cui risultato era risultato in perdita per euro 695.000), bilancio redatto ed approvato proprio dall’imputato.
Ed era da tale momento che il prevenuto realizzava le distrazioni contestategli, così spogliando la società degli attivi residui. Dovendosi così concludere che la sparizione delle scritture contabili precedenti al 2009 (sulla base delle quali l’imputato aveva potuto redigere il bilancio 2008) era dolosamente finalizzata (escludendosi pertanto l’ipotesi colposa di cui all’art. 217 legge fall.) a pregiudizio delle ragioni dei creditori, impedendo la ricostruzione degli affari che avevano condotto alla ingente perdita d’esercizio di cui si è detto.
Quanto alle condotte di distrazione, lo stesso curatore aveva riferito che, nel 2010 e nel 2011 – in presenza della rilevata crisi aziendale – l’imputato aveva conferito ad alcune società del gruppo sia la somma 159.000 sia i beni del magazzino per complessivi euro 152.000 (valore indicato nell’inventario di inizio 2009), in totale assenza di corrispettivo, sia per la somma versata a titolo di finanziamento sia per quella corrisposta per la vendita dei beni del magazzino, interamente dirottata ad altra società del gruppo.
Vero è che Il consulente della difesa aveva affermato che tali conferimenti si spiegavano nella logica di gruppo ma non si era potuto accertare alcun vantaggio compensativo in capo alla fallita (anche le quote della società beneficiaria da questa possedute erano state interamente svalutate a seguito del fallimento anche di questa).
Riteneva infine, la Corte di merito, che non vi fossero ragioni per mutare il giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee, fissato dal Tribunale in termini di equivalenza, considerando i precedenti, anche specifici, del reo, l’assenza di volontà risarcitoria e la mancata giustificazione della complessiva condotta fraudolenta consumata.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 599 bis cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione in ordine al rigetto d proposto concordato sulla pena (ed al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti).
Mutando il giudizio di bilanciamento delle circostanze eterogenee, dall’equivalenza alla prevalenza delle attenuanti, si era concordata con il PG, all’udienza del 15 gennaio 2024, la riduzione della pena ad anni 2 di reclusione (dagli originari anni 3 inflitti dal Tribunale).
Presone atto, la Corte d’appello aveva comunque invitato le parti a concludere anche nel merito ed aveva così deciso sull’appello, rigettando pertanto il concordato senza consentire alle parti di rimodulare il medesimo, in spregio di quanto previsto dal comma 3 bis dell’art. 599 bis cod. proc. pen.
A ciò si aggiungeva il difetto di motivazione sul punto, posto che la Corte non aveva adeguatamente motivato il rigetto della modifica del giudizio di bilanciamento, limitandosi ad affermare la presenza di precedenti condanne a carico del prevenuto.
Senza così considerare: la collaborazione del medesimo con il curatore e l’accettazione del giudizio di condanna.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in riferimento al delitto di bancarotta documentale.
La Corte non aveva tenuto conto delle affermazioni contenute nelle relazioni del curatore, dott. COGNOME, e del consulente della pubblica accusa, dott. COGNOME.
Il curatore, infatti, nella relazione del 2015 (e non in quella del 2013 come erroneamente riportato in sentenza) aveva concluso che i libri e le scritture contabili erano state tenute in modo da consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita. Ancorchè, invero, l’assenza della contabilità relativa agli anni 2007 e 2008 avrebbe consentito un esame più esaustivo della situazione.
Di contro, non era stato evidenziato alcun altro elemento che consentisse di concludere per la ritenuta impossibilità di ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari.
Né il dolo specifico poteva essere dedotto da una condotta successiva, del 2009, relativa alla cessione delle merci. Doveva peraltro anche considerarsi che l’imputato aveva assunto il ruolo di amministratore solo a fine giugno del 2009 stesso così da non poterglisi imputare l’omessa tenuta delle scritture nel 2007/2008.
Né poteva desumersi, dall’accettazione della carica, che le scritture relative a quegli anni esistessero e fosse stato l’imputato a farle sparire.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione della condotta contestata a titolo di bancarotta fraudolenta documentale.
Quanto si è sopra argomentato avrebbe dovuto condure alla derubricazione del fatto nell’ipotesi punita a titolo di colpa.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato in ordine alle condotte di bancarotta patrimoniale.
La Corte d’appello si era limitata a riprendere, sul punto, le considerazioni del curatore e del consulente della pubblica accusa.
Non vi era prova che le rimanenze fossero state cedute quando il prevenuto era l’amministratore della società (ed anzi il c.t. dell’accusa aveva riferito che la cessione era antecedente) né si era valutato il fatto che, quanto alla somma di euro 159.000, vi avesse corrisposto un vantaggio per altra società del gruppo che l’aveva ricevuta a titolo di finanziamento infruttifero.
2.5. Con il quinto motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzioNOMErio, con particolare riguardo al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.
Si era fatto riferimento all’assenza dell’imputato nel processo dimenticando così la sua fattiva collaborazione con il curatore ed il fatto, riferito dal medesimo curatore, che egli avesse amministrato la fallita con la necessaria diligenza.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso promosso nell’interesse dell’imputato è infondato.
Il primo motivo di ricorso – speso sulla invocata violazione dell’art. 599 bis cod. proc. pen. posto che, all’udienza del 15 gennaio 2024, rigettato il concordato sulla pena proposto dalle parti presenti, la Corte d’appello non aveva consentito alle stesse di interloquire sul provvedimento di rigetto – non tiene conto della recente precisazione di questa Corte, secondo cui, in caso di concordato con rinuncia ai motivi in appello, non è affetta da nullità la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento, qualora l’appellante, all’udienza di discussione, abbia concluso – come è avvenuto nell’odierno caso concreto – anche nel merito, riportandosi ai motivi di gravame per il caso di mancato accoglimento della proposta sulla pena, posto che il predetto ha, in tal modo, rinunziato implicitamente alla proposizione di un nuovo accordo (Sez. 2, n. 45287 del 17/10/2023, Santacruz, Rv. 285347).
Né può muoversi critica alcuna al provvedimento di rigetto del concordato della Corte di merito posto che il punto sul quale l’accordo fra le parti si era fondato – il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla contestata aggravante – è stato comunque vagliato dalla Corte di merito, in sede di decisione finale, laddove ha ritenuto infondata la relativa censura.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso – sulla ritenuta sussistenza del delitto di bancarotta documentale e sulla mancata derubricazione di tale condotta nell’ipotesi gradata di bancarotta semplice – sono inammissibili perché interamente versati in fatto e perché sollecitano una lettura alternativa dei fatti, rispetto quanto accertato, con motivazione priva di manifesti vizi logici dal Tribunale prima
e dalla Corte d’appello poi (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, COGNOME, Rv. 207944; ed ancora: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, COGNOME, Rv. 229369).
La non manifesta illogicità del percorso argomentativo seguito, in particolare, dalla Corte di merito risulta dai seguenti passaggi.
Innanzitutto, si era considerato che l’imputato era il sostanziale dominus del gruppo in cui la società fallita era inserita (falliranno, poi anche tutte le altre eccezione di una, ammessa al concordato preventivo).
Anche a prescindere da tale ruolo di fatto, l’imputato era a conoscenza della operatività e delle condizioni economiche della fallita risultando essere l’amministratore delle altre società del gruppo proprietarie delle quote della fallita (così quantomeno partecipando alle assemblee).
La fallita, già nel corso del 2008, era entrata in uno squilibrio economico finanziario irreversibile tanto da accumulare, alla fine di tale esercizio. una perdita di ben 695.000 curo.
Perdita di cui l’imputato era perfettamente al corrente avendo lui stesso redatto il bilancio, dopo esserne diventato l’amministratore nel corso del 2009. Disponendo, con tutta evidenza, delle scritture contabili che tale squilibrio avevano consentito di fissare nell’indicato risultato finale.
Solo successivamente, e quindi sotto l’amministrazione del prevenuto, le scritture erano scomparse.
Scomparsa ed occultamento che doveva essere pertanto ascritta al medesimo e che era funzionale ad impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita fino a tutto il 2008, così dissimulando le ragioni del evidenziata perdita di esercizio, in evidente e voluto pregiudizio delle ragioni dei creditori.
Era pertanto evidente sia la condotta materiale consumata, l’occultamento dei libri e le scritture contabili, sia il dolo specifico di danno ai creditori (co conseguente impossibilità di derubricare la condotta nell’ipotesi colposa), sia l’attribuibilità all’odierno imputato della medesima.
Il quarto motivo – sulla ritenuta sussistenza delle due ipotesi di bancarotta patrimoniale – è parimenti inammissibile perché anch’esso interamente versato in fatto, perché propone una lettura alternativa delle emergenze e perché non affronta gli argomenti utilizzati dalla Corte di merito in risposta agli analoghi motivi di appello.
La Corte di merito, infatti, aveva osservato come i due esborsi – la somma di euro 159.000 versata a titolo di finanziamento (infruttifero) ad una società collegata e i beni del magazzino ceduti ad altre società del gruppo (il cui
corrispettivo finito ad altra società del gruppo) – fossero stati effettuati in assenza di concreta contropartita, così da determinare una ingiustificata lesione, a danno dei creditori, del patrimonio della società, sussistendo gli “indici di fraudolenza” (vd. Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 270763) costituiti dal fatto che le società beneficiarie facevano anch’esse riferimento all’imputato e che le condotte depauperative erano state consumate quando lo stato di crisi della fallita era già conclamato.
Né poteva affermarsi, come si invoca nel ricorso, che tale impoverimento rispondesse ad una “logica di gruppo”, posto che si è già avuto modo di precisare che, per escludere la natura distrattiva di un’operazione di trasferimento di somme da una società ad un’altra, non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo “gruppo”, dovendo, invece, l’interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata (Sez. 5, n. 47216 del 10/06/2019, COGNOME, Rv. 277545).
Vantaggi, per l’odierna fallita, che non risultano e che non vengono neppure dedotti.
Resta da ultimo il quinto motivo, sul trattamento sanzioNOMErio, anch’esso privo di concreto fondamento.
Si è censurato il giudizio di sola equivalenza delle circostanze attenuanti generiche ma sul punto occorre ricordare come si sia già avuto modo di affermare che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Nel caso di specie, si erano evidenziate le precedenti condanne patite dal prevenuto anche per fatti specifici, così rendendo una motivazione non manifestamente illogica sul punto.
Al complessivo rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma il 30 settembre 2024.