Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1689 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1689 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Guerriero NOME nato a Mugnano del Cardinale il 25 marzo 1958; Guerriero NOME nato a Mugnano del Cardinale il 23 agosto 1952;
avverso la sentenza del 29 gennaio 2024 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e per il rigetto di quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
letta la memoria depositata il 30 settembre 2024 dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME con la quale si insiste per raccoglimento del ricorso;
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letta la memoria depositata il 9 ottobre 2024 dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME con la quale, anche in replica alla requisitoria rassegnata dal Pubblico Ministero, si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Napoli, confermando la condanna pronunciata in primo grado ha valutato inammissibile l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e ha rigettato quella proposta nell’interesse di NOME COGNOME entrambi ritenuti responsabili dei delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale perché, nella loro qualità di amministratori (di diritto, il primo, e di fatto, il secondo) della societ RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita il 9 dicembre 2013): a) avrebbero venduto gli automezzi della fallita alla società “RAGIONE_SOCIALE” senza ricevere alcun corrispettivo e avrebbero omesso di riscuotere i crediti derivanti da una pluralità di operazioni economiche poste in essere con le altre società del gruppo (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE); b) avrebbero sottratto o omesso di tenere i libri e le altre scritture contabili obbligatorie o, comunque, li avrebbero tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
Propongono ricorso per cassazione tanto NOME quanto NOME COGNOME.
Il ricorso proposto nell’interesse di quest’ultimo, si compone di cinque motivi d’impugnazione.
3.1. Il primo, formulato sotto il profilo della violazione di legge e de connesso vizio di motivazione, deduce la natura non distrattiva della prima condotta contestata (la cessione degli automezzi venduti dalla fallita ad altra società del gruppo senza ricevere il corrispettivo di 240 mila euro). La difesa non nega di non aver pagato gli automezzi (poi concessi in locazione della società acquirente, RAGIONE_SOCIALE, alla stessa fallita), ma sostiene, richiamando la consulenza tecnica di parte (redatta dalla dott.ssa COGNOME che, in realtà tanto doveva ritenersi giustificato alla luce di una pregressa compravendita a parte inverse, non onorata dalla fallita. In altri termini, gli stessi automezzi erano sta in precedenza venduti dalla “RAGIONE_SOCIALE” alla “RAGIONE_SOCIALE, senza che quest’ultima avesse versato il corrispettivo previsto. Cosicché il successivo trasferimento sarebbe, nella realtà economica, un “reso” privo di valenza depauperatoria in quanto, attraverso esso, si azzerava in bilancio il relativo debito
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esistente nei confronti della società acquirente, rimanendo invariata la consistenza patrimoniale della società fallita.
3.2. Il secondo motivo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione attiene alla ritenuta esistenza di un gruppo imprenditoriale di fatto (comprensivo della società fallita, della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE” tutte società riconducibili ai RAGIONE_SOCIALE). La difesa sostiene che la mancanza di una contestualità operativa impedirebbe di ritenere l’esistenza di un gruppo di società e tanto, si continua, sconfesserebbe l’assunto accusatorio, fondato, invece, proprio sull’esistenza di una cointeressenza economica fra le varie società coinvolte.
3.3. Il terzo motivo contesta l’attribuzione delle funzioni gestorie in capo al ricorrente. L’assunto accusatorio si fonderebbe, sostiene la difesa, sulle dichiarazioni rese dagli autisti e dall’amministratore di diritto (intrinsecament inattendibile in quanto in conflitto d’interesse). Ma nessuno di loro ha mai riferit circa lo svolgimento da parte dell’imputato di attività ulteriori (diverse da quel strettamente attinenti al comparto trasporti), né dell’assunzione di responsabilità gestionali ulteriori rispetto a quelle strettamente afferenti al ruolo da lui svo all’interno della compagine sociale. Tanto, continua la difesa, renderebbe la motivazione radicalmente carente ed inidonea a sostenere l’assunto accusatorio.
3.4. Il quarto motivo, formulato in termini di vizio di motivazione, concerne il reato di bancarotta fraudolenta documentale e deduce che le scritture contabili rinvenute presso la sede legale della società dovrebbero essere integrate dalla documentazione contabile depositata presso la segreteria della commissione tributaria presso cui è stato incardinato il ricorso proposto dalla società fallita. tanto, per come riferito dalla consulente di parte, permetterebbe la completa ricostruzione delle vicende societarie.
3.5. Il quinto motivo contesta il mancato accoglimento del concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen. ed il trattamento sanzionatorio.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si compone di due motivi d’impugnazione, entrambi i formulati sotto i profili della violazione di legg del vizio di motivazione.
4.1. Con il primo, il ricorrente deduce di non aver mai ricevuto alcuna notifica relativa al procedimento penale, né di essere mai stato informato dell’emissione della sentenza, che successivamente ha impugnato. Tanto, ad avviso della difesa, avrebbe determinato una nullità a regime intermedio con conseguente sospensione del decorso dei termini per la proposizione dell’impugnazione.
4.2. Il secondo deduce la violazione degli artt. 587 cod. proc. pen. (nella parte in cui la Corte territoriale non avrebbe valutato l’effetto estensiv dell’impugnazione proposto dal coimputato, NOME COGNOME) e 175 cod. proc. pen. (nella parte in cui la Corte territoriale, ritenendo tardiva l’impugnazione, non avrebbe ritenuto sussistente l’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, restituendo così in termini il ricorrente ai fini della proposta impugnazione).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è complessivamente infondato.
1.1. Il primo motivo è indeducibile.
La natura distrattiva della prima condotta contestata (la cessione degli automezzi) è stata affermata dalla Corte territoriale alla luce del pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale: la fallita ha venduto gli automezzi senza ricevere il corrispettivo, e contestualmente li ha presi in locazione, provvedendo al pagamento dei relativi canoni.
A fronte di ciò, il ricorrente si limita ad estrapolare parti della consulenza d parte per sostenere un presunto errore nella valutazione del compendio probatorio quanto alla ricostruzione dell’operazione economica. Ma ciò, all’evidenza, rappresenta una lettura alternativa del compendio probatorio, fondata, come correttamente evidenziato dal Procuratore generale, sul richiamo ad un atto processuale (la consulenza tecnica di parte), alla quale non è possibile attingere nel sindacato di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di travisamento della prova. travisamento della prova vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di una fotografia neutra e a-valutativa, del significante, ma non del significato, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370).
Sicché gli atti eventualmente indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso, restando pur sempre escluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 1, n. 42369 del 16 novembre 2006, Rv. 235507; Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Rv. 272324).
In concreto, invece, per come si è detto, il ricorrente sì è limitato ad estrapolare parti della consulenza per sostenere un presunto errore nella valutazione del compendio probatorio quanto alla ricostruzione dell’operazione economica. E tanto, alla luce di quanto evidenziato, non è consentito in sede di legittimità.
1.2. Il secondo motivo è ugualmente indeducibile in quanto eccentrico rispetto alla contestazione. L’interesse che può escludere l’effettività della distrazione non è dato dalla sola appartenenza della società ad un gruppo imprenditoriale unitario, in quanto, perdurando l’autonomia soggettiva delle singole società, il collegamento tra le società è solo la premessa dalla quale muovere per individuare uno specifico e concreto vantaggio per la società che compie l’atto di disposizione del proprio patrimonio (Sez. 5, n. 44963 del 27/09/2012, COGNOME e altri, Rv. 254519; Sez. 5, n. 37370 del 07/06/2011, COGNOME e altri, Rv. 250492; Sez. 5, n. 21251 del 10/02/2010, COGNOME, Rv. 247471; Sez. 5, n. 36595 del 16/04/2009, COGNOME ed altri, Rv. 245136; Sez. 5, n. 41293 del 25/09/2008, Mosca, Rv. 241599). Ciò che conta, in ultima analisi, è il saldo finale positivo, per la singola società, delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 26867501). Per cui, accertato il trasferimento di risorse dalla fallita ad altra società, non compensato da paralleli e corrispondenti vantaggi economici, l’esistenza del gruppo diventa circostanza sostanzialmente irrilevante.
1.3. Il terzo motivo è ugualmente indeducibile.
Appare opportuno premettere che, sotto il profilo processuale, la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare (Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Rv. 256534; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, Rv. 269101). Accertamento che, se sostenuto da motivazione congrua e logica, è insindacabile in sede di legittimità, in quanto oggetto di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito (Sez. 5, n. 22413 del 14/04/2003, rv. 224948; Sez. 1, 12/05/2006, n. 18464, rv. 234254).
La sentenza impugnata ha fondato l’assunto alla luce delle esplicite dichiarazioni del NOME COGNOME (un operaio privo di qualsiasi competenza imprenditoriale, anch’egli condannato, nominato amministratore), pienamente riscontrate dalle dichiarazioni dei dipendenti (che hanno tutti confermato i poteri direttivi di COGNOME NOME nella attività della società fallita).
A fronte di ciò, la difesa si limita (senza, peraltro, neanche allegare, in violazione del principio di autosufficienza, il relativo mezzo di prova) a dedurre
circostanze che, in quanto afferenti al contenuto di atti processuali, si risolvono in una censura non già della motivazione offerta dai giudici di merito nel provvedimento impugnato, ma della valutazione delle fonti di prova utilizzate, peraltro attraverso un’indebita parcellizzazione del complessivo impianto argomentativo indicato nella sentenza impugnata. Non considera, tuttavia, come la possibilità di verificare la conformità allo specifico atto (anche a contenuto probatorio) della rappresentazione che di esso offre la motivazione del provvedimento impugnato (consentita dalla nuova formulazione dell’art. 606 cod. proc. pen.), non permette di estendere l’ambito di cognizione di legittimità ad una diversa lettura dei dati processuali o a una diversa interpretazione delle prove: ogni questione che postuli una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti si pone fuori dal perimetro del vizio deducibile (Sez. 1, n. 42369 del 16 novembre 2006, Rv. 235507; Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, Rv. 272324), atteso che la selezione dei dati ritenuti rilevanti (all’interno del singolo mezzo di prova e, complessivamente, alla luce dell’intero materiale probatorio raccolto) e la conseguente attribuzione di uno specifico significato probatorio è attività riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione logica e coerente con i dati processuali.
1.4. Il quarto motivo è ugualmente indeducibile, in quanto, anche in questo caso, le critiche difensive si risolvono nella prospettazione di circostanze afferenti al contenuto di atti processuali, censurando non già la motivazione offerta dai giudici di merito nel provvedimento impugnato, ma la valutazione delle fonti di prova utilizzate. Tanto più che il reato sussiste anche quando la documentazione possa essere ricostruita aliunde (Sez. 5, n. 21028 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 279346) e la tardiva esibizione, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, dei libri contabili non è idonea a surrogare gli obblighi di deposito della documentazione contabile che gravano sull’amministratore sia nella fase prefallimentare, sia in quella immediatamente successiva alla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma piuttosto avvalora e corrobora quegli indici di fraudolenza rilevanti per l’accertamento della sussistenza del reato (Sez. 5, n. 14931 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286371).
Ciò considerato, la censura è comunque eccentrica rispetto alla contestazione, atteso che il deposito presso la Commissione Tributaria non esime l’imprenditore dall’obbligo di conservare e mantenere la documentazione eventualmente utilizzata nel giudizio tributario.
1.5. Il quinto motivo è infondato.
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La doglianza concernente il mancato accoglimento del concordato è connessa alla censura afferente alla responsabilità per la bancarotta fraudolenta documentale. Valgono, pertanto, le medesime osservazioni offerte in precedenza.
Quanto al trattamento sanzionatorio, va evidenziato come la pena risulta determinata in misura prossima al minimo edittale (previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante) e la Corte ha dato atto della congruità della relativa quantificazione in relazione ai criteri d cui all’art. 133 del codice penale.
Ebbene, la graduazione della pena presuppone un apprezzamento in fatto e un conseguente esercizio di discrezionalità ed è, quindi, riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). E l’obbligo di motivazione deve ritenersi adempiuto allorché il giudice di merito abbia indicato, nel corpo della sentenza, gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 9120 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410) ed è tanto meno stringente quanto più la determinazione è prossima al minimo edittale, rimanendo, in ultimo, sufficiente il semplice richiamo al criterio di adeguatezza, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 de108/052013, Rv. 256464).
La sintetica indicazione offerta dalla Corte territoriale è, dunque, sufficiente a dar conto della congruità della pena irrogata.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è manifestamente infondato.
2.1. Quanto al primo motivo d’impugnazione, è sufficiente rilevare come l’imputato aveva eletto domicilio presso i difensori ed essendo stata la motivazione depositata nei termini non occorreva alcun avviso.
Quanto alla pretesa estensione dell’appello proposto da COGNOME NOME (che, peraltro, è stato rigettato), è stato fatto buon governo del principio secondo cui l’art. 587 cod. proc. pen. riguarda l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli (Sez. 6, n. 21739 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266917).
In conclusione, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, mentre quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende.
Rigetta il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e lo condanna pagamento delle spese processuali.
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Così deciso il 15 ottobre 2024
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