Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23916 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23916 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a Olbia il DATA_NASCITA; COGNOME NOME nato a Sassari il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 20 settembre 2023 della Corte d’appello di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato nei confronti di NOME COGNOME e per il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
letta la memoria depositata il 17 aprile 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo D) della rubrica (art. 10 d.lgs. N. 74 del 2000), per intervenuta prescrizione, ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella loro qualità di amministratori della RAGIONE_SOCIALE (il primo dal 2005 al 2008 e il secondo dal 2008 alla successiva dichiarazione di fallimento), dichiarata fallita il 19 luglio 2011, responsabili del delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica per aver fraudolentemente sottratto o distrutto la documentazione contabile della predetta società.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si compone di quattro motivi d’impugnazione
Il primo, formulato sotto il profilo dell’inosservanza di norma processuale (in relazione all’art. 179 cod. proc. pen.), deduce l’omessa notifica del decreto di citazione in grado d’appello al ricorrente.
Il secondo, formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, attiene, invece, alla sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale e lamenta, da un canto, che il curatore fallimentare non avrebbe mai richiesto, né al ricorrente né al coimputato, la consegna delle scritture contabili della società fallita; dall’altro che, comunque, mancherebbe ogni accertamento in ordine alla sussistenza del dolo specifico, che necessariamente deve assistere la condotta contestata.
Il terzo, anch’esso formulato sotto il profilo del vizio di motivazione, deduce, preliminarmente, che non vi sarebbe prova della istituzione delle scritture contabili e che, in ogni caso, la documentazione acquisita dal curatore avrebbe comunque consentito la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari della società.
Il quarto, in ultimo, deduce l’illogicità manifesta della motivazione in ordine alla ritenuta qualifica di amministratore di fatto da parte del ricorrente, i mancanza di elementi alla luce dei quali attribuire al ricorrente la gestione della società.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si compone di due motivi d’impugnazione, entrambi formulati sotto il profilo del vizio di motivazione, che sono sostanzialmente sovrapponibili al secondo e al terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del coimputato.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è fondato.
Effettivamente, all’udienza del 15 marzo 2023, rilevata l’omessa citazione dell’imputato, veniva richiesto ai carabinieri di Alà dei Sardi di provvedere alla nuova notifica in favore del COGNOME. Di tanto, tuttavia, non vi è prova.
La sentenza impugnata, quindi, va annullata, senza rinvio, per la nuova celebrazione del giudizio nei confronti del predetto.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, invece, è inammissibile.
2.1. La circostanza che la documentazione non fosse stata richiesta dal curatore è del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento della responsabilità.
L’imprenditore dichiarato fallito, infatti, ha lo specifico obbligo di consegnare al curatore tutte le scritture contabili inerenti all’impresa e ogni ulteri documentazione da lui richiesta (art. 86 I. fall., oggi 194 CCI). Un obbligo che si pone come adempimento ulteriore e differente rispetto a quello indicato nel decreto di convocazione (art. 15 I. fall., oggi 41 CCI) e, successivamente, nella sentenza dichiarativa del fallimento (art. 16 I. fall., oggi 49 CCI).
Questi ultimi, diversamente caratterizzati per l’oggetto (i soli bilanci o le complessive scritture contabili) e per la funzione (verifica e controllo della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di fallibilità, art. 15; inizi controllo della consistenza statica e dinamica dell’impresa in quanto strumentale ai primi improcrastinabili adempimenti del curatore), attengono alla sola documentazione relativa agli ultimi tre anni di vita dell’impresa. Mentre la “consegna” di cui all’art. 86 avviene nelle mani del curatore e riguarda tutta la documentazione contabile della quale è obbligatoria la conservazione (e, quindi, degli ultimi dieci anni di attività: art. 2220 cod. civ.).
Tale ultima previsione, in particolare, è finalizzata alla necessaria ricostruzione della consistenza patrimoniale dell’impresa, nelle sue componenti attive e passive, statiche e dinamiche, quale attività prodromica alla successiva liquidazione. Attività che, all’evidenza, presuppongono una completa ed attendibile ricostruzione della documentazione contabile (ed extracontabile) e che trovano il loro prius logico nelle disposizioni normative contenute nell’art. 2214 cod. civ. e, sotto il profilo tributario e fiscale, nelle norme riportate nel d.P.R. 600/73.
Che tale obbligo (quello della consegna di tutta la documentazione contabile) discenda direttamente dalla legge e prescinda da una specifica richiesta formulata dal curatore è logica conseguenza della necessaria strumentalità, nei termini evidenziati, della documentazione stessa rispetto alle ineludibili attività di
accertamento e liquidazione strutturalmente connesse alla procedura fallimentare. In tal senso, infatti, l’inciso contenuto nel richiamato art. 86 (alla richiesta d curatore) si riferisce, esplicitamente, alla sola documentazione ulteriore e diversa rispetto a quella strictu sensu contabile, ove ritenuta necessaria dagli organi fallimentari.
2.2. La circostanza che il curatore avrebbe comunque ricostruito i redditi e il volume d’affari della società è, poi, del tutto irrilevante. La bancarott fraudolenta documentale specifica (contestata agli imputati) è un reato di mera condotta, che si perfeziona, sotto il profilo oggettivo, con la sola distruzione, sottrazione o falsificazione dei libri e delle scritture contabili; condotte che sono sanzionate in quanto tali, per il solo fatto di essere ritenute idonee a creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dall’essersi verificato o meno l’evento della concreta impossibilità di ricostruire la consistenza patrimoniale o il movimento degli affari (Sez. 5, n. 2493 del 17/12/1982, dep. 1983, Rv. 158016) o dalla ricostruzione “aliunde” della documentazione stessa (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, dep. 2015, Rv. 262588).
2.3. L’assunto per cui la sussistenza della bancarotta fraudolenta documentale specifica presupponga l’istituzione delle scritture contabili è errato in diritto. Il precedente richiamato dal ricorrente attiene al differente reato di cu all’art. 10 d. 1gs. n. 74/2000. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, invece, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consiste nella fisica sottrazion delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, per cui ben può concretizzarsi anche sotto forma della loro omessa tenuta (Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, COGNOME, 279838)
2.4. Quanto, infine, alla sussistenza del dolo specifico, la sentenza impugnata dà atto che la società era in realtà una cd. “cartiera”, funzionalizzata alla emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti e deduce la sussistenza del dolo specifico dalla necessità di coprire l’attività illecita svolta dalla stessa. motivazione, non manifestamente illogica, né, in assenza di contrarie deduzioni di parte, contraddittoria, non è sindacabile in questa sede.
In conclusione, la sentenza impugnata va annullata, con riferimento alla posizione del COGNOME, senza rinvio, e gli atti trasmessi alla Corte d’appello di Cagliari per il giudizio; il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, invece, deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di Cagliari per il giudizio.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 aprile 2024
Corte Suprema di Cessazione