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Bancarotta fraudolenta: la guida alla sentenza

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico dell’amministratore di diritto e di fatto di una S.r.l. La sentenza ribadisce che la responsabilità per la tenuta delle scritture contabili è personale e non delegabile, e che l’intento fraudolento può essere desunto da elementi come l’ingente passivo. Viene inoltre chiarito che la distrazione di un bene in leasing costituisce reato di pericolo, e la sua successiva restituzione non esclude la colpevolezza.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Responsabilità e Conseguenze secondo la Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sul reato di bancarotta fraudolenta, analizzando in dettaglio le responsabilità dell’amministratore di diritto e di fatto. La decisione esamina due aspetti cruciali: la sottrazione delle scritture contabili e la distrazione di un bene concesso in leasing alla società poi fallita. Questo articolo analizza la pronuncia, offrendo una guida chiara sui principi affermati dai giudici.

I fatti del caso: dalle accuse alla condanna

Il caso riguarda l’amministratore di diritto e l’amministratore di fatto di una S.r.l., entrambi condannati per concorso in bancarotta fraudolenta, sia patrimoniale che documentale. La società era stata posta in liquidazione giudiziale a causa di una grave insolvenza. Le accuse specifiche vertevano sulla sottrazione di parte delle scritture contabili (libro giornale e situazione patrimoniale per diverse annualità) e sulla distrazione di un’autovettura di lusso, concessa in leasing alla società.
La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, condannando gli imputati a una pena di due anni e quattro mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie fallimentari. Contro questa decisione, entrambi gli amministratori hanno proposto ricorso per Cassazione.

Le doglianze in Cassazione: i motivi del ricorso

I ricorsi presentati alla Suprema Corte si basavano su diversi punti:
1. Sottrazione delle scritture contabili: Gli imputati sostenevano di non avere la disponibilità dei documenti, in quanto affidati a un professionista esterno che non li aveva mai restituiti. A loro avviso, mancava l’elemento soggettivo del reato, ovvero il ‘dolo specifico’ di voler frodare i creditori, e il reato avrebbe dovuto essere derubricato a bancarotta documentale semplice.
2. Distrazione dell’autovettura: Secondo la difesa, non vi era stata alcuna distrazione patrimoniale, poiché l’auto, seppur tardivamente, era stata restituita alla società di leasing concedente. Di conseguenza, nessun danno era stato arrecato al patrimonio della società e ai creditori sociali.
3. Trattamento sanzionatorio: Gli imputati contestavano la quantificazione della pena, ritenuta eccessiva, e il bilanciamento tra le circostanze aggravanti e le attenuanti generiche.

Bancarotta fraudolenta documentale: la responsabilità dell’amministratore

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i motivi relativi alla bancarotta documentale. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’obbligo di tenere e conservare le scritture contabili è un dovere ‘diretto e personale’ dell’amministratore. Questo dovere non viene meno nemmeno quando la contabilità è affidata a un professionista esterno. L’amministratore rimane sempre responsabile per l’operato delle persone da lui incaricate. Tale responsabilità si estende integralmente anche all’amministratore ‘di fatto’, colui che esercita concretamente i poteri gestori pur senza una nomina formale.

La prova del dolo specifico

La Corte ha inoltre confermato che il dolo specifico, cioè l’intento di recare pregiudizio ai creditori impedendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, può essere desunto da elementi fattuali. Nel caso di specie, l’imponenza del passivo fallimentare, l’assenza di attivi e il lungo arco temporale delle mancanze documentali sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare l’intento fraudolento, escludendo la possibilità di derubricare il reato a bancarotta semplice.

La distrazione del bene in leasing e la bancarotta fraudolenta patrimoniale

Anche il motivo relativo alla distrazione dell’autovettura è stato respinto. La Cassazione ha chiarito che integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione di un bene pervenuto alla società in leasing. Il reato si configura perché tale condotta impedisce l’acquisizione del bene alla massa fallimentare (ad esempio tramite il diritto di riscatto) e crea un onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione.

Il concetto di reato di pericolo

La Corte ha sottolineato che la bancarotta fraudolenta distrattiva è un ‘reato di pericolo concreto’. Ciò significa che il reato si perfeziona nel momento in cui il bene viene sottratto alla disponibilità della società, creando un pericolo per gli interessi dei creditori. La successiva restituzione del bene, avvenuta in questo caso dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale, è un ‘post factum’ irrilevante per la sussistenza del reato. Non bisogna confondere l’esposizione al pericolo (sufficiente a integrare il reato) con il danno effettivo, che non è un requisito necessario.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte riaffermano principi cardine in materia di reati fallimentari. In primo luogo, viene ribadita la natura personale e non delegabile della responsabilità dell’amministratore per la corretta tenuta della contabilità. L’affidamento a terzi non esonera da colpa, poiché l’amministratore ha il dovere di vigilare. In secondo luogo, la Corte consolida l’interpretazione della bancarotta distrattiva come reato di pericolo, la cui consumazione avviene con l’atto di distrazione che mette a rischio il patrimonio aziendale, indipendentemente da eventuali recuperi successivi. Infine, si conferma che la prova dell’intento fraudolento nella bancarotta documentale può essere raggiunta per via indiziaria, basandosi su elementi oggettivi che, nel loro complesso, rivelano lo scopo di danneggiare i creditori.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un monito per tutti gli amministratori, sia di diritto che di fatto. La gestione di una società impone doveri stringenti, la cui violazione può avere gravi conseguenze penali. La delega di funzioni, come la tenuta della contabilità, non è uno schermo protettivo, ma richiede un’attenta supervisione. Allo stesso modo, ogni atto che diminuisce il patrimonio sociale in un contesto di crisi espone a responsabilità per bancarotta fraudolenta, un reato che si perfeziona con la semplice messa in pericolo degli interessi dei creditori, rendendo inefficaci eventuali ‘pentimenti’ successivi come la restituzione del bene distratto.

L’amministratore di una società è responsabile se affida la contabilità a un professionista esterno che la smarrisce?
Sì. Secondo la sentenza, l’obbligo di tenere e conservare le scritture contabili è diretto e personale dell’amministratore. Egli resta sempre responsabile per l’attività svolta dalle persone incaricate, anche se professionisti esterni, e risponde penalmente della loro sottrazione o mancata tenuta.

La restituzione di un bene sottratto alla società prima del fallimento può escludere il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione?
No. La Corte ha stabilito che la bancarotta fraudolenta per distrazione è un reato di pericolo concreto che si perfeziona al momento della sottrazione del bene dal patrimonio sociale. La successiva restituzione, soprattutto se avviene dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale, è un fatto irrilevante per la sussistenza del reato già consumato.

Come viene provato l’intento fraudolento (dolo specifico) nella bancarotta documentale quando mancano le scritture contabili?
L’intento di recare pregiudizio ai creditori può essere desunto da una serie di elementi fattuali. La sentenza indica come indizi rilevanti l’imponenza del passivo, l’assenza di cespiti attivi, la pluralità dei creditori e il lungo arco temporale in cui si collocano le mancanze documentali. La valutazione complessiva di questi elementi può dimostrare la finalità fraudolenta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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