Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18345 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a LA SPEZIA il 01/06/1948
NOME nato a null (FRANCIA) il 28/05/1953
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla requisitoria depositata in atti chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.
Udito Inavv. NOME COGNOME difensore di fiducia della parte civile cur.la fall.to RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto il rigetto dei ricorsi e ha deposita conclusioni e nota spese;
l’avv. NOME COGNOME sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato COGNOME il quale si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso;
l’avv. NOME COGNOME anche quale sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME entrambi difensori di fiducia della imputata NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stes Letta la memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 23 maggio 2024, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Firenze con la quale COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME sono stati ritenuti responsabili del reato bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose (artt. 219 cpv. n. 1, 2 cpv. n. 1 e n. 2), R.d. n. 267 del 1942), perché il COGNOME quale liquidator società RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Firenze in d 2.2.2011, e la COGNOME quale Presidente del consiglio di amministrazione fino 23.10.2007, e successivamente amministratrice della società RAGIONE_SOCIALE compivano in concorso operazioni dolose, concorrendo a cagionare ed aggravare il dissesto della RAGIONE_SOCIALE a solo vantaggio alla NORDINE.
Tali operazioni erano individuate: nella cessione da parte della fallita NORDINE del contratto di leasing immobiliare, già pagato per circa 1/3 della RAGIONE_SOCIALE, ad un prezzo inferiore al valore dell’immobile, cagionando un danno alla SEFATEL pari a circa 450.000 euro, con correlativo vantaggio della NORDINE (punto 1 del capo di imputazione); nella cessione alla medesima del leasin mobiliare senza che questa versasse alcun corrispettivo e nell’impiego di somm pervenute durante la fase di liquidazione, pari a 480.000 euro per pagamenti vol a scongiurare il fallimento, o per pagamenti indicati dalla Schleret in favore RAGIONE_SOCIALE (punto 2); nella conclusione di vendite con la RAGIONE_SOCIALE per il valore di circa 630.000 euro a fronte delle quali pervenivano pagamenti per circa 180.000 euro, spesso mediante compensazioni di crediti della RAGIONE_SOCIALE verso RAGIONE_SOCIALE, assunti comunque nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE (punto 3); nella cessione frazion del magazzino ad esclusivo vantaggio della RAGIONE_SOCIALE, che si riservava il diritto d richiederne via via la cessione (punto 4, oggetto di contestazione suppletiv Veniva altresì riconosciuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 219 fa Il.
Avverso la citata sentenza entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso nell’interesse di NOME si articola in t motivi di censura.
3.1. Con il primo motivo si deduce l’assenza e manifesta illogicità del motivazione per omessa valutazione delle censure prospettate con l’atto di appell in relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato. Premesso c l’argomento centrale su cui si fonda la sentenza impugnata sarebbe costituito dal esatta datazione dello stato di insolvenza della società RAGIONE_SOCIALE, la ricorre
afferma che la Corte territoriale non si sarebbe confrontata con l’eccezi difensiva con cui si affermava l’insussistenza dello stato di insolvenza alla da 23.10.2007 allorché la società fu messa in liquidazione. Invero, la situazion «profonda crisi aziendale» in cui a quel momento versava la società e riconosciu dalla ricorrente, come risulta dal verbale del consiglio di amministrazione svol in quella data, non equivaleva ad affermarne lo stato di insolvenza, attes diversità dei due concetti. Inoltre, a seguito dei provvedimenti di cui all’art cod. civ. adottati dall’assemblea straordinaria in data 23.10.2007, che av deliberato la riduzione del capitale e la trasformazione della società in una s copertura delle perdite con l’utilizzo delle riserve del patrimonio netto e la rid del capitale sociale, la società era tornata in bonis con un patrimonio netto positivo di euro 115.000, sicché la successiva messa in liquidazione, avvenuta in pari da era stata decisa non per la perdita del capitale sociale, ma per la mancanz prospettive di una gestione economica, a causa di iniziative anticompetitive pos in essere da ditte concorrenti. La Corte distrettuale avrebbe altresì trascur considerare che nella specie non ricorreva alcuno degli indici dello stat insolvenza, atteso che, alla data della messa in liquidazione, non vi erano s revoche del credito, la società godeva di quattro affidamenti bancari e l’access credito era agevole, non erano state intraprese azioni esecutive da part eventuali creditori; inoltre, RAGIONE_SOCIALE continuava ad adempiere alle proprie obbligazioni, e, tramite la stipula del contratto di affitto di azienda, aveva alla società RAGIONE_SOCIALE i contratti di franchising con i negozi affiliati generavano perdite.
Ancora, la sentenza impugnata non aveva tenuto conto della analitica ricostruzione del patrimonio della società operata dal consulente della difes quale aveva rilevato come – a differenza di quanto affermato dal curato fallimentare – solo una minima percentuale dei crediti della società risult irrecuperabile. Inoltre, non avrebbe considerato le deduzioni difensive in ordine rilievi del curatore circa le immobilizzazioni materiali iscritte in bilancio, il cu sarebbe stato erroneamente desunto dal valore di realizzo attraverso le vendi tipiche delle procedure concorsuali. Anche le considerazioni circa l’asser sopravvalutazione delle immobilizzazioni immateriali non avrebbero tenuto conto delle prospettazioni difensive. La Corte territoriale avrebbe fondato le pro valutazioni su due sentenze pronunciate nel giudizio civile promosso dal fallimen RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli imputati, estrapolando i dati della CTU in esse riportati senza che tale consulenza sia mai stata prodotta in sede penale, né oggetto contraddittorio. La ricorrente deduce, inoltre, l’inutilizzabílità di tali sente violazione dell’art. 238-bis cod. proc. pen., atteso che le stesse non sare definitive.
Si sostiene, altresì, che lo stato di insolvenza si sarebbe palesato solo i di redazione del bilancio al 31.12.2009, allorché si era preso atto del protrar tempi per il recupero giudiziario dei crediti e il socio unico, la RAGIONE_SOCIALE aveva accordato il finanziamento richiesto dal liquidatore COGNOME.
Sotto un secondo profilo si deduce l’assenza di motivazione in relazione al deduzioni difensive con cui si evidenziava l’inattendibilità dei giudizi espress primo liquidatore della società, NOME COGNOME nei fax inviati alla RAGIONE_SOCIALE e a Serra sullo stato economico della RAGIONE_SOCIALE e da cui la Corte d’appello aveva dedotto la sussistenza dello stato di insolvenza già al momento della messa liquidazione. In particolare, la sentenza impugnata non aveva tenuto conto d comportamento dallo stesso tenuto durante il suo incarico e che contrastava co il tenore delle suddette comunicazioni, avendo egli provveduto, tra l’altro, a pa tutti i creditori chirografari utilizzando gli affidamenti bancari. Ha rilevato, l’assenza di motivazione in ordine alla doglianza con cui si evidenziava contraddittorietà tra la ritenuta sussistenza dello stato di insolvenza e la m attribuzione di responsabilità a carico dei due liquidatori che avevano precedut COGNOME nessuno dei quali aveva avanzato richiesta di fallimento.
Con riguardo alla condotta contestata al punto 1) del capo di imputazione concernente la cessione alla società RAGIONE_SOCIALE del contratto di leasing avente ad oggetto porzione di un immobile sito in Firenze, la ricorrente sostiene ch sentenza impugnata avrebbe desunto il valore di tale immobile dalla perizi elaborata nell’ambito della procedura fallimentare e da quella effettuata giudizio civile, senza tenere in alcun conto, se non in modo parziale ed errato valutazioni espresse nelle due perizie di stima della difesa, la cui attendi sarebbe invece confermata dal prezzo cui la RAGIONE_SOCIALE aveva successivamente ceduto il contratto di leasing e che aveva determinato una perdita ingente per tale società. Proprio tale perdita, secondo la difesa, porterebbe ad escludere addebito nei confronti della ricorrente.
Quanto alla condotta di cui al punto 2), con cui si contesta l’impiego di c 480.000 euro pervenuti durante la liquidazione per effettuare pagamenti indica dall’imputata, necessari per consentire la prosecuzione della società RAGIONE_SOCIALE, s lamenta l’omessa considerazione delle censure difensive con cui si evidenziava ch parte consistente di tali somme era stata utilizzata dai precedenti liquidatori società, dott. COGNOME e d.ssa COGNOME Con riguardo alle disposizioni che Ver RAGIONE_SOCIALE, per conto della RAGIONE_SOCIALE, dava al COGNOME sui pagamenti da effettua la difesa sostiene che destinatari ne sarebbero stati non i creditori della RAGIONE_SOCIALE come sostenuto dalla sentenza impugnata, ma i clienti della RAGIONE_SOCIALE e che si trattava di crediti sorti anteriormente al subentro della società RAGIONE_SOCIALE nel
gestione del ramo d’azienda. In tal senso deponevano le dichiarazioni rese dibattimento dalla COGNOME.
Del tutto assente sarebbe la motivazione in ordine alle deduzioni difensiv concernenti la condotta di cui al punto 3) del capo di imputazione, in relazion quale la sentenza impugnata si sarebbe limitata a richiamare la sentenza di pri grado, senza considerare la documentazione relativa alla legittimità de compensazioni opposte dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE a fronte delle vendite intercorse tra le due società.
Analoga omissione è denunciata con riguardo alla condotta di cui al punto 4) dell’imputazione, concernente la vendita frazionata del magazzino, realizzata danno della RAGIONE_SOCIALE. La Corte territoriale non avrebbe considerato che al momento della nomina del COGNOME il contratto di affitto di azienda, che prevede la cessione di prodotti dalla fallita alla NORDINE al prezzo di costo maggiorato d 10%, era già in corso. Inoltre, non avrebbe considerato che non sarebbe stat possibile prevedere la cessione dell’intero magazzino in ragione della peculiar dei beni, trattandosi di arredi e macchinari per centri estetici affiliati che gi allestiti. La ricorrente ha altresì rilevato che dal ricavo conseguito dalla ven tali prodotti emergerebbe che essi erano stati venduti al prezzo indicato contratto di affitto.
3.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di violazione di legge in relazion alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato.
Invero, fino al momento in cui l’imputata aveva rivestito il ruolo di preside del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, e cioè fino al 23.10.2007, ella non poteva avere consapevolezza del dissesto della società, in quanto questo non era manifestato. Inoltre, le operazioni asseritamente dolose erano state compiu successivamente a tale data. In ogni caso, esse si erano rivelate vantaggiose la fallita e non per la NORDINE e, comunque, non avevano né generato il dissesto della RAGIONE_SOCIALE, né lo avevano aggravato.
3.3. Il terzo motivo denuncia vizio di violazione di legge in relazione all 82, comma 2, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione. La ricorrente attacc la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che la proposizione dell’azio in sede civile da parte della curatela nei confronti degli imputati av determinato la revoca della costituzione di parte civile nel processo penale presupposto della mancanza di identità del petitum delle due azioni. Secondo la difesa, la domanda proposta dalla curatela in sede civile sarebbe comprensiv anche del danno provocato dalla cessione frazionata del magazzino, come emergerebbe dalla sentenza della Corte d’appello civile, la quale avev quantificato il danno attraverso la differenza matematica del patrimonio netto a data del fallimento rispetto a quello alla data della conoscibilità dello st
insolvenza, il quale – secondo la prospettazione difensiva – ricomprenderebb necessariamente anche il magazzino.
Il ricorso proposto da COGNOME NOME svolge quattro motivi di censura.
4.1. Il primo motivo lamenta vizio di motivazione con riferimento alla ritenut sussistenza dello stato di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE al momento della messa in liquidazione della stessa alla data del 23.10.2007, nonché in relazione alla ome valutazione dei motivi d’appello.
Il ricorrente, premessa la diversità della nozione di insolvenza rispetto a qu di crisi aziendale, lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe esplicitato ragioni della ritenuta decozione della società, né si sarebbe confrontata con i tecnici, concernenti í crediti extra contabili, e neppure con rilievi dei consule parte. Inoltre, non avrebbe dato risposta alle censure difensive con cui si deduc l’inattendibilità del teste COGNOME le cui comunicazioni alla COGNOME e all’avv erano state valutate dalla Corte territoriale come elemento da cui desumere det insolvenza, laddove lo stesso aveva comunque svolto una significativa attivi liquidatoria. Deduce altresì l’inutilizzabilità, per violazione degli artt. 238-bi cod. proc. pen., delle sentenze pronunciate nel giudizio civile richiamate da sentenza impugnata, in quanto prive di definitività.
4.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione in relazione all ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Al moment dell’assunzione dell’incarico di liquidatore della società, il COGNOME n consapevole dello stato di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE, di cui non ricorrevano i presupposti. L’imputato rileva, inoltre, che la sua nomina risaliva al maggio 20 e che egli aveva proseguito l’attività di liquidazione già iniziata dai due liqui che prima di lui si erano avvicendati nella carica, il COGNOME e la COGNOME, i avevano svolto attività di dismissione del patrimonio e di liquidazione, effettuan pagamenti a creditori privilegiati e chirografari. Doveva pertanto escludersi il r di esecutore consapevole di un progetto di dismissione della società in favore NORDINE.
4.3. Il terzo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla sussisten dell’elemento soggettivo in relazione alle singole operazioni contestate, che n sarebbe ravvisabile a fronte della dimostrata utilità per la SEFATEL delle operazion contestate e tutt’altro che proficue per NORDINE. Riguardo alla cessione del contratto di leasing immobiliare, la sentenza impugnata fonderebbe le proprie valutazioni sulle perizie di stima disposta in sede civile e sul raffron l’operazione effettuata dal COGNOME e l’ipotetico realizzo che sarebbe stato ric dalla vendita dell’immobile oggetto di leasing da parte della curatela.
Quanto ai pagamenti contestati al punto 2) dell’imputazione, la Cort territoriale non si sarebbe confrontata con le deduzioni difensive evidenziavano che i fornitori indicati dalla mail inviata al COGNOME da COGNOME COGNOME erano in realtà clienti di RAGIONE_SOCIALE e che i pagamenti si riferivano forniture effettuate nei confronti di tale società.
Con riguardo alla contestazione di cui al punto 3) si sostiene che la consulen di parte aveva evidenziato che dei pagamenti effettuati per la somma di 480.000 euro, circa la metà si riferiva a pagamenti fatti dai due precedenti liquidatori la compensazione dei crediti effettuata era legittima.
Per il punto 4), si deduceva l’insussistenza dell’elemento psicologico del rea avendo COGNOME dato esecuzione al contratto stipulato prima del suo subentro.
4.4. Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta il vizio di violazione del 82, comma 2, cod. proc. pen. e mancanza e manifesta illogicità della motivazione riguardo alla mancata estromissione della parte civile per il danno da cessi frazionata del magazzino, con censure sovrapponibili a quelle già esposte dall ricorrente COGNOME alle quali si rinvia.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
La Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, ha depositato una memoria con la quale rileva l’infondatezza della eccezione di inammissibilità della costituzion parte civile, rilevando come la stessa fosse stata proposta tardivamente avit giudice di primo grado. Nel merito essa sarebbe comunque infondata, come rilevato nel giudizio civile dalla Corte d’appello di Firenze, ove era stata sol eccezione speculare. Invero, il giudice civile aveva ritenuto che non sussisteva í presupposti di cui all’art. 75, comma 1, cod. proc. pen., atteso che non v identità di petitum tra l’azione proposta in sede civile e quella avanzata in sede penale.
Con memoria in data 27.01.2025, la ricorrente COGNOME ha svolto ulterior argomentazioni in replica alle conclusioni del Procuratore generale, insistendo p raccoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati e devono pertanto essere rigettati.
Occorre muovere dalla premessa che l’esito conforme delle decisioni pronunciate nei due gradi di giudizio consente di operare una lettura congiun
delle sentenze di primo e secondo grado, trattandosi di motivazioni che si fondon in un unico corpo di argomenti a sostegno delle conclusioni raggiunte.
Ricorre, invero, la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nell sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attrave ripetuti richiami a quest’ultima, sia adottando gli stessi criteri utilizza valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente, costituendo un unico complessivo corpo decisionale (ex plurimis, Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
3. È altresì necessario rilevare che, benché la sentenza impugnata richiam singoli passaggi motivazionali del provvedimento di primo grado, è da escluders che essa possa ricondursi alla categoria degli atti processuali per relationem. Al riguardo questa Corte regolatrice ha precisato che l’appello – a differe del ricorso per cassazione – introduce un giudizio a critica libera, nel quale i di impugnazione non sono predeterminati o tipizzati dal legislatore; il giudice appello, infatti, pur nell’ambito del principio di devoluzione, possiede cognizione piena con incondizionato accesso agli atti dell’istruttoria ed elementi acquisiti al processo, cui può e deve attingere per confrontarsi co argomentazioni della difesa, condividendole o dissentendo da esse. In presenza d un atto di appello che non sia da ritenere inammissibile per carenza di specific il giudice d’appello non può limitarsi al mero rinvio alla motivazione della sente di primo grado, in quanto, anche ove l’atto di gravame riproponga questioni già fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l’obbligo di motivare, onde incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su og punto devoluto (ex plurimis, Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024, Rv. 286406 – 02; Sez. 2, n. 43496 del 17/09/2021; Sez. 2, n. 20451 del 04/02/2020; Sez. 2, 39486 del 07/05/2020; Sez. 2, n. 254 del 12/07/2019). Ciò posto, si è precisa che la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: a) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispe all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenut sostanziale delle ragioni del provvedimenti di riferimento e le abbia meditat ritenute coerenti con la sua decisione; c) l’atto di riferimento, quando non v allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interess o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’eserciz della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Rv. 216664; Sez. 55199 del 29/05/2018, Rv. 274252; Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Rv. 2 1839).
Tali considerazioni impongono di escludere, nel caso di specie, la sussisten di una sentenza di appello motivata per relationem, essendo i richiami alla decisione di primo grado operata dai giudici di appello circoscritti a limit puntuali aspetti descrittivi, ricorrendo per il resto ampia e autonoma motivazi in ordine alle censure svolte con gli atti di appello.
4. Ancora in via preliminare, è necessario richiamare il costante insegnamento di questa Corte regolatrice, secondo cui con il ricorso per cassazione non so deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancan dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o co probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibil tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanz rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come qu che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attrib alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusio differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965). Il compito del giudic di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compi dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì q stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposiz se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi – dando esausti convincente risposta alle deduzioni delle parti – e se abbiano esattamente applic le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, S n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01). Esula dai poteri d questa Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fonda della decisione di merito, dovendo l’illogicità del discorso giustificativo, quale di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopic evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n 6402 del 30/04/1997, COGNOME e altri, Rv. 207944-01). Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormen plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adott giudice del merito (ex plurimis, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep.,2021, F., Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01). È conseguentemente sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
5. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche è possibile esaminare le censu prospettate.
Gli imputati sono chiamati a rispondere del reato di bancarotta fraudolenta d operazioni dolose di cui all’art. 223, comma, n. 2, legge fall. Tali operaz secondo la giurisprudenza di legittimità, attengono alla commissione di abusi gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrat nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolos la “salute” economico-finanziaria dell’impresa, e postulano una modalità pregiudizio patrimoniale discendente, non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione, che anche non esserci), bensì da un fatto di maggiore complessità struttura riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procediment comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (Sez. 5, n. 1294 25/02/2020, Rv. 279071 – 01; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Rv. 247316).
A differenza della bancarotta patrimoniale – in cui la condotta distrattiva dissipativa) deve consistere in una diminuzione del patrimonio sociale, prescindere dalla circostanza che abbia determinato il fallimento, che è sufficie intervenga – nella bancarotta impropria cagionata da operazioni dolose, queste che non necessariamente costituiscono distrazione o dissipazione di attivit devono porsi in nesso eziologico con il fallimento; ciò che rileva, ai fini bancarotta fraudolenta impropria, non è l’immediato depauperamento della società, bensì la creazione, o l’aggravamento, di una situazione di disse economico che, prevedibilmente, condurrà al fallimento della società (in tal sens Sez.5, n. 40998 del 20/05/2014, Concu, Rv.262188, secondo cui sussiste il delitt di bancarotta fraudolenta previsto dall’art. 223, comma secondo n. 2, legge fa anche quando le operazioni dolose dalle quali deriva il fallimento della società n comportano una diminuzione algebrica dell’attivo patrimoniale, ma determinano, comunque, un depauperamento del patrimonio non giustificabile in termini di interesse per l’impresa).
Le sentenze di merito hanno concordemente ravvisato nella condotta degli imputati gli estremi di tale delitto per aver posto in essere una serie di atti de ad aggravare il dissesto della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
6. Il primo motivo del ricorso COGNOME e il primo motivo del ricorso COGNOME in quanto svolgono analoghe censure, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati.
Entrambi denunciano il vizio di motivazione della sentenza impugnata sotto plurimi profili.
Innanzitutto, gli imputati contestano la nozione di insolvenza accolta da Corte territoriale, nonché la sussistenza di tale condizione al momento in cui RAGIONE_SOCIALE fu posta in liquidazione nonché al momento in cui fu nominato liquidatore il COGNOME
6.1. Le censure sono infondate.
Esse, invero, si risolvono nella riproposizione delle medesime doglianze gi puntualmente e adeguatamente valutate sia dai giudici di primo grado, sia dall Corte d’appello la quale – ha differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti con esse confrontata, ritenendole infondate.
In particolare, i giudici del merito hanno correttamente ritenuto che lo st di insolvenza ricorre allorché la società versi in uno stato non transitor impotenza funzionale a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e manifesta nella impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali; han inoltre, puntualmente individuato gli elementi in ragione dei quali hanno ritenu che la RAGIONE_SOCIALE versasse in tale condizione già al momento della sua messa in liquidazione, escludendo che si trattasse di una semplice crisi aziendale.
In particolare, la Corte territoriale ha dato conto della circostanza che già verbale del consiglio di amministrazione della società in data 10 ottobre 2007, risultava che la RAGIONE_SOCIALE aveva dato atto della perdita di gestione per oltre mila euro nel corso dei primi sette mesi di attività del 2007; dell’esistenza di c divenuti inesigibili; dell’appostazione di un fondo svalutazione dei crediti di 850 mila; dell’esistenza di prodotti e attrezzature non più commerciabili e desti allo smaltimento; di un livello di ricavi tale da non consentire il mantenimento d struttura organizzativa e commerciale della società; dell’impossibilità di adempie agli impegni derivanti dai contratti di franchising, e di assicurare il mantenim dei posti di lavoro per i dipendenti.
Proprio il quadro tratteggiato da tali dichiarazioni è stato ineccepibilme valorizzato dalla Corte territoriale come dimostrativo della situazione di diss in cui la società versava già al quel momento. Inoltre, è stata rinvenuta confer di tale situazione nelle dichiarazioni di NOME COGNOME il primo liquidatore RAGIONE_SOCIALE, nominato il 1.10.2007, e rimasto in carica per pochi mesi, il quale, ne fax inviati alla Schleret nel gennaio 2008, aveva evidenziato come la situazio debitoria della società fosse «più grave del previso, in quanto la società ha cont attivi che non vengono onorati», clienti che oppongono la richiesta di pagamento
e «debiti correnti che non dispongono della liquidità necessaria per la copertur Aveva altresì affermato di ravvisare in tale condizione lo stato di insolvenza d società e la necessità di procedere con l’istanza di fallimento in proprio (f 07/01/2008). Inoltre, nel fax del 14/01/2008 aveva ribadito l’impossibilit gestire la liquidazione chiedendo la sua immediata sostituzione «in quanto di fat la liquidazione ed il portafoglio attivo vengono amministrati da terzi». affermazioni sono state sostanzialmente ribadite dal COGNOME in dibattiment secondo quanto emerge dalla sentenza di primo grado. Inoltre, si è correttament escluso che tali dichiarazioni si ponessero in contraddizione rispetto alle cond tenute dal medesimo liquidatore, il quale aveva eseguito pagamenti in favore de creditori della società; si è infatti rilevato che egli, avendo seguito l’or privilegi e pagato stipendi e tredicesime dei dipendenti, nonché i debiti IN aveva agito secondo «modalità consone ad una gestione liquidatoria» (pag. 16 della sentenza di primo grado), in ciò distinguendosi la sua posizione rispett quella del COGNOME.
Ulteriore conferma dello stato di dissesto della RAGIONE_SOCIALE è stata rinvenuta dai giudici dell’appello nei dati di bilancio al 31.12 2007, escludendosi che i r sollevati dai ricorrenti con l’appello potessero portare a conclusioni diverse, s il carattere incerto dei crediti extracontabili richiamati dalle difese e la pres consistenti debiti gravanti sulla società a 12 mesi (per euro 3.042.747), comunq superiori ai crediti (di importo pari a euro 2.139.966).
Infine, a conferma delle conclusioni già raggiunte, la Corte territorial richiamato gli esiti della CTU disposta nel giudizio civile promosso dal fallimen RAGIONE_SOCIALE contro gli odierni imputati, dalla quale era emerso che già alla data d messa in liquidazione della società (23.10.2007), il deficit patrimon ammontava almeno a euro 143.746,33.
A ciò si aggiunga che – come evidenziato dai giudici di primo grado – ne dicembre 2007 e nel gennaio 2008 Unicredit e Intesa SanPaolo avevano revocato gli affidamenti bancari, cui altre revoche erano seguite nei mesi successi deducendosene la compromissione della liquidità disponibile e che, già anteriormente la società aveva maturato ingenti debiti fiscali (pagg. 24sentenza di primo grado).
Del tutto fuori fuoco è la censura con cui i ricorrenti denunciano la violazi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., il quale regola l’efficacia ai fini della prova accertati in sentenze divenute irrevocabili, stabilendo che esse devono ess valutate a norma degli artt. 187 e 192, comma 3.
In disparte la considerazione che l’applicabilità della disposizione richiam anche con riferimento alle sentenze civili è oggetto di controversia in dottrin in giurisprudenza (in senso negativo, ex plurimis, Sez. 3, n. 17855 d
19/03/2019, COGNOME Rv. 275702 – 01; Sez. 5, n. 41796 del 17/06/2016, COGNOME Rv. 268041-01; Sez. 5, n. 14042 del 04/03/2013, COGNOME, Rv. 254981-01. In senso favorevole, Sez. 3, n. 1628 del 28/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266328-01; Sez. 6, n. 10210 del 24/02/2011, COGNOME, Rv. 249592-01; Sez. 3, n. 39358 del 24/09/2008, COGNOME, Rv. 241038-01), si osserva che, nell specie, assume rilievo dirimente la circostanza che le sentenze pronunciate n giudizio civile nei confronti degli odierni imputati, oltre a non essere definitiv sono state in alcun modo utilizzate ai fini della prova di un fatto in esse acce Piuttosto, ad esse – ed anzi alla CTU disposta nel processo civile di responsabi – i giudici del merito hanno fatto riferimento come elemento per corroborare conclusione cui erano pervenuti sulla base di elementi acquisiti nel processo pena in ordine allo stato di dissesto in cui versava la fallita alla data del 23 ottob
In definitiva, a fronte del quadro dettagliatamente ricostruito dalle sente di merito in modo logicamente corretto e coerente con le risultanze probatorie, censure prospettate dai ricorrenti si risolvono sostanzialmente in doglia prevalentemente in fatto, che sollecitano una rivalutazione di merito preclusa sede di legittimità.
6.2. Infondate sono altresì le censure rivolte avverso la ritenuta sussist della condotta contestata al punto 1) del capo di imputazione, in relazione cessione alla società RAGIONE_SOCIALE del contratto di leasing immobiliare per una somma inferiore al valore dell’immobile, e comunque non interamente corrisposta. I rilievi difensi si appuntano sulle modalità di determinazione di tale va avendolo la Corte territoriale parametrato alle risultanze della CTU disposta giudizio civile e senza tenere in alcun conto le perizie di parte.
Si deve al riguardo osservare che, non solo la Corte territoriale ha dato a di aver preso in considerazione dette perizie, ed in particolare quella del consu COGNOME rilevando tuttavia che essa faceva riferimento ai valori OMI, i qu forniscono indicazioni di massima e non possono sostituire la stima diretta esegu dal perito, ma risulta dirimente la considerazione operata dalla sente impugnata la quale ha ritenuto che, a prescindere dal valore dell’immobile, era stessa cessione dei contratti di leasing a non comportare alcun vantaggio alla RAGIONE_SOCIALE; vantaggio che invece sarebbe conseguito alla tempestiva dichiarazione di fallimento. In tal senso, e ancora più chiaramente, i giudici di merito h coerentemente affermato l’irrilevanza delle divergenze in ordine al valo dell’immobile, atteso che era l’operazione complessiva a determinar l’aggravamento del dissesto della SEFATEL (pag. 30 sentenza di primo grado, nonché pagg. 23 e 24 della sentenza impugnata).
6.3. Infondate sono le censure svolte con riguardo al punto 2 dell’imputazione, nel quale si contesta l’impiego di somme pari ad euro 480.000
pervenute durante la fase di liquidazione della società fallita, per eseg pagamenti indicati dalla RAGIONE_SOCIALE per la prosecuzione dell’attività della NORDINE.
Quanto alla lamentata omessa considerazione dei motivi di appello con cui si deduceva che parte consistente di tali somme era stata utilizzata dai precede liquidatori della società, il dott. COGNOME e la d.ssa COGNOME i quali non era tuttavia incriminati, si rileva che già la sentenza di primo grado, cui la dec impugnata rinvia, aveva sottolineato che costoro erano rimasti in carica per arco temporale assai ridotto e che, come affermato dallo stesso consulente di par COGNOME, non avevano operato con meccanismi compensativi tra RAGIONE_SOCIALE e NORDINE, a differenza di quanto fatto dal COGNOME. Inoltre, l’attività di co aveva avuto durata temporale ben più ampia ed aveva riguardato in massima parte i rapporti tra le due società (pag. 34-35 della sentenza di primo grado).
La sentenza impugnata ha, altresì, correttamente rilevato che l’imputazion si incentra sui pagamenti effettuati dal COGNOME secondo le indicazioni d COGNOME necessari per la prosecuzione dell’attività di NORDINE e pertanto sull qualificabilità di tali pagamenti quali operazioni dolose ai sensi dell’art comma 2, n. 2, legge fall.
Non consentita in sede di legittimità risulta invece la doglianza con cu contesta l’interpretazione delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME in ordi al significato delle direttive da essa impartite tramite mail al COGNOME, con ri ai creditori da pagare; tale censura, invero, tende ad ottenere una ricostruz dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dai giu merito, a fronte della motivazione logica e congruente resa sul punto. Da det dichiarazioni si è ineccepibilmente desunto sia che le somme pervenute durante la fase di liquidazione della RAGIONE_SOCIALE venivano utilizzate per effettuare pagamenti in favore della NORDINE, sia la intromissione della RAGIONE_SOCIALE nell’attività liquidato della fallita, a tutto vantaggio della NORDINE. Invero, la diversa interpretazio prospettata dai ricorrenti, specificamente presa in considerazione da entrambi giudici del merito, si scontra – come correttamente rilevato dalla decisi impugnata – con il testo delle e-mail prodotte in giudizio, dal cui tenore emerg chiaramente che le indicazioni di pagamento rivolte al COGNOME provenivano dall Schleret e che i beneficiari di tali pagamenti erano creditori della NORDINE.
6.4. La censura concernente il punto 3) del capo di imputazione, con la quale si contesta il difetto di motivazione in ordine alle argomentazioni difens essendosi la Corte territoriale limitata a rinviare alla sentenza di primo gra infondato.
Il semplice richiamo, ancorché sintetico, a singoli passaggi motivazionali de provvedimento del Tribunale risulta legittimo, avendo comunque i giudici d’appello affrontato e autonomamente valutato la questione dei pagamenti effettuati dall
fallita in favore dei creditori della NORDINE, evidenziando come il COGNOME, specifiche indicazioni della Schleret, provvedeva ad effettuare pagamenti de fornitori della NORDINE (pagg. 24-25 della sentenza impugnata).
Si consideri inoltre che il Tribunale aveva puntualmente esaminato e valutat le considerazioni critiche svolte dalla difesa e sostanzialmente riproposte con l di appello, laddove – richiamando le dichiarazioni del curatore fallimentare – av evidenziato che, rispetto agli importi fatturati da RAGIONE_SOCIALE a fronte delle vendi effettuate alla NORDINE, alcuni venivano pagati per circa 170 mila euro, mentre buona parte della differenza era operata in compensazione con crediti derivanti d pagamenti fatti da NORDINE a creditori di RAGIONE_SOCIALE. I giudici di primo grado hanno, inoltre, escluso la rilevanza dell’argomento difensivo per cui il Tribunale di Fir aveva respinto la domanda di fallimento di NORDINE presentata dalla curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, evidenziando come la delibazione del Tribunale non si fosse estesa all’accertamento del credito vantato dalla curatela (pagg. 34-35 senten di primo grado).
6.5. Le doglianze relative alle condotte contestate al punto 4), concernenti vendita frazionata del magazzino di RAGIONE_SOCIALE a tutto vantaggio della NORDINE, sono infondate. La Corte territoriale ha richiamato le risultanze della relaz redatta dal curatore fallimentare, dalla quale emergeva che la società fallita a dovuto affrontare ingenti spese di custodia, nonostante che, trattandosi di prod commerciabili solo in forza di contratto di licenza trasferito alla NORDINE, sol quest’ultima, ovvero la licenziante avrebbero potuto acquistare tali prodot inoltre, tempi e quantità di cessione erano stabiliti unicamente dalla NORDINE, all quale, per di più, i prodotti erano venduti senza applicare la maggiorazio contrattuale prevista. La sentenza impugnata, inoltre, facendosi carico dei ril difensivi, con cui si sosteneva che il COGNOME si sarebbe limitato a dare attua ad un contratto che non era stato dal medesimo stipulato, ha sottolineato com l’imputato, anziché richiedere tempestivamente il fallimento, pur in presenza del situazione di dissesto, aveva protratto indebitamente per oltre due anni liquidazione della società, in tal modo aggravandone il dissesto e rinvenen proprio in tale condotta gli estremi del reato contestato.
Il secondo motivo del ricorso COGNOME e il secondo e il terzo motivo d ricorso COGNOME con cui si contesta la ritenuta sussistenza dell’elem soggettivo del reato, sono infondati.
7.1. Secondo l’insegnamento di questa Corte regolatrice, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. attengono al comportamento de amministratori che cagionino il dissesto con abusi o infedeltà nell’esercizio d carica ricoperta, ovvero con atti intrinsecamente pericolosi per la “sal
economico-finanziaria della impresa; l’elemento soggettivo richiesto, pertant non è la volontà diretta a provocare lo stato di insolvenza, essendo sufficient coscienza e volontà del comportamento sopra indicato (Sez. 5, n. 2905 del 16/12/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212613). Questa Corte ha inoltre affermato che in tema di fallimento determinato da operazioni dolose, che si sostanzia un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l’onere probat dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà del natura “dolosa” dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’ast prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non esse necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentaz e la volontà dell’evento fallimentare (Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Cassa Risparmio Di Rieti S.p.a., Rv. 247315). Nell’ipotesi di fallimento causato operazioni dolose non determinanti un immediato depauperamento della società, la condotta di reato è configurabile quando la realizzazione di tali operazion accompagni, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, alla prevedibilità del dis come effetto della condotta antidoverosa (Sez. 5, n. 45672 del 01/10/2015 Lubrína, Rv. 265510).
7.2. La Corte d’appello si è attenuta a tali principi. Dopo avere compiutament ricostruito le vicende che hanno coinvolto la RAGIONE_SOCIALE e i suoi rapporti con la NORDINE, ha messo in luce la circostanza che COGNOME, socia e presidente del consiglio di amministrazione della fallita fino all’ottobre 2007, allorché cedev proprie azioni al socio di minoranza (RAGIONE_SOCIALE, e dal dicembre dello stesso anno amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, aveva costantemente preso parte a tutte le operazioni poste in essere dalla RAGIONE_SOCIALE a sostanziale vantaggio della NORDINE. La sentenza impugnata ha sottolineato come proprio dalla relazione svolta dall’imputata al consiglio di amministrazione della fallita emergeva che la ste fosse ben consapevole dello stato di insolvenza in cui versava la società già a q momento e come, trovando nel COGNOME un liquidatore compiacente, aveva procrastinato tale situazione per circa due anni, nel frattempo ponendo in ess le attività che avevano portato ad aggravare il dissesto della società partecipazione, ed anzi la stessa ideazione di tali condotte da parte dell’imp è chiaramente evidenziata dalle dichiarazioni del liquidatore COGNOME il qu aveva affermato che i suoi referenti per la liquidazione erano la COGNOME e l’ COGNOME, suo legale (pa9. 17 della sentenza di primo grado); dalle disposizioni costei dava al COGNOME ‘ n ordine ai pagamenti da effettuare in favore dei creditori di NORDINE e più in generale dall’intreccio dei rapporti tra le due società, indirizz a vantaggio dellik NORDINE di cui ella era amministratrice.
7.3. Analoghe considerazioni valgono con riguardo al COGNOME. Anche in tal caso, la sentenza impugnata ha correttamente rilevato che quanto meno alla data
di approvazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31/12/2007, il ricor aveva avuto consapevolezza della situazione in cui versava la società e, anzic avanzare istanza di fallimento, aveva posto in essere le operazioni descritte, avevano determinato un ulteriore aggravamento del dissesto della RAGIONE_SOCIALE. Inammissibili risultano le censure volte a sostenere la astratta vantaggiosit singoli atti di disposizione compiuti durante la gestione dell’imputato, atteso le stesse si risolvono in una non consentita lettura alternativa del mate probatorio, che – come si è più sopra evidenziato – i giudici di merito ha ricostruito e valutato in modo logico e coerente.
Il terzo motivo del ricorso COGNOME e il quarto motivo del ricorso COGNOME con i quali si afferma la inammissibilità della costituzione di parte civile curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, sono infondati.
8.1. Questa Corte regolatrice ha da tempo chiarito i rapporti intercorrenti l’azione risarcitoria esercitata nel processo civile e quella proposta in sede p osservando che deve escludersi che il danneggiato dal reato che abbia esercita l’azione risarcitoria nel processo civile sia legittimato a costituirsi parte c processo penale per far valere ulteriori (e diversi) profili di danno derivanti stessa causa, qualora sia intervenuta la pronuncia di una sentenza di merito, anc non passata ,-GLYPH
in giudicato, nella sede civile (Sez. 2, n. 7126 del 26/05/2000, COGNOME, 216356; più recentemente, Sez. 4, n. 24215 del 19/05/2015, COGNOME e altro, R 263735).
L’effetto preclusivo sancito dall’art. 75, comma 1, cod. proc. pen., in bas quale il trasferimento dell’azione civile nel processo penale comporta l’automati rinuncia agli atti del giudizio civile che, di conseguenza, deve essere dichi estinto, opera nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza di merito, anche definitiva, nel giudizio civile e allorché tra l’azione promossa in sede civile e esercitata con la costituzione di parte civile nel processo penale sussista id di soggetti e di causa petendi (Sez. 4, n. 35604 del 28/05/2003, COGNOME e altro, Rv. 226370; Sez. 2, n. 5801 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258201 01).
8.2. Nel caso di specie corretta risulta la conclusione cui sono perven entrambi i giudici del merito, i quali hanno ritenuto che la domanda di risarcime del danno proposta dalla curatela in sede civile aveva un oggetto diverso rispe a quella proposta nel presente procedimento penale, la quale attiene unicament alle condotte contestate al punto 4) dell’imputazione, concernenti la cessi frazionata del magazzino e oggetto di contestazione suppletiva all’udienza d 23.10.2014. Tale conclusione risulta confermata dalla decisione assunta ne giudizio civile dalla Corte d’appello di Firenze (il cui contenuto è riprodotto
memoria della parte civile), la quale ha escluso che la costituzione di parte c della curatela nel presente giudizio penale aveva determinato il trasferimento
quella sede dell’azione civile sul rilievo della diversità di oggetto del domande. Ha infatti evidenziato che la domanda proposta dalla curatela nel
giudizio civile ha ad oggetto «il mancato ricorso alla procedura fallimentare e consumazione di somme realizzate nel periodo 2007-2011» (tra cui la cessione di
contratti di leasing immobiliare e mobiliare), mentre la domanda avanzata in sed penale è circoscritta alla condotta di cessione frazionata del magazzino in fav
della NORDINE.
Tale constatazione, operata dal giudice civile, priva di valore i rilievi dife confermando la correttezza della decisione assunta nel presente giudizio dai giudi
del merito.
9. Alle considerazioni svolte consegue il rigetto dei ricorsi e la condanna ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio. Consegue, altresì, la condan
dei medesimi imputati alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costit parte civile, che, tenuto conto dell’impegno defensionale profuso, si liquid come da dispositivo.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e dif sostenute nel presente giudizio dalla parte civile curatela fallimento RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 07/02/2025.