Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3435 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3435 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore generale, dott.ssa COGNOME, la quale ha concluso chiedendo Pinannmissibilità del ricorso.
L’avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento
Ì
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 31 ottobre 2022 la Corte d’appello di Napoli, per quanto ancora rileva, ha confermato la decisione di primo grado, quanto all’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME, in relazione ai fatti di bancarotta fraudolenta distrattiva contestatigli quale amministratore di diritto delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente destinatarie, la prima, di bonifici provenienti dalla RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 17 febbraio 2010, e dalla RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 18 giugno 2010 e, la seconda, di un macchinario da stampa, oggetto di vendita con riserva di proprietà da parte della RAGIONE_SOCIALE
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamenta l’intervenuta prescrizione delle condotte distrattive relative al fallimento della RAGIONE_SOCIALE, come detto, dichiarato in data 17 febbraio 2010. In particolare, si osserva: a) che assumeva rilievo solo la causa di sospensione della prescrizione per 97 giorni, derivante dall’adesione dei difensori all’astensione proclamata dagli organismi di categoria per l’udienza del 14 marzo 2018 – rinviata al 20 giugno 2018 -, in quanto il rinvio dell’udienza del 21 novembre 2018, pur in presenza di astensione dei difensori per la medesima ragione, sarebbe stato comunque imposto dalla composizione anomala del Collegio e dall’assenza di testimoni; b) che non poteva neppure tenersi conto della sospensione del decorso dei termini processuali, introdotta per il contenimento della pandemia da Covid-19 dall’art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla I. 24 aprile 2020, n. 27, alla luce delle conclusioni di Sez. 5, n. 2647 del 29/09/2021, dep. 2022, Fava, Rv. 282431 – 01, poiché l’atto di appello era stato presentato in data 12 giugno 2019 e l’udienza di trattazione si era tenuta il 31 ottobre 2022; c) che, pertanto, tenendo conto soltanto dei 97 giorni di sospensione dei quali s’è detto, il termine di prescrizione era scaduto il 22 novembre 2022, nel corso dei 60 giorni che la Corte d’appello si era assegnata per il deposito della sentenza.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 493, in relazione all’art. 234 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale disatteso le doglianze proposte avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale in data 20 giugno 2018, con la quale era stata disposta l’acquisizione delle relazioni di aggiornamento predisposte dai curatori dei due fallimenti su richiesta del p.m. Si osserva che la
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(
sentenza di primo grado aveva esplicitamente valorizzato le relazioni delle quali si tratta, ponendole a fondamento della propria decisione, talché la Corte territoriale, investita della specifica doglianza formulata, avrebbe dovuto procedere ad una prova di resistenza.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riferimento alla ritenuta distrazione del macchinario per la stampa, tenuto conto del fatto la disponibilità dello stesso era stata acquisita dalla RAGIONE_SOCIALE in forza di un contratto che l’aveva condotta a versare la somma di 100.000 euro; d’altra parte, posto che lo schema negoziale utilizzato (vendita con riserva di proprietà) non aveva determinato il trasferimento della proprietà, che si sarebbe realizzato soltanto a seguito del pagamento del saldo, occorreva considerare che il bene non era mai stato spostato dal luogo nel quale era stato consegnato alla società acquirente ed era stato successivamente recuperato dalla curatela in perfetto stato di efficienza.
2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla mancata valutazione di una prova a discarico, rappresentata dalla deposizione della teste COGNOME, che aveva definito la sua posizione processuale con sentenza di patteggiamento. Da quest’ultimo rilievo discendeva che infondatamente il Tribunale aveva ritenuto inattendibili le dichiarazioni della testimone che confermavano l’estraneità del COGNOME dalle condotte distrattive, con particolare riguardo all’esecuzione dei bonifici bancari e al suo coinvolgimento nelle compagini sociali.
È stata trasmessa, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.1, 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, memoria difensiva nell’interesse dell’imputato, con la quale si rileva che è nel frattempo maturato il termine di prescrizione anche in relazione alle condotte relative al fallimento della RAGIONE_SOCIALE
Considerato in diritto
Il primo motivo (al pari di ogni altra considerazione sviluppata nella memoria in tema di prescrizione) è inammissibile per l’assorbente ragione che, essendo stata contestata e ritenuta la circostanza aggravante cli cui all’art. 219, primo comma, I. fall., contestata sia per il capo A) che per il capo B), il termine di prescrizione, anche in relazione ai reati correlati al più risalente fallimento della RAGIONE_SOCIALE (dichiarato in data 17 febbraio 2010), è ben lontano dall’essere spirato. Infatti, ai sensi degli artt. 157, primo e secondo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., il termine di quindici anni – derivante
dall’aumento sino alla metà, per effetto della circostanza aggravante ad effetto speciale della quale si tratta – ancora aumentato di un quarto, ai sensi del citato art. 161, secondo comma, giunge sino a diciotto anni e nove mesi.
È appena il caso di rilevare che siffatta conclusione resta insensibile al giudizio di prevalenza espresso con riguardo alle riconosciute circostanze attenuanti generiche, alla luce del chiaro tenore letterale dell’art. 157, terzo comma, cod. pen. (v. le puntualizzazioni in motivazione di Sez. U, n. 30046 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283328 – 01, sulla scia di Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319 – 01).
Ne discende l’assoluta irrilevanza delle considerazioni svolte quanto alla concreta incidenza delle cause di sospensione.
Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza e assenza di specificità, poiché il ricorso continua a non chiarire – nonostante i rilievi svolti dalla sentenza impugnata a proposito dell’analogo limite del corrispondente motivo di appello proposto contro l’ordinanza istruttoria del Tribunale – quali sarebbero gli elementi che i giudici di merito avrebbero tratto, ai fini della decisione, (soltanto) dalle relazioni dei curatori delle quali si contesta l’utilizzabilità.
Il fatto che il Tribunale, per indicare la base del suo convincimento, abbia operato un generale riferimento – oltre che alle dichiarazioni dei curatori – anche al contenuto delle relazioni – tema sul quale il secondo motivo insiste – non riesce ad indicare quali rilevanti profili di accertamento si trarrebbero solo dalle seconde. Resta, pertanto, priva di specifica censura la considerazione della Corte territoriale sul punto.
Del resto, non può che ribadirsi come, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisca l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 – 01).
Il terzo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza e assenza di specificità.
Come reiteratamente chiarito da questa Corte, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della
condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, COGNOME, Rv. 270763 – 01).
Nella prospettiva dell’accertamento della concreta pericolosità della condotta, già il giudice di primo grado aveva sottolineato come il mero dato del mancato trasferimento del diritto di proprietà fosse recessivo rispetto ad un’operazione che aveva comporto il trasferimento fisico del bene nella disponibilità operativa di società (la RAGIONE_SOCIALE) riconducibile al dominus (NOME COGNOME) della società alienante poi fallita (la RAGIONE_SOCIALE), a fronte del pagamento di una parte minima del corrispettivo pattuito (100.000 euro rispetto ai 456.000 euro previsti).
Il ricorso insiste nel mancato perfezionamento dell’effetto reale e nel recupero del bene dopo il fallimento, senza confrontarsi con i dati sopra indicati dai quali i giudici di merito hanno tratto la dimostrazione del concreto pericolo dell’operazione per la massa fallimentare (e ciò senza insistere sulle alterazioni del macchinario alle quali l’imputato è rimasto estraneo.
Il quarto motivo è inammissibile, sempre alla luce delle citate Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, giacché con formulazione criptica non spiega quale rilevanza decisiva avrebbe la deposizione della teste COGNOME, soprattutto se si considera che, per quanto emerge dal ricorso attraverso il rinvio alle pag. 20 e 21 della sentenza di primo grado, la teste ritenuta inattendibile ha sostanzialmente riferito sul fatto che né lei né il COGNOME avevano alcun potere decisionale. E, tuttavia, la responsabilità del ricorrente è fondata nella sentenza di primo grado, come in quella di secondo grado, non sui decisivi poteri gestori dell’imputato – incontestato essendo il ruolo dominante del ricordato COGNOME ma essenzialmente sulla consapevolezza dei disegni illeciti di quest’ultimo, da parte dell’imputato, amministratore delle società beneficiarie delle distrazioni.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 25/10/2023