Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23210 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23210 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CODOGNE’ il 20/12/1964
avverso la sentenza del 09/09/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME ha deposita conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa dell’imputato ha inoltrato memoria di replica alle conclusioni del Procuratore General e insistito nelle ragioni di ricorso.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, che ha confermato quella del g.u.p. presso il Tribunale di Treviso, nel rito abbrevia che Io aveva condannato alle pene di legge (anni due di reclusione, condizionalmente sospesi, oltre alle pene accessorie fallimentari) per il delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 21
comma n. 1 e 223 comma 1 r.d. n. 267 del 1942, ascrittogli in concorso con NOME giudicato separatamente – e nella qualità di amministratore – vice Presidente del c.d.a. d 28/07/2009 al 2/03/2010 della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita dal Tribunale di Treviso il 12 dicembre 2014 e, ancora, di Presidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE dal 28/07/2009 al 19/03/2012, in relazione alla distrazione di euro 244.300, versati nel periodo 2010-2012, alla FIM RAGIONE_SOCIALE di cui parte a titolo di finanziamento e altra parte in pagamento di fatture per operazioni di consulenza inesistenti.
2.L’atto di impugnazione, a firma di difensore abilitato, consta di cinque motivi, di se sintetizzati a norma dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Il primo motivo ha dedotto il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. p quanto la sentenza impugnata non avrebbe considerato che il credito della fallita – relativo finanziamenti effettuati, ma in parte restituiti – verso la capogruppo RAGIONE_SOCIALE ammonterebbe ad euro 33.000 e non 74.500, come contestato, e tanto influirebbe sugli elementi, oggettivo e soggettivo, del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale; le fatt invece, atterrebbero secondo il curatore fallimentare a “partite contabili prive presumibilmen di effettiva sussistenzamirate esclusivamente a ridurre, celandolo, il credito ver controllante”, dunque a voci contabili prive di effettivo valore. Ancora, la sentenza avreb omesso di ricostruire il contributo causale, formale e concreto, fornito dal ricorrente e avrebbe chiarito l’ammontare dello stato passivo né indicato il danno arrecato ai creditori da pretese distrazioni.
2.2. La seconda doglianza richiama il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. p con riferimento all’elemento oggettivo del reato, in quanto la Corte territoriale, motivazione sul punto asseritamente apodittica, non avrebbe tenuto conto che i finanziamenti furono restituiti dalla capogruppo e che le fatture non vennero mai pagate, tanto che furon stornate dalla contabilità. I finanziamenti, in particolare, sarebbero stati restitui configurazione della c.d. bancarotta riparata – salvo un importo irrisorio di euro 33.000, sic non potrebbe parlarsi di distrazione (che sussisterebbe solo nel caso in cui in cui fos programmata la mancata restituzione), anche perché la capogruppo è fallita nel 2017, ben sei anni dopo i fatti.
2.3. Il terzo motivo riguarda i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) e lett. e) cod. p con riferimento alla ritenuta ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato, perché n emergerebbe l’addotta consapevolezza in capo all’imputato, al momento delle uscite di denaro, della futura, mancata restituzione dei finanziamenti eseguiti a favore della capogruppo, fall diversi anni dopo; e l’annotazione delle fatture riguarderebbe artifici contabili, non un v proprio distacco di denaro a favore della controllante.
2.4. Il quarto motivo ha dedotto vizio di violazione di legge con riferimento alla sussiste del concorso nel reato di bancarotta patrimoniale di cui all’art. 216 comma 1 n. 1 r.d. 267/42, in quanto il COGNOME avrebbe ricoperto ruoli gestori nelle due società per brevi period
in ogni caso non sarebbe stata fornita prova, che non può discendere dal semplice ruolo formalmente assunto, di una sua effettiva partecipazione alle condotte oggetto dell’imputazione, a lui affibbiate a titolo di partecipazione “atipica”. Sarebbe anzi acclarato che le operazioni contabili ed amministrative fossero realizzate da COGNOME e COGNOME con cui COGNOME era in disaccordo e, ancora, che nel periodo di amministrazione di COGNOME i finanziamenti erogati ammontassero ad euro 90.000, erogati il 17 febbraio 2020 (recte, 2010), seguiti da restituzioni del 30 giugno 2011 per euro 50.000 e del 22 luglio 2011 per eur 45.000. Le fatture della FIM sarebbero state tutte emesse in capo alla RAGIONE_SOCIALE quando l’imputato non faceva più parte dell’organo amministrativo della fallita.
2.5. Il quinto motivo ha lamentato un vizio di omessa motivazione in ordine alla ritenu sussistenza dell’aggravante speciale di cui all’art. 219 comma 1 r.d. n. 267 del 1942, a cui sentenze di merito non avrebbero fatto cenno.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1.1 primi tre motivi, interdipendenti, possono essere trattati congiuntamente, si rivelano parte aspecifici e nel complesso infondati.
1.1.La giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi di doppia conforme, è radicata n riconoscere il principio della reciproca integrazione motivazionale delle sentenze di primo e secondo grado, ammettendosi cioè che la sentenza di appello si saldi con quella precedente, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento del rispettive decisioni e, ancor più, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elemen nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e chiarite nella sentenza primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; da ultimo v. Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME, non mass.).
1.2.Inoltre, specie in presenza di una “doppia conforme” sulla responsabilità, come nel caso di specie, il giudice di appello, nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compie un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamen ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi che compendiano la ratio decidendi della sentenza
medesima (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593 – 01; Sez. 5, n. 5123 del 16/01/2024).
E nell’assolvere a tale compito, la decisione di secondo grado può legittimamente servirs dello sviluppo logico e ricostruttivo elaborato dal primo giudice – noto alle parti – purchè n limiti a riprodurre la sentenza confermata, dichiarando – in termini stereotipati od apodit di aderirvi senza affrontare gli specifici motivi di censura ed evitando, pertanto, di operare elaborazione autonoma delle ragioni per le quali tali doglianze siano inaccoglibili (tra le mo in tal senso, sez. 6, n. 49754 del 21/01/2012, Rv. 254102). Ove, dunque, il giudice d’appell condivida le valutazioni e le modalità ricostruttive contenute nella prima decisione, può di c richiamarle, spiegando le ragioni per cui dette valutazioni resistano alle critiche formul Ragionare diversamente – e pretendere dunque che il giudice di secondo grado si esprima minutamente su ciascuna, singola obiezione difensiva – significherebbe imporre al secondo grado di giudizio – in violazione di canoni logici e di razionalità espressiva, snaturan caratteristiche ontologiche del rito di seconda istanza, con inutile aggravio dei tempi processo – una ulteriore ed autonoma attività di integrale ricostruzione del fatto, anche lì d il ragionamento espositivo già operato in prime cure sia ritenuto pienamente condivisibile.
Va ricordato, inoltre, che i motivi di impugnazione sono inammissibili quando risultan intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come pur quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (nel primo caso, si parla di “genericità intrinseca”; nel caso d mancata correlazione con le ragioni della decisione impugnata, si tratta di “generici estrinseca”: Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, in motivazione). In t ottica, deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione che si risolva n pedissequa reiterazione dei motivi già dedotti in appello e motivatamente disattesi dal giudic di merito: esso, infatti, non assolve la funzione tipica di critica puntuale avverso la sen oggetto di impugnazione in sede di legittimità (Sez. 5, n. 3337 del 22/11/2022, dep. 2023 Maisto, n.m.; Sez. 5, n. 21469 del 08/03/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
E comunque, quando con il ricorso per cassazione si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice dell’appello dei motivi articolati con l’atto di gravame, il ricorrente è onerat necessità di specificare il contenuto dell’impugnazione e la decisività del motivo negletto ai della compiutezza della delibazione richiesta, ovvero al fine di consentire l’autono individuazione delle questioni che si assumono non risolte e sulle quali si sollecita il sinda di legittimità, dovendo l’atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragio diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (cfr. tra le tante, Sez. 3, n. 3 04/11/2014, B., Rv. 264879).
1.3. D’altra parte, quando si censuri la mancanza e la manifesta illogicità della motivazion ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod. proc. pen. o si lamenti una violazione di legge p occorre che tali vizi risultino dal testo del provvedimento impugnato, ovvero che il testo
provvedimento si presenti manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e comunque che il loro esame non comporti una rivisitazione nel merito delle argomentazioni illustrate da pronunce dei due gradi di giudizio, perché rimane esclusa, in sede di legittimità, la possib di opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una di ricostruzione, magari altrettanto logica (tra le tante, Sez. U, n. 16 del 19/06/199 Francesco, Rv. 205621; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; sez. U n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv.216260).
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c’è, in altri termini, la pos verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legit non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti, ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiv giudice del merito. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazion il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o d altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed eff solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, renden illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatori fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/201 Del COGNOME, Rv. 258774).
1.4.0rbene, i motivi di ricorso, in massima parte ridotti a personali note di dissenso, no confrontano, innanzitutto, con gli appropriati passaggi della sentenza del primo giudic (pag.17) a riguardo degli ontologici rapporti tra la fallita e la “controllante” RAGIONE_SOCIALE significativamente descritta come una “scatola vuota” dalle dichiarazioni dell’impiega amministrativa, NOME COGNOME “teste” qualificato in quanto preposta, in veste di responsabile agli adempimenti contabili della fallita. La società era stata creata per “gestire” le s collegate, tra cui la RAGIONE_SOCIALE, destinata nella sostanza al sostentamento finanziario della società controllante. In base a tali dichiarazioni, tanto cruciali quanto insondat ricorso per cassazione, gli ingenti flussi di liquidità, veicolati dalla fallita, già in co dissesto (cfr. sentenza di secondo grado, che parla significativamente di status di “predecozione”), in capo alla RAGIONE_SOCIALE, non erano giustificati da alcun rapporto sottostante; il consistente drenaggio successivo, camuffato dalle fatture per inesiste consulenze svolte dalla controllante, ha depauperato le casse già languenti della fallita; le n di credito emesse dalla controllante sono valse soltanto ad “annullare” contabilmente l’operazione, senza alcuna retrocessione di denaro a reintegrazione del patrimonio a salvaguardia dei diritti dei creditori.
1.5.E’ fuor di luogo invocare il tema della c.d. bancarotta “riparata” in virtù della resti di parte dei finanziamenti erogati dalla fallita (che pure, già in sé, non esaurirebbe la più a articolazione delle condotte distrattive contestate e, quand’anche ricorrente, non avrebb
ricadute decisive sulla configurazione del delitto ascritto all’imputato nell’editto accusat perché, come di recente ribadito da Sez. 5, n. 14932 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284383 con aggancio a diversi arresti di questa Corte – la bancarotta “riparata” – istituto che promana d diritto vivente – si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del re quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegr patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione fallimento, così annullando il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un (Sez. 5, n. 52077 del 04/11/2014, COGNOME, Rv. 261347), sicché l’attività di segno contrario annulli la sottrazione deve reintegrare il patrimonio dell’impresa prima della dichiarazione fallimento, evitando che il pericolo per la garanzia dei creditori acquisisca effettiva concret (Sez.5, n. Sez. 5, n. 50289 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265903). Ai fini della configurabi della bancarotta “riparata” non è necessaria la restituzione del singolo bene sottratto, un’attività di integrale reintegrazione del patrimonio anteriore alla declaratoria di fall (Sez.5, n.34290 del 02/10/2020, COGNOME, non mass.). E’ onere dell’amministratore, che s è reso responsabile di atti di distrazione e sul quale grava una posizione di garanzia rispetto patrimonio sociale, provare l’esatta corrispondenza tra i versamenti compiuti e gli a distrattivi precedentemente perpetrati (Sez. 5, n. 57759 del 24/11/2017, COGNOME, R 271922). Ed è evidente che il concetto stesso di “riparazione” ha per suo indefettibi presupposto l’avvenuto, pregresso ed illecito “depauperamento” del patrimonio dell’impresa (del resto illustrato dalle acquisizioni probatorie, rappresentate dalla relazione del curat dalle sommarie informazioni fornite dalla “teste” COGNOME), che deve essere appunto “ristorato” attraverso le operazioni di retrodazione delle risorse precedentemente sottratte, prim dell’apertura della procedura concorsuale, che segna la consumazione del reato fallimentare.
Ebbene, la sentenza impugnata resiste alla critica, in quanto la pretesa reintegrazione non è stata, in effetti, integrale, dal momento che la somma versata di 74.500 euro (pag.16 primo grado) non è mai rientrata nelle casse della fallita.
1.6. Quanto alla tematica dell’elemento soggettivo, che in ricorso si assume rilevante i ragione dell’avvenuta restituzione di una parte delle somme di denaro, non è indispensabile la dimostrazione che il dissolvimento delle risorse sia dolosamente “programmato” sin dalla fase del distacco dal patrimonio della fallita, perché è giurisprudenza costante che il reat bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è fattispecie di pericolo concreto, c viene a realizzazione con la dichiarazione di fallimento (ex multis, sez. 5, n. 28941 del 14/02/2024, Messina, Rv. 287059; sez. U n. 22474 del 30/03/2016, COGNOME, Rv. 266804), e l’elemento soggettivo del reato è rappresentato dal dolo generico, la coscienza e volontà dell deprivazione delle disponibilità patrimoniali al momento della fuoriuscita dei beni dell’impr senza adeguata contropartita; non sono necessari la cognizione dello stato d’insolvenza dell’impresa, né il fine specifico di recare pregiudizio ai creditori (sez. U n. 224 31/03/2016, COGNOME, cit.).
Nel caso di specie, l’entità ragguardevole della liquidità distratta, l’ampio torno di tempo singole distrazioni, la sentita necessità di dissimularne la natura illecita attrav confezionamento di fatture fittizie sono elementi concreti e convergenti, che consentono d trarre, se non persino una “preordinazione”, che comunque traspare dal contributo informativo di COGNOME COGNOME, quantomeno la precisa consapevolezza di un immediato impoverimento delle disponibilità della fallita a puro e semplice agio dell’attivo della società controllante.
In proposito, le confutazioni difensive si risolvono in epidermici rilievi di con contestativo, orientate a sollecitare la Corte di cassazione ad una non consentita rielaborazion del materiale probatorio pianamente scandagliato ed apprezzato dalle pronunce del doppio grado di giudizio.
2.11 quarto motivo, a sua volta, non coglie nel segno.
2.1.Come sottolineato dalla decisione impugnata, con proposizioni sintetiche, ma efficaci, sufficienti ai fini di un positivo scrutinio di legittimità, COGNOME è stato il Presidente de di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, beneficiaria delle distrazioni (incluse quelle delle fatturazioni fittizie), per tutto il periodo delineato nell’imputazione; la società con RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima, pertanto, ne costituiva “emanazione”; COGNOME era stato vice Presidente del consiglio di amministrazione anche di VETRERIA VENETA, e per un periodo che ha incluso alcune operazioni di dirottamento ingiustificato delle risorse dall’una all’altra so ha interloquito con il curatore del fallimento, mostrando compiuta padronanza delle ingravescenti condizioni di difficoltà economica deila fallita anche in relazione ad un a temporale successivo alla dismissione della carica formale di componente del consiglio di amministrazione (pag. 5 appello: “NOME COGNOME stesso ebbe a riferire che la flessione del fatturato inizia a registrarsi già agli inizi del 2011 e che da quel momento sono sorti i problemi finanziari, aggravati, oltre che dalle “inefficienze e/o diseconomie di gestione” dich. COGNOME NOME, ex responsabile amministrativa della società), dal fatto “che l’elemento più rilevante che ha portato la società al dissesto, sia dato dal fatto che la liquidità iniziale stata in parte utilizzata per liquidare i debiti…”).
2.2. La sentenza di condanna non è dunque effetto di un’affermazione di una responsabilità “di posizione”, ma della logica e persuasiva ricostruzione del suo profilo operativ professionale, dal momento che la fattispecie della bancarotta fraudolenta è reato “proprio” base soggettiva ristretta, che include gli amministratori, tra i quali il prevenuto ri collocazione apicale, tenuta – in difetto di indicatori di segno contrario, non allegati nell ricorso – a garantire la solidità ed integrità del patrimonio dell’impresa a tutel aspettative dei creditori. E quand’anche concorrente extraneus -in quanto Presidente del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE – nel reato di bancarotta ascrivibile agli amministratori della fallita, nel contesto, cioè, di un contributo atipico, le osservazioni de a riguardo della puntuale comprensione e cognizione, da parte sua, della situazione economica degli enti coinvolti nelle condotte depauperatrici sono coerenti con la prova del dolo generi
che deve assisterne il comportamento, al lume del consolidato insegnamento di legittimità –
confacente al caso di specie – secondo il quale l’elemento soggettivo
dell”extraneus”
nel reato
proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apport
quella
delrintraneus”,
con la consapevolezza che essa determina una sottrazione del
patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscen
del dissesto della società, che può semmai rilevare sul piano probatorio quale indic
significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interess
creditori (sez.5, n. 4710 del 14/10/2019, COGNOME, Rv. 278156) e la prova dell’elemen
soggettivo
dell’extraneus
ben può essere ricavata dalle obbiettive caratteristiche della
transazione commerciale, come la natura stessa dell’atto distrattivo (in motivazione, sez.5,
26501 del 31/03/2021, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 281555).
3.11 quinto motivo, che investe la ritenuta integrazione dell’aggravante del danno patrimoniale
di rilevante entità, si palesa geneticamente inammissibile perché inedito e non dedotto con
motivi di gravame, ai sensi dell’art. 606 comma 3 cod. proc. pen.. Questi ultimi, inve
laconicamente, avevano richiesto esclusivamente la rivisitazione in melius del giudizio di bilanciamento tra le concesse attenuanti generiche e la ridetta circostanza aggravante.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla reiezione del ricorso, consegue la condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 06/06/2025
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il consi Here estensore
Il Presidente