Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME NOME NOME MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata i 28 marzo 2023 dalla Corte di appello di Palermo, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Marsala che aveva condanNOME COGNOME NOME per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva, di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta semplice per
aggravamento del dissesto, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il aprile 2016.
Secondo l’impostazione accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato, nella qualità di amministratore della società dal 4 novembre 2011 al 9 settembre 2013, avrebbe distratto la somma di euro 33.276,44 e avrebbe, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, falsificato le scritture contab Avrebbe, inoltre, concorso ad aggravare il dissesto della società, continuando l’attività di impresa, a fronte di una perdita del capitale sociale (verificatasi in d antecedente al 31 dicembre 2012), sceso al di sotto del limite legale, e omettendo di adottare i provvedimenti prescritti dagli artt. 2482-bis e 2482-ter cod. civ.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 603 cod. proc. pen.
Contesta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattirnentale in appello, sostenendo che la richiesta dalla difesa di procedere a una perizia tecnico-contabile avrebbe consentito di «verificare con certezza indispensabile l’accusa di bancarotta fraudolenta».
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe motivato in ordine al necessario collegamento causale che dovrebbe sussistere tra i reati di bancarotta fraudolenta contestati all’imputato e il dissesto della società fallita.
Il ricorrente, in ogni caso, sostiene che l’imputato non avrebbe mai avuto consapevolezza del dissesto, come desumibile dalla testimonianza resa dalla madre, dalla quale era desumibile che l’imputato era un mero prestanome.
2.3. Il ricorrente, «in via subordinata», sostiene che andrebbe «riconosciuta la circostanza attenuante comune di cui all’art. 2640 cod. civ. che prevede una diminuzione di pena per i fatti che hanno cagioNOME un’offesa di particolare tenuità». Il riconoscimento dell’attenuante sarebbe giustificato dalla «intensità del dolo».
Il AVV_NOTAIO generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
Va ribadito che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale, al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli att (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266820).
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in ragione della sua natura eccezionale, in cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale solo qualora si dimostri l’oggettiva necessità dell’incombente istruttorio e, di conseguenza, l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577; Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 258236).
Oggettiva necessità che nel caso in esame non è stata provata, non avendo la parte dimostrato che la motivazione del provvedimento impugNOME presentasse lacune o manifeste illogicità, concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se fosse stata disposta l’integrazione probatoria richiesta.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Invero, «ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagioNOME il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività» (Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266804).
Così come, sotto il profilo soggettivo, non è richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alla finalità dell’impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori (Sez. 5, n. 35093 del 04/06/2014, Sistro, Rv. 261446; Sez. 5, n. 38325 del 03/10/2013, Ferro, Rv. 260378).
Va, peraltro, evidenziato come i giudici di merito abbiano evidenziato che l’imputato, con le proprie condotte, abbia consapevolmente contribuito ad aggravare il dissesto della società (cfr. pagine 35 e ss. della sentenza di primo grado e pagine 6 e 7 della sentenza di appello).
La tesi secondo la quale l’imputato sarebbe stato un mero prestanome è stata ritenuta infondata dai giudici di merito, che, con motivazione congrua in fatto e corretta in diritto, hanno evidenziando che essa risultava completamente smentita dalle risultanze istruttorie e che, in ogni caso, tenuto conto delle concrete condotte tenute dall’imputato, la (indimostrata) presenza di un amministratore di fatto non l’avrebbe comunque esentato dalle sue penali responsabilità (cfr. pagina 38 della sentenza di primo grado e pagine 6 e 7 della sentenza di appello).
1.3. Il terzo motivo è inammissibile.
Con esso, il ricorrente, in maniera generica e poco chiara, chiede il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 2640 cod. civ., che è una circostanza non applicabile ai reati di bancarotta. In relazione a tali reati, semmai, potrebbe farsi riferimento alla specifica attenuante prevista dall’art. 219 legge fall., astratto applicabile quando venga cagioNOME un danno patrimoniale di speciale tenuità. Anche se si volesse far riferimento a tale circostanza, la richiesta, in ogni caso, rimarrebbe del tutto generica e confusa, essendo basata sulla «intensità del dolo».
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 febbraio 2024.