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Bancarotta fraudolenta: la difesa del prestanome

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. La sentenza chiarisce che la tesi difensiva di aver agito come mero “prestanome” non esclude la responsabilità penale. Inoltre, per configurare il reato, non è necessario un nesso causale diretto tra la distrazione dei beni e il dissesto, essendo sufficiente la consapevolezza di destinare le risorse a scopi estranei all’impresa.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Bancarotta Fraudolenta: Essere un “Prestanome” Non Salva dalla Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi cruciali in materia di bancarotta fraudolenta, confermando che la difesa basata sull’aver agito come semplice “prestanome” non è sufficiente a escludere la responsabilità penale. Il caso analizzato riguarda un amministratore di una S.r.l., fallita nel 2016, condannato in primo e secondo grado per aver distratto fondi, falsificato le scritture contabili e aggravato il dissesto della società.

I Fatti del Processo: Dalla Condanna al Ricorso

L’imputato, amministratore della società per circa due anni, era stato accusato di aver sottratto oltre 33.000 euro dalle casse sociali e di aver tenuto una contabilità falsa per nascondere le perdite e procurarsi un ingiusto profitto. Inoltre, gli veniva contestato di aver continuato l’attività d’impresa nonostante il capitale sociale fosse sceso al di sotto del minimo legale, aggravando così la situazione debitoria che ha portato al fallimento.
Dopo la conferma della condanna da parte della Corte d’Appello, l’amministratore ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato si è articolata su tre punti chiave nel tentativo di ribaltare la decisione dei giudici di merito.

La Richiesta di Nuova Perizia Contabile

In primo luogo, il ricorrente lamentava la mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello. Secondo la difesa, una nuova perizia tecnico-contabile sarebbe stata indispensabile per verificare con certezza l’accusa di bancarotta fraudolenta.

L’Assenza di Nesso Causale e la Difesa del “Prestanome”

Il secondo motivo di ricorso sosteneva una carenza di motivazione nella sentenza impugnata. Si argomentava che non fosse stato dimostrato il necessario nesso causale tra le condotte contestate e il dissesto della società. Inoltre, si riproponeva la tesi che l’imputato fosse un mero “prestanome”, privo di consapevolezza della situazione di crisi, come sarebbe emerso dalla testimonianza della madre.

La Richiesta di un’Attenuante Specifica

Infine, in via subordinata, si chiedeva il riconoscimento di una circostanza attenuante per i fatti che avrebbero cagionato un’offesa di “particolare tenuità”, fondando la richiesta sulla presunta ridotta “intensità del dolo”.

Le Motivazioni della Cassazione sul tema della bancarotta fraudolenta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive con motivazioni nette e in linea con il suo consolidato orientamento.

L’Eccezionalità della Rinnovazione dell’Istruttoria

I giudici hanno ribadito che la rinnovazione dell’istruttoria in appello è un istituto di carattere eccezionale. Può essere disposta solo se il giudice la ritiene assolutamente necessaria per decidere, ossia quando l’apparato probatorio esistente presenta lacune o illogicità manifeste. Nel caso di specie, il ricorrente non ha dimostrato tale necessità, rendendo la richiesta un mero tentativo di riesame del merito.

La Responsabilità Penale del “Prestanome”

La Corte ha smontato la linea difensiva centrale. Per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, non è richiesta la prova di un nesso causale diretto tra l’atto di distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’amministratore abbia consapevolmente destinato le risorse dell’impresa a scopi estranei all’attività sociale, depauperandone il patrimonio. La tesi del “prestanome”, già ritenuta infondata dai giudici di merito, è stata considerata irrilevante, poiché la presenza di un amministratore di fatto non esenta comunque quello di diritto dalle proprie responsabilità penali, specialmente a fronte di condotte concrete a lui riconducibili.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida alcuni principi fondamentali. Innanzitutto, chi accetta di ricoprire formalmente la carica di amministratore non può invocare il ruolo di “prestanome” per sfuggire alle conseguenze penali della propria gestione, anche se condotta sotto la direzione altrui. In secondo luogo, la natura dei reati di bancarotta fraudolenta è tale da proteggere il patrimonio sociale in sé: la semplice azione di distrarre beni, compiuta con la consapevolezza di agire contro gli interessi dell’impresa e dei suoi creditori, è sufficiente per integrare il reato, indipendentemente dal fatto che tale azione sia stata la causa diretta e unica del fallimento.

Chi ricopre il ruolo di “prestanome” può essere condannato per bancarotta fraudolenta?
Sì. Secondo la sentenza, la tesi difensiva di essere un mero “prestanome” è stata ritenuta infondata e, in ogni caso, non sufficiente a esentare l’amministratore dalle sue responsabilità penali, specialmente a fronte di condotte concrete a lui attribuibili che hanno contribuito ad aggravare il dissesto.

È necessario dimostrare un collegamento diretto tra la distrazione di fondi e il fallimento della società per la condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale?
No. La Corte ha chiarito che ai fini della sussistenza del reato non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il successivo fallimento. È sufficiente che l’agente abbia causato il depauperamento dell’impresa, destinando le sue risorse a scopi estranei all’attività sociale.

In quali casi il giudice d’appello è obbligato a disporre una nuova perizia tecnica?
Il giudice d’appello non è obbligato, ma può disporre la rinnovazione dell’istruttoria, come una perizia, solo in casi eccezionali. Ciò avviene quando lo ritenga, nella sua discrezionalità, assolutamente indispensabile per poter decidere, a causa di lacune o manifeste illogicità nelle prove già acquisite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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