Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2516 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2516 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MARTINENGO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni del difensore dell’imputato AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Brescia ha confermato la condanna di COGNOME NOME per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commessi nella sua qualità di amministratore di RAGIONE_SOCIALE, fallita nel febbraio del 2015.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando quattro motivi. 2.1 Con i primi tre deduce erronea applicazione della legge penale, violazione della legge processuale e vizi di motivazione in merito alla riqualificazione da parte del giudice dell’appello come bancarotta fraudolenta patrimoniale del fatto contestato al capo B) sotto il titolo della bancarotta preferenziale. Lamenta il ricorrente sarebbe stato in realtà condanNOME per un reato diverso da quello effettivamente contestato, avendo la Corte illegittimamente ritenuto un mero refuso l’indicazione nell’imputazione dell’art. 216 comma 3 legge fall., mentre, al contrario, nel giudizio di primo grado mai si è dubitato che oggetto di contestazione fosse una condotta di bancarotta preferenziale, reato per il quale in quello d’appello perfino il PG ha chiesto non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Nè l’imputato avrebbe potuto prevedere la riqualificazione operata dalla Corte, tanto più che in tutti gli atti difensivi egli ha fatto riferi all’accusa di bancarotta preferenziale. Nemmeno, essendosi proceduto con rito abbreviato non condizioNOME, egli ha avrebbe modo di dedurre nuove prove anche nel caso in cui il tema della riqualificazione fosse stato prospettato prima dell’adozione della sentenza. Né rileva, ai fini del rispetto dei principi costituzionali e convenzional che egli attraverso il ricorso in cassazione abbia la facoltà di contestare la nuova qualificazione, non potendo difendersi in sede di legittimità nel merito di quella che è in realtà una accusa inedita. Infine la decisione della Corte integrerebbe una violazione del divieto di reformatio in peius nociva per l’imputato nella misura in cui l’originaria qualificazione avrebbe comportato l’estinzione del reato per prescrizione e la conseguente elisione dell’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, con le necessarie conseguenze sul piano sanzioNOMErio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2 Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in merito all’omessa confutazione del motivo d’appello concernente la determinazione della pena. Posto che l’aggravante di cui all’art. 219 legge fall. contestata e ritenuta costituisce una speciale disciplina della continuazione dei reati, era infatti onere del giudice di primo grado individuare quale fosse il reato ritenuto più grave in relazione al quale determinare la pena base e motivare sull’aumento di pena stabilito per quello
satellite. Onere la cui mancata assoluzione era stata denunciata con il gravame di merito e che nemmeno la Corte territoriale avrebbe provveduto ad assolvere, ignorando la doglianza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato.
I primi tre motivi sono infondati e in parte inammissibili.
2.1 Va anzitutto ricordato che per il consolidato insegnamento di questa Corte, ai fini della contestazione dell’accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto e non già l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216430). Ne consegue che, ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa (ex multis Sez. 1, n. 30141 del 05/04/2019, Poltrone, Rv. 276602).
2.2 Nel caso di specie è sì vero che nel capo d’imputazione sub B) è indicata quale norma incriminatrice violata quella di cui al terzo comma dell’art. 216 legge fall., nella quale è configurato il reato di bancarotta preferenziale; ma non può negarsi – né pervero la difesa ha cercato di negarlo – che quella descritta nel medesimo capo sia inequivocabilmente una condotta di distrazione del patrimonio della fallita ad oggetto il trasferimento sine causa («provvedeva ad elargire») di ingenti risorse monetarie ad altra compagine sociale. Non meno vero è poi che la sentenza di primo grado – come ammesso dallo stesso ricorrente – ha precisato come l’affermazione di responsabilità dell’imputato doveva ritenersi riferita ad una condotta distrattiva, integrante dunque la fattispecie di bancarotta patrimoniale.
Correttamente dunque la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante l’erronea indicazione dei riferimenti normativi della contestazione imputandoli ad un mero refuso nella sua redazione (e dunque ad un “errore materiale”). Contrariamente a quanto eccepito dal ricorrente, il giudice dell’appello non ha dunque proceduto ad alcuna riqualificazione del fatto, posto che, come accenNOME ed a tutto concedere, alla sua corretta classificazione giuridica in relazione al contenuto dell’imputazione già vi aveva provveduto il giudice di primo grado. Ed in tal senso deve escludersi vi sia stata una qualsiasi lesione dei diritti di difesa dell’imputato, che già con i motivi d’appello ha avuto modo di contestare le conclusioni raggiunte dal Tribunale sull’oggetto dell’imputazione de qua, rimanendo dunque inconferenti le doglianze articolate con il ricorso in merito alla violazione dei principi costituzionali e convenzionali in tema di giusto processo. Analogamente, per le
ragioni già illustrate, risulta manifestamente infondata l’eccezione relativa alla violazione dell’art. 597 comma 3 c.p.p.
Il quarto motivo è invece inammissibile in quanto fondato sulla errata interpretazione dei principi affermati da Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249665.
Nella citata pronunzia le Sezioni Unite hanno, infatti, sostenuto che, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzioNOMEri, nel cumulo giuridico previsto dall’ 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 8 c.p.
Nell’occasione, però, il Supremo Collegio ha avuto altresì modo di precisare che la disposizione menzionata «postula l’unificazione quoad poenam di fatti-reato autonomi e non sovrapponibili tra loro, facendo ricorso alla categoria teorica della circostanza aggravante, della quale presenta sicuri indici qualificanti: a) il nomen iuris «circostanze», adottato nella rubrica; b) la generica formula utilizzata per individuare la variazione di pena in aggravamento («le pene sono aumentate») implica il necessario richiamo all’art. 64 cod. pen., che è l’unica disposizione che consente di modulare la detta variazione sanzioNOMEria» aggiungendo altresì come sia «indubbio che, sul piano formale, si è di fronte a una circostanza aggravante». Circostanza che la sentenza COGNOME riconosce non corrispondere però sotto il profilo strutturale al paradigma tipico della categoria di formale appartenenza, dovendosi dunque concludere che «l’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall. disciplina, nella sostanza, un’ipotesi di concorso di reati autonomi e indipendenti, che il legislatore unifica fittiziamente agli effetti d individuazione del regime sanzioNOMErio nel cumulo giuridico, facendo ricorso formalmente allo strumento tecnico della circostanza aggravante».
In definitiva, nella lettura fornita dalle Sezioni Unite Loy (confermata da tutta l giurisprudenza successiva), la speciale regolamentazione del concorso di reati fallimentari contenuta nella disposizione menzionata è stata, per esplicita volontà del legislatore, formalmente qualificata come circostanza aggravante. Qualificazione che, se non è certo sufficiente per imprimere alla fattispecie descritta nell’art. 219 comma secondo n. 1 legge fall. il profilo sostanziale proprio delle circostanze, ma che ciò non di meno è funzionale al suo assoggettamento alla disciplina AVV_NOTAIO dettata per queste ultime, contrariamente a quanto sostenuto dal P.G. ricorrente.
Ed in tal senso decisivo appare soprattutto il meccanismo di calcolo dell’aumento di pena prescelto, il quale, nel discostarsi vistosamente da quello previsto dall’art. 81 c.p. per la continuazione “ordinaria”, non si ispira solo al lessico proprio delle norme che configurano circostanze aggravanti, ma, come per l’appunto osservato nella sentenza citata, sostanzialmente rinvia all’art. 64 c.p., unica disposizione idonea a rivelarne l’effettiva misura.
Correttamente dunque i giudici di merito non hanno applicato i principi dettati da questa Corte con riguardo all’individuazione del reato più grave ed alla commisurazione dell’aumento di pena disposto per la continuazione, mentre irrilevante è l’omessa motivazione da parte della Corte sul motivo d’appello che ne evocava la violazione in quanto lo stesso era parimenti manifestamente infondato per le ragioni esposte in precedenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4/12/