Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26141 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26141 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA; COGNOME NOME nato a Milano il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 30 giugno 2023 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; uditi gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che si riportano ai motivi di ricorso e ne chiedono l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
I fatti oggetto delle imputazioni traggono origine dal fallimento (dichiarato il 20 luglio 2017 dal Tribunale di Torino) della RAGIONE_SOCIALE e dai conseguenti accertamenti compendiati nella annotazione di polizia giudiziaria del 6 novembre
2017, dalla quale sarebbero emersi, secondo la prospettazione accusatoria, significativi elementi sintomatici di una attività distrattiva del patrimonio azienda riconducibile, principalmente, a NOME COGNOME (amministratore unico della società) e al suo consulente contabile, NOME COGNOME.
In questo contesto e per quel che rileva in questa sede, venivano tratti a giudizio anche NOME COGNOME e NOME COGNOME per rispondere, in concorso tra loro e con NOME COGNOME e NOME COGNOME (insieme ad altri soggetti coinvolti nelle complesse operazioni ricostruite nel corso delle indagini), del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per aver concorso nella distrazione del complesso dei beni aziendali della RAGIONE_SOCIALE attraverso una pluralità di atti fraudolenti posti in essere in epoca di conclamato dissesto, tesi a frapporre soggetti giuridici apparentemente terzi, ma in realtà riconducibili a NOME COGNOME (amministratore della società fallita), nella titolarità di tali beni, così impedendo attività di recupero da parte del curatore fallimentare; NOME COGNOME avvocato, quale, consulente legale di NOME COGNOME, rafforzando gli intenti illeciti di quest’ultimo e fornendo strumenti per la realizzazione degli stessi, nonché quale amministratore unico della società di diritto croato RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME, quale socio amministratore della RAGIONE_SOCIALE, che aveva fittiziamente acquistato i beni della fallita.
La prospettazione accusatoria è stata integralmente confermata dal Tribunale e, all’esito dell’impugnazione interposta dagli imputati, anche dalla Corte d’appello.
Avverso tale ultima sentenza presentano ricorso per cassazione il COGNOME e il COGNOME.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si compone di tre motivi d’impugnazione.
4.1. Il primo, formulato sotto il profilo della violazione di legge, deduce l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato. Sostiene la difesa che la vicenda distrattiva si sarebbe esaurita il 20 aprile 2016, con la cessione dei beni dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE. I successivi trasferimenti (quelli dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE e da quest’ultima alla RAGIONE_SOCIALE) non avrebbero valenza distrattiva, in quanto relative a beni già fuoriusciti dal patrimonio dell fallita: la potrebbero assumere solo ricomprendendo tale ulteriore segmento negoziale all’interno del perimetro della fattispecie. Ma ciò presupporrebbe, ineludibilmente, la strutturazione del reato in termini di concorso di persone ai sensi dell’art. 110 cod. pen.; un concorso che, logicamente, potrebbe ipotizzarsi
solo in un momento antecedente (o al massimo coevo) alla consumazione del reato, mai dopo.
Ebbene, il COGNOME non compare né nella prima cessione (dalla fallita alla RAGIONE_SOCIALE), né nella seconda (tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE), ma solo in quella successiva, tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; cessione per la quale, tra l’altro, il COGNOME era già stato condannato a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta (in relazione al fallimento della RAGIONE_SOCIALE); imputazione che la prospettazione accusatoria condurrebbe a duplicare attribuendo a tale medesimo atto valenza distrattiva anche in relazione al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, originaria proprietaria.
4.2. Il secondo attiene alla sussistenza del profilo soggettivo del reato contestato e deduce violazione dell’art. 110 cod. pen. nella parte in cui la sentenza impugnata non darebbe conto della piena consapevolezza da parte del ricorrente delle intenzioni distrattive del suo cliente in un momento antecedente al perfezionamento del reato e, parallelamente, del contributo fornito dal COGNOME, nella sua qualità di legale, alla realizzazione dell’operazione.
4.3. Il terzo deduce le medesime circostanze, formulate, però, sotto il profilo del vizio di motivazione. La difesa rileva come proprio dalla e-mail del 20 maggio 2016, segnalata alla Corte d’appello, con la quale veniva assegnato al COGNOME uno specifico compito, emergerebbe la prova di come, prima di tale data, egli fosse completamente all’oscuro della complessiva operazione posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE. Prima di tale data, infatti, il COGNOME non era il legale del COGNOME ed è solo in tale data che gli vennnero illustrati i dettagli dell’intera operazione; l’unico contributo di cui vi è traccia attiene alla stipula di un contratto di cessio con riserva di proprietà, quindi ontologicamente privo di valenza distrattiva.
Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME si compone di sette motivi d’impugnazione.
5.1. I primi due e il quinto, formulati sotto il profilo della violazione di le e del vizio di motivazione, deducono la mancanza di un’effettiva valenza distrattiva della condotta contestata al COGNOME. Ciò in ragione della congruità del prezzo della cessione e della già preesistente inattività della RAGIONE_SOCIALE; circostanza, quest’ultima, che escluderebbe in radice la possibilità dì ipotizzare una distrazione, in favore della RAGIONE_SOCIALE, tanto del pacchetto clienti, quanto dell’avviamento (in sé, peraltro, insuscettibile di distrazione) della RAGIONE_SOCIALE, di fatto g trasferiti alla RAGIONE_SOCIALE con la stipula del contratto di affitto.
5.2. Il terzo ed il quarto attengono alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che, ove la distrazione venga realizzata attraverso la partecipazione di più soggetti, deve necessariamente strutturarsi in termini di dolo concorsuale e,
quindi, abbracciare le singole condotte e l’apporto di ciascuna alla realizzazione unitaria del fatto di reato; coefficiente psicologico che, in concreto, non potrebbe essere desunto dalla sola partecipazione a singoli segmenti dell’operazione negoziale, come invece pretendere di fare la sentenza impugnata.
5.3. Il sesto ed il settimo motivo attengono al trattamento sanzionatorio e, segnatamente, alla richiesta di sostituzione della pena detentiva ai sensi della legge n. 689 del 1981, rigettata, sostiene la difesa, sulla sola valutazione dei criteri di cui all’art. 133 del codice penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del COGNOME è infondato.
Va premesso che il COGNOME risponde del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione quale consulente legale di NOME COGNOME, amministratore della società fallita (del quale avrebbe rafforzando gli intenti illeciti, fornendo strumenti per realizzazione degli stessi), nonché quale amministratore unico della società di diritto croato RAGIONE_SOCIALE, ultima cessionaria dei beni della fallita, fuoriusciti patrimonio di quest’ultima.
La difesa censura la sussistenza del reato, sia sotto il profilo oggettivo (in relazione alla configurabilità di una condotta distrattiva avente per oggetto beni già fuoriusciti dal patrimonio dell’imprenditore), sia sotto quello soggettivo (i relazione alla ritenuta consapevolezza dell’unitarietà dell’operazione).
L’assunto dal quale parte la difesa è corretto: la strutturazione del reato in termini di concorso di persone, ai sensi dell’art. 110 cod. pen., è logicamente ipotizzabile solo in un momento antecedente (o coevo) alla consumazione del reato, mai dopo.
Cosicché, se è pur vero che la consumazione del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale coincide con la dichiarazione di fallimento (dovendosi aver riguardo a tale momento e non a quello del compimento dell’atto distrattivo per la verifica dell’esistenza di un pregiudizio ai creditori), un comportamento del terzo postumo rispetto alla condotta distrattiva realizzata dall’intraneus, ancorché posto in essere in un momento anteriore al fallimento, rappresentando tale dichiarazione un provvedimento giurisdizionale estraneo alla condotta dell’autore dell’atto distrattivo, non integra, in sé, una condotta concorsuale.
Lo integra, però, ove risulti che l’atto del terzo sia stato posto in essere all luce di un accordo intervenuto con l’intraneus in un momento anteriore al compimento della condotta (Sez. 5, n. 49499 del 05/07/2018, V., Rv. 274184). Un accordo che, pur non richiedendo la specifica conoscenza del dissesto della società (che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della
rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori), deve comunque strutturarsi in termini di consapevolezza della valenza depauperativa dell’operazione complessivamente posta in essere e volontarietà di offrire il proprio contributo all’intraneus (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156).
Ebbene, la Corte territoriale ha dato atto che la strategia del COGNOME prevedeva tre passaggi fondamentali: a) il trasferimento fittizio della sede di RAGIONE_SOCIALE negli Emirati Arabi Uniti al fine di rendere più difficoltose, ritardandole azioni recuperatorie dei creditori della società; b) la prosecuzione dell’attività negl stessi locali sotto diversa ragione sociale, utilizzando la società RAGIONE_SOCIALE, anch’essa riferibile al COGNOME, alla quale venivano trasferiti i beni aziendali; c) l costituzione delle società croate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, anch’esse facenti capo al COGNOME, alle quali trasferire in ultima analisi i beni distratti.
Una strategia unitaria la cui realizzazione presuppone, però, per come lucidamente osservato nella sentenza impugnata, “i/ concorso sinergico e coordinato di tutti/partecipanti all’operazione e che dà conto, nella sua unitarietà, del vincolo che avvince, sotto il profilo funzionale, le singole operazioni che si sono succedute nel tempo: il contratto di affitto, sottoscritto dell’ottobre 2015, tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; i plurimi trasferimenti di sede (il 29 dicembre 2015 da Crema a Torino e il 9 maggio 2016, dopo l’integrale cessione delle quote sociali, negli Emirati Arabi Uniti); le plurime successive cessioni (alla RAGIONE_SOCIALE, con provvista fornita dalla RAGIONE_SOCIALE, e, successivamente, prima alla RAGIONE_SOCIALE e, in ultimo, alla RAGIONE_SOCIALE, amministrata appunto da NOME COGNOME).
All’interno della complessiva operazione, il COGNOME ha, sì, partecipato formalmente al solo segmento relativo alla predisposizione delle società croate, ma lo ha fatto nella piena consapevolezza dell’intero piano di azione perseguito dal COGNOME e, in particolare, dei segmenti di condotta posti in essere dagli altri imputati (e segnatamente da COGNOME e da COGNOME), nella realizzazione dell’obiettivo finale a base della intera operazione (lo “svuotamento” della RAGIONE_SOCIALE).
Consapevolezza ampiamente evidenziata dalla Corte territoriale non solo in ragione della logica necessità di tale dato ai fini della pianificazione anche del predetto segmento di condotta, ma anche e soprattutto alla luce del carteggio avvenuto via e-mail tra il COGNOME ed il COGNOME e, segnatamente, della missiva del maggio 2016 (dove si esplicitano chiaramente gli obiettivi e si definiscono i ruoli) che, per quanto successiva al compimento del primo segmento della complessiva operazione (il trasferimento dei beni dalla fallita alla RAGIONE_SOCIALE, avvenuto nell’aprile 2016), deve essere comunque letta alla luce di tutte le altre
comunicazioni (risalenti, per come chiaramente evidenziato in primo grado, quanto meno al gennaio 2016, quindi in un momento antecedente alla fuoriuscita dei beni dal patrimonio della fallita), nelle quali, discorrendo esplicitamente di “cancellazione” della RAGIONE_SOCIALE dai registri della RAGIONE_SOCIALE, si dà conto delle finalità della complessiva operazione e della comune sua conoscenza.
In questo contesto, poi, è del tutto irrilevante sia la circostanza che l’ultimo dei trasferimenti fosse stato stipulato con la previsione di un patto di riservato dominio, sia la circostanza per cui il COGNOME è stato ritenuto responsabile anche della distrazione dei beni della RAGIONE_SOCIALE.
Sotto il primo profilo valgono plurime concorrenti considerazioni: a) la valenza distrattiva va valutata alla luce dell’unitarietà dell’operazione economica posta in essere; b) anche a voler aver riguardo a tale ultimo segmento negoziale, nelle more del trasferimento del diritto di proprietà, comunque i beni risultano sottratti alla disponibilità della fallita, che, in quanto autonoma utilità economica, ben può essere oggetto di distrazione.
Sotto il secondo profilo, in ragione della duplice valenza distrattiva della medesima condotta: in relazione al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, originaria proprietaria dei beni, e della RAGIONE_SOCIALE, successiva cessionaria, all’interno del cui patrimonio i detti beni sono transitati.
Complessivamente infondato è anche il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
2.1. I primi cinque motivi, afferenti al profilo della responsabilità, sono tutt infondati, per ragioni analoghe a quelle prospettate con riferimento al coimputato.
Il COGNOME risponde del reato di bancarotta fraudolenl:a patrimoniale per distrazione perché, nella qualità di socio amministratore della RAGIONE_SOCIALE, avrebbe fittiziamente acquistato i beni della fallita, rivendendoli, dopo circa un mese, alla RAGIONE_SOCIALE (società riconducibile al RAGIONE_SOCIALE, che, peraltro, aveva fornito la provvista per l’acquisto).
Ebbene, l’operazione era fittizia (per come pacificamente ammesso dal COGNOME e dallo stesso COGNOME e chiaramente desumibile dalla provvista fornita dallo stesso COGNOME, per il tramite della RAGIONE_SOCIALE) e il prezzo era “vile” (in quanto significativamente inferiore al valore netto delle immobilizzazioni risultanti dal libr giornale e la valutazione, in quanto afferente ad un apprezzamento in fatto congruamente motivato, non è sindacabile in questa sede). E tanto, in sé, dà conto della natura distrattiva dell’operazione, tanto più ove colorata dall’obbiettivo finale avuto di mira dall’amministratore e dalla piena consapevolezza dello stato di decozione nella quale versava la RAGIONE_SOCIALE (chiaramente desumibile, per come evidenziato dai giudici di merito, dall’acquisto, nel 2015, da parte della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE di alcuni beni oggetto di pignoramento mobiliare eseguito ai danni della stessa RAGIONE_SOCIALE, immediatamente retrocessi al debitore).
E tanto rende irrilevante ogni censura afferente al pacchetto clienti e all’avviamento (in ipotesi sottratti alla RAGIONE_SOCIALE).
2.2. Gli ultimi due motivi attengono al trattamento sanzionatorio e sono indeducibili.
È pur vero, infatti, che la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall’imputato impone al giudice di motivare le eventuali ragioni di diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102), ma il c:ontenuto intrinseco di tale motivazione risente della discrezionalità della valutazione affidata al giudice nell’apprezzamento di un fatto; discrezionalità che deve essere esercitata, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, proprio alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatt per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558; Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853; Sez. 2, n. 5989 del 22/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239494).
In concreto, la Corte ha escluso la possibilità di sostituire la pena irrogata evidenziando: a) il contributo reso nella realizzazione della complessiva vicenda; b) l’arco temporale nel quale la condotta virtuosa si è articolata; c) l’assenza di ogni remora nell’aderire al programma criminoso prospettato. E su tali elementi, ritendoli significativi dell’incapacità dell’imputato di rispettare regole e prescrizio ha rigettato la richiesta.
La motivazione è logica e coerente e, in quanto tale, insindacabile in sede di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031).
In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti vanno condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 aprile 2024