Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10598 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10598 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOMECOGNOME NOME nato in Egitto il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME nato a Montegranaro il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 09/03/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO , che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME per prescrizione e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per COGNOME NOME; sentito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi presentati; sentito l’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza pronunciata il giorno 27 gennaio 2021 la Corte d’appello di Milano, nel dichiarare, in riforma della decisione di primo grado, non doversi procedere con riferimento ad una pluralità di delitti di truffa, estinti per prescrizione, aveva per il resto confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 25 settembre 2017, con la quale erano stati condannati alla pena di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, quali amministratori di fatto, e NOME COGNOME, NOME NOME e NOME COGNOME, quali ‘extranef , in relazione a delitti di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 20 gennaio 2011 (capo a della rubrica).
Nell’interesse, tra gli altri, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME venivano proposti distinti ricorsi per cassazione avverso la citata sentenza della Corte di appello di Milano.
1.1. In particolare NOME COGNOME , con il suo ricorso, lamentava violazione di legge, in relazione alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni disposte da Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria, nel procedimento avente ad oggetto una associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di una serie indeterminata di truffe, nel giudizio conclusosi con la sentenza da lui impugnata, valorizzando il fatto che «le truffe erano il mezzo per commettere le distrazioni, occultando totalmente la contabilità della società»; inoltre, lamentava vizi motivazionali, in relazione all’attribuzione di un ruolo gestorio a lui, tenuto conto che la concreta attività emergente da alcune conversazioni telefoniche e da due apparizioni accanto all’amministratore di diritto NOME NOME COGNOME (per il quale svolgeva funzioni di assistente e autista), era così frammentaria da non giustificare le conclusioni dei giudici di merito, anche alla luce dell’assenza di ulteriori riscontri. Con il terzo motivo lamentava vizi motivazionali, rilevando che la Corte territoriale, nel prendere atto dell’avvenuta estinzione dei delitti di truffa per intervenuta prescrizione, aveva omesso di esaminare le doglianze sviluppate sub III dell’atto di appello, con specifico riguardo a vari episodi indicati nel capo di imputazione, le quali investendo, alla luce del fattore temporale e dell’indipendenza di azione dei vari gruppi operanti, la stessa possibilità di partecipazione del COGNOME alle truffe, assumevano rilievo
con riguardo sia al ruolo gestorio apicale, sia al coinvolgimento nei singoli episodi distrattivi, sia alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 219 I. fa Il.
1.2. NOME COGNOME, con il proprio ricorso, lamentava l’assenza di motivazione rispetto alle censure svolte con l’ atto di appello – e illustrate nella memoria di cui all’art. 121 cod. proc. pen. – che, valorizzando quanto ritenuto dai giudici di primo grado, a proposito della non configurabilità di reati fallimentari in relazione a condotte distrattive riguardanti beni oggetto di truffe per le quali, indipendentemente dall’esito, il COGNOME era stato separatamente giudicato, avevano sottolineato come le stesse conseguenze dovessero essere tratte con riguardo alle truffe oggetto del procedimento lombardo. Anche in questi casi, infatti, essendo assenti poteri gestori in capo al ricorrente, la sua condotta non poteva che essere circoscritta al segmento della fraudolenta acquisizione dei beni al patrimonio della RAGIONE_SOCIALE, senza investire anche il momento della distrazione. Con il secondo motivo lamentava vizi motivazionali in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche fondato sull’esistenza di precedenti del ricorrente, al contrario gravato da un unico precedente, e non argomentato in relazione alla condotta di collaborazione con la giustizia intrapresa dal COGNOME.
1.3. La Quinta sezione della Corte di cassazione, con sentenza n.27424/2022, per quanto di interesse in questa sede, accoglieva in parte le impugnazioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
1.4. In particolare, quanto al ricorso del primo, riteneva fondati il secondo ed il terzo motivo; invero, il ruolo di ‘collante’, attribuito dalla sentenza impugnata al ricorrente, tra il livello gestorio apicale della società (vale a dire NOME COGNOME) ed il livello gestorio formale, poteva esprimere un ruolo di partecipazione, da approfondire nei concreti connotati del concorso prestato ai singoli episodi distrattivi, ma non già un ruolo gestorio, che finiva per risultare in concreto una scorciatoia argomentativa che non affrontava i più complessi temi del concreto contributo concorsuale (che era poi la sostanza del terzo motivo di ricorso, quanto ai singoli episodi di truffa che potevano rappresentare – anche se non necessariamente rappresentavano – in relazione alla posizione di ciascun imputato, la premessa fattuale del concorso nelle successive distrazioni). Anche
i dati valorizzati dalla Corte territoriale – che aveva ricordato come in un’occasione il NOME avesse chiesto a NOME COGNOME istruzioni sul da farsi – erano del tutto equivoci persino quanto al tema della disponibilità dei conti correnti. La Corte di cassazione ha, infatti, chiarito che la qualifica di amministratore di fatto di una società non può trarsi solo dal conferimento di una procura generale ‘ad negotia’ o dalla gestione di alcuni conti, ma richiedeva l’individuazione di prove significative e concludenti circa lo svolgimento delle funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività imprenditoriale, anche a mezzo dell’attivazione dei poteri conferiti con la procura stessa (Sez. 5, n. 4865 del 25/11/2021 – dep. 10/02/2022, COGNOME, Rv. 282775 01).
In sostanza, il ‘thema probandum’ era rappresentato dall’accertamento della presenza di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali i rapporti con i dipendenti, i fornitor o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare (Sez. 5, n. 45134 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277540 – 01), sicché le singole attività svolte non consentono automatismi dimostrativi se, nel contesto dato, non rivelino il concreto svolgimento di tali funzioni.
1.5. Anche il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME veniva ritenuto fondato (ed assorbente) da parte della Corte di legittimità; esso veniva accolto non perché fosse configurabile un ‘bis in idem’tra le condotte truffaldine e quelle distrattive, ma perché la Corte territoriale non aveva chiarito per quale ragione il coinvolgimento nel primo segmento della condotta, dotato di autonoma rilevanza penalistica, comportava necessariamente la sussistenza dei tipici tratti del concorso del!’ extraneus’ nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in relazione al quale si richiede l’accertamento della volontarietà della condotta di apporto a quella dell”intraneus’, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156 – 02).
1.6. Per tali ragioni, quindi, la sentenza impugnata veniva annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano nei confronti, tra gli altri, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
1.7. La Corte di appello di Milano, con sentenza pronunciata il 9 marzo 2023 e giudicando in sede di rinvio, ha – per quanto di interesse in questa sede parzialmente riformato la sentenza di primo grado rideterminando la pena nei confronti di NOME COGNOME (previa esclusione delle contestate aggravanti e l’applicazione dell’aumento per la recidiva reiterata e specifica) in anni cinque di reclusione (oltre alla pena accessoria ex art.216 I. fall. per la durata di anni dieci) ed in anni tre di reclusione (oltre alla pena accessoria ex art.216 I. fall. per la durata di anni cinque) nei confronti di NOME COGNOME (previa esclusione delle contestate aggravanti), confermando per il resto la sentenza appellata e le statuizioni della sentenza della Corte di appello di Milano del 27 gennaio 2021 non attinte dall’annullamento sopra riportato.
1.8. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME la Corte del rinvio ha osservato che, pur escludendo che egli fosse stato amministratore di fatto, doveva riconoscersi la sua responsabilità concorsuale nei fatti distrattivi contestati in qualità di ‘extraneus’.
A tale conclusione, secondo la Corte di appello, si perveniva tenuto conto del fatto che il ricorrente era stato imputato in tutti gli episodi di truffa di cui ai c c) e d) della imputazione, di talché aveva partecipato al conseguimento di beni di rilevante valore ed ingombro e di complessa movimentazione (come le autogru acquisite con condotta truffaldina e dismesse mediante distrazione come evidenziato nei capi da 1.1. a 1.8 della rubrica). Tale elemento comportava la sicura conoscenza, da parte di NOME COGNOME, dei meccanismi che la società RAGIONE_SOCIALE intendeva utilizzare per la disnnissione illecita di tali beni, vist il suo ruolo di collante tra il livello apicale (rivestito da NOME COGNOME) ed i minore livello decisionale (incarnato da NOME COGNOMECOGNOME. Inoltre, la conferma della contiguità alla gestione della società si ricavava dall’avere favorito l’ingresso di beni, poi mai più reperiti, nel patrimonio della società fallita, quali la vettur BMW X6, di cui al punto 1.23 del capo della imputazione (capo N delle truffe); a quanto sopra doveva poi aggiungersi che il NOME era stato individuato come soggetto ‘di fiducia’ per prestare a NOME COGNOME l’assistenza
necessaria in sede di deposito della firma sul conto corrente della fallita e di chiusura dello stesso conto, nonché di incaricato di accompagnare il predetto presso lo studio notarile per perfezionare le cessioni delle quote sociali di NOME COGNOME, il quale aveva riferito di avere discusso proprio con l’imputato della possibilità di concludere affari nel settore dell’edilizia con società RAGIONE_SOCIALE, a testimonianza della intraneità del NOME nelle scelte operative della RAGIONE_SOCIALE.
In conclusione, la Corte del rinvio ha ritenuto possibile configurare la sussistenza dei tipici elementi del concorso dell’ extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale; la responsabilità del NOME è, quindi, stata limitata agli episodi distrattivi e non anche rispetto al mancato rinvenimento della contabilità della fallita, con la conseguente esclusione dell’aggravante dei più fatti e di quella del danno di rilevante gravità.
1.9. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME la Corte del rinvio ha osservato che l’avere fornito, da parte sua, rilevanti utilità (sia pure ottenute illecitamente mediante truffe) alla società fallita, non poteva configurare un evento di segno contrario rispetto alla distrazione fallimentare; invero, risultava che i beni conseguiti a mezzo delle truffe non potevano restare nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE ed essere ad esso acquisiti e neppure utilizzati in maniera ordinaria, senza essere immediatamente recuperati dai legittimi proprietari con la conseguente immediata scoperta dei responsabili e l’interruzione delle imprese criminose.
Pertanto, il coinvolgimento di COGNOME nel primo segmento della condotta, autonomamente rilevante sotto il profilo penale, comportava la dimostrazione del suo concorso quale ‘extraneus’ nel successivo e distinto reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale data la sua consapevolezza che la fallita doveva distrarsi di tali beni (acquisiti mediante le condotte truffaldine) nel minor tempo possibile con lo scontato depauperamento del patrimonio sociale in danno dei creditori, poiché egli essendo stato (per sua stessa ammissione) autorevole protagonista delle truffe medesime – sebbene non potesse considerarsi come amministratore di fatto della fallita – si era rappresentato che i soggetti che di fatto gestivano la RAGIONE_SOCIALE si sarebbero comunque disfatti di quegli stessi beni con il relativo pregiudizio per i creditori.
1.10. In conclusione, sebbene gli elementi probatori non potevano dimostrare la qualifica di NOME COGNOME come amministratore di fatto, essi erano sufficienti per un giudizio di responsabilità come ‘extraneus’ concorrente nel solo reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, seppure con la esclusione dell’aggravante del danno di rilevante gravità che avrebbe richiesto la sua partecipazione alla pianificazione di tutte le azioni distrattive e non già (come avvenuto) soltanto ad alcune di esse.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. co proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Egli lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la violazione dell’art.627 del codice di rito a causa dell’incompletezza e della contraddittorietà dell’ analisi della sua posizione quale ‘extraneus’ partecipe del reato di bancarotta fraudolenta, sia con riferimento ad un’attività causalmente giustificativa prestata nei singoli episodi (elemento oggettivo), sia quanto alla consapevole partecipazione (elemento soggettivo). Al riguardo deduce che, sulla base della sentenza rescindente, in sede di rinvio si sarebbe dovuto approfondire l’aspetto della responsabilità nel fallimento come soggetto estraneo alla gestione di essa; secondo il ricorrente la Corte del rinvio, invece, avrebbe omesso di procedere in modo compiuto a tale verifica, dando per acclarato (in modo apodittico) il suo coinvolgimento in tutti gli episodi (27) di truffa di cui ai capi e d) della rubrica, per poi fare concreto riferimento soltanto a tre episodi riguardanti un’ autogru, la BMW X6 ed i buoni carburante senza, però, approfondire il ruolo concretamente svolto dal NOME nell’acquisto o nella vendita di tali beni.
Anche NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insisten per l’annullamento della sentenza impugnata.
3.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge rispetto al concetto giuridico di appartenenza al patrimonio societario di beni provenienti da delitto e, in quanto tali, estranei alle pretese del ceto creditorio della società fallita. Al riguardo osserva che i beni che sarebbero stati acquisiti con le truffe contestategli al capo c), in quanto corpo di reato non potevano entrare giuridicamente nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e, per tale ragione, non potevano essere oggetto di pretese da parte dei creditori della società, dato che legittimate alla richiesta di restituzione sarebbero state unicamente le vittime delle truffe medesime che, però, potevano essere creditrici dirette solo dell’autore della truffa (vale a dire NOME COGNOME). Pertanto, sostiene il ricorrente, nessun creditore della società avrebbe potuto vantare pretese giuridicamente fondate rispetto a tali beni, con la conseguente esclusione del delitto di bancarotta non potendo gli stessi beni essere oggetto di distrazione.
3.2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra le condotte addebitate a NOME COGNOME nel capo c) della imputazione e le distrazioni dei beni societari commesse a distanza di molto tempo dagli amministratori della fallita ed il relativo vizio di motivazione mancante; in sostanza, gli eventi distrattivi oggetto di imputazione sarebbero stati determinati dalle condotte degli amministratori delle società che avevano dato luogo alla serie causale sopravvenuta ed indipendente che aveva interrotto il nesso causale sia pure innescato dalle truffe commesse dal ricorrente.
3.3. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione del principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione con la sentenza di annullamento, la violazione di legge in tema di configurabilità del concorso nel reato ed il difetto di motivazione.
Secondo il ricorrente, infatti, la Corte del rinvio non avrebbe tenuto conto di quanto stabilito in sede rescindente con particolare riguardo all’accertamento della volontarietà della condotta di apporto a quella dell’ intraneus’ poiché la sentenza impugnata non ha spiegato come COGNOME aveva volontariamente contribuito alla distrazione dei beni societari, pur agendo senza la qualità di amministratore di diritto o di fatto.
La Corte di appello ha ritenuto che l’imputato avesse agito come concorrente esterno nel reato di bancarotta per distrazione nonostante – al momento delle distrazioni – egli non fosse amministratore di fatto o di diritto; inoltre, se s volesse ritenere che la cooperazione alla commissione delle distrazioni risaliva al momento delle truffe, il ricorrente osserva che i beni provenienti da reato non potevano entrare a far parte del patrimonio della società e che gli amministratori della società avrebbero dovuto essere chiamati a rispondere delle truffe a titolo di concorso con l’imputato (cosa non avvenuta).
3.4. Con l’ultimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione rispetto alla mancata concessione delle attenuanti generiche nonostante l’espressa richiesta avanzata in tal senso dalla difesa in considerazione della totale collaborazione offerta dall’imputato per la prosecuzione e lo sviluppo delle indagini e tenuto anche conto dell’esclusione dell’aggravante del danno di rilevante entità.
Infine, nel corso della discussione, le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito illustrate.
Deve anzitutto ricordarsi che in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il dolo del concorrente ‘extraneus’ nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell”intraneus’, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza dell’intervenuta dichiarazione di fallimento (Sez. 5 – , Sentenza n. 26501 del 31/03/2021, Rv. 281555 – 01).
3. Ciò posto, con riferimento al ricorso proposto da NOME COGNOME si osserva che la Corte del rinvio, con motivazione adeguata e non manifestamente infondata, ha spiegato perché l’imputato aveva concorso come ‘extraneus’ alla bancarotta dando rilievo, in particolare, alla sua partecipazione a tutte le truffe di cui al capo di imputazione (capi f,g,h,i,k,l,m,n,q della rubrica), rispetto alle quali egli era stato condannato in primo grado e per le quali era stata poi dichiarata la prescrizione con la prima sentenza di appello, senza che sia intervenuto un suo proscioglimento nel merito.
3.1. Ne consegue che, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte del rinvio ha adempiuto l’onere motivazionale richiesto in sede rescindente, sottolineando che egli aveva partecipato al conseguimento di beni di rilevante valore ed ingombro e di complessa movimentazione (come le autogru conseguite con condotta truffaldina e dismesse con le distrazioni) destinati alla società fallita. Da ciò è stata ritenuta dimostrata, in maniera non contraddittoria, la conoscenza da parte del COGNOME dei meccanismi che la società RAGIONE_SOCIALE aveva utilizzato per la dismissione illecita di tali beni, considerato anche i suo ruolo di raccordo tra il livello apicale (ricoperto da NOME COGNOME) ed il minore livello decisionale rappresentato da NOME COGNOME.
Inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato che l’imputato aveva fatto uso della utenza telefonica n.NUMERO_TELEFONO (intestata alla RAGIONE_SOCIALE) spendendo le false generalità di ‘NOME COGNOME‘ proprio al fine di confondere gli interlocutori con cui entrava in contatto per la commissione delle truffe e quindi con una finalità illecita connessa all’appropriazione di beni di pertinenza della fallita; il ruolo di NOME COGNOME non poteva poi essere limitato temporalmente all’estate del 2009, dato che egli aveva utilizzato in precedenza dei buoni carburante (acquisiti in modo truffaldino al patrimonio della società fallita sin dal mese di marzo del 2009) ed alla luce delle dichiarazioni etero accusatorie di NOME COGNOME, il quale aveva collocato l’ingresso dell’imputato nella sfera della società fin dalla fase dell’iniziale coinvolgimento di NOME COGNOME e che, quindi, egli aveva partecipato alla consumazione degli episodi distrattivi più rilevanti.
Ulteriore conferma della contiguità di NOME COGNOME alla gestione della società è stata ricavata – in modo coerente – anche dall’avere favorito l’ingresso di beni, mai più reperiti, nel patrimonio della società fallita, tra cui l’autovettura BMW X6
sopra indicata e dalla circostanza che egli era stato individuato come soggetto ‘di fiducia’ per prestare a NOME COGNOME l’assistenza necessaria in sede di deposito della firma sul conto corrente della fallita e di chiusura dello stesso conto con il prelievo del relativo saldo, nonché di incaricato di accompagnare il predetto presso lo studio notarile per perfezionare le cessioni delle quote sociali di NOME COGNOME, il quale aveva riferito di avere discusso proprio con l’imputato della possibilità di concludere affari nel settore dell’edilizia.
Circa poi la consapevolezza, da parte di NOME COGNOME, dello stato di notevole difficoltà economica in cui si trovava la società sin dal 2008 (diffusamente indicata nella sentenza di primo grado alle pagg.18 e ss.) è stata ritenuta – in modo non manifestamente illogico – rilevante la conversazione n.1477 (oggetto di intercettazione) intercorsa tra lui e NOME COGNOME il 10 settembre 2009 nel corso della quale l’odierno ricorrente aveva definito la RAGIONE_SOCIALE come una ‘scatola vuota’ (pag. 23 della sentenza di primo grado).
3.2. Pertanto, pur lamentando violazione di legge, il ricorso suggerisce una non consentita lettura alternativa degli elementi probatori coerentemente valutati dalla Corte del rinvio per confermare la responsabilità del NOME per la bancarotta visto il suo coinvolgimento – come ‘extraneus’ nelle scelte operative della RAGIONE_SOCIALE
Ad analoghe conclusioni si perviene anche rispetto alla impugnazione di NOME COGNOME.
4.1. Con riferimento al primo motivo si osserva che, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è escluso dal fatto che i beni distratti siano pervenuti alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti (nella specie mediante le truffe perpetrate anche da NOME COGNOME), atteso che il patrimonio di una società deve ritenersi costituito anche dal prodotto di attività illecite realizzate dagli amministratori in nome e per conto della medesima o anche dal concorrente ‘extraneus’, ed altresì che i beni provenienti da reato, fino a quando non siano individuati e separati dagli altri facenti parte di un determinato patrimonio, non possono considerarsi
ad esso estranei (Sez. 5 – , Sentenza n. 53399 del 30/05/2018, Rv. 274146 01; Sez. 5 – , Sentenza n. 7824 del 30/11/2022, dep. 2023 Rv. 284223 – 02).
4.2. Rispetto al secondo e terzo motivo (strettamente connessi tra loro) deve evidenziarsi che la Corte territoriale, in modo non manifestamente illogico, ha osservato che l’avere fornito, da parte di COGNOME, rilevanti utilità (sia pur mediante truffe) alla RAGIONE_SOCIALE configurava una distrazione fallimentare dato che i beni conseguiti a mezzo delle truffe non potevano restare nel patrimonio della fallita, né venire acquisiti e neppure utilizzati in maniera ordinaria, senza essere immediatamente recuperati dai legittimi proprietari con la conseguente immediata scoperta dei responsabili e l’interruzione delle attività illecite. Pertanto, il coinvolgimento del ricorrente nel primo segmento della condotta -quello delle truffe a fornitori di beni poi fatti sparire ed occultati, autonomamente rilevante sotto il profilo penale, comportava la dimostrazione del suo concorso quale ‘extraneus’ anche nel successivo e distinto reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per la sua consapevolezza che la fallita doveva necessariamente liberarsi di tali beni nel più breve tempo possibile con il conseguente depauperamento del patrimonio sociale in danno dei creditori, poiché essendo stato autore delle truffe, sapeva che chi gestiva la società si sarebbe disfatto degli stessi.
Parimenti non poteva essere messa in dubbio la partecipazione dell’odierno ricorrente alle truffe (peraltro da lui stesso ammesse) dato che egli era stato identificato, mediante riconoscimento fotografico, da parte dei querelanti come ‘NOME‘ o ‘NOME‘, già coinvolto attraverso la società RAGIONE_SOCIALE da lui amministrata, in altri procedimenti per truffa caratterizzati dallo stesso modo di agire e dalla destinazione dei beni illecitamente conseguiti alla esportazione verso l’estero.
Le vittime delle truffe avevano poi confermato che ‘NOME ‘ o ‘NOME‘ aveva agito proprio in nome della RAGIONE_SOCIALE nel corso delle trattative per il nRAGIONE_SOCIALEgio o l’acquisito dei beni poi trasferiti nella disponibilità della fallita o la locazione di immobili funzionalmente connessi dalla perpetrazione di illeciti dietro lo schermo della società fallita; la Corte distrettale ha poi dato risalto, sempre in modo coerente, per confermare il collegamento tra ‘NOME COGNOME‘ e
l’imputato, al fatto che uno degli acconti versati per il nRAGIONE_SOCIALEgio delle autogru era avvenuto per mezzo di un bonifico effettuato proprio dalla moglie dell’ imputato.
Pertanto, rispetto a tale logico ragionamento rispettoso dei dati probatori acquisiti svolto in sede di rinvio, il ricorrente vorrebbe pervenire ad una differente valutazione degli elementi processuali che, però, non è consentita in questa sede.
4.3. Infondato è anche l’ultimo motivo riguardante le circostanze attenuanti generiche, che erano state già negate dalla Corte di appello di Milano con la sentenza del 27 gennaio 2021 in considerazione del precedente specifico per truffa risultante a carico di NOME COGNOME, reato da lui commesso in Ancona il 24 luglio 2009 per il quale era stato condannato con sentenza del Tribunale di Ancona del 7 maggio 2015 (pag. 75 della prima sentenza di appello).
Al riguardo bisogna ricordare anzitutto che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899).
A tale principio la Corte del rinvio risulta essersi attenuta, poiché il mancato riconoscimento si desume dal complesso della motivazione della sentenza impugnata nella quale è stata evidenziata, in modo non illogico, la gravità dei comportamenti posti in essere dall’imputato ed il suo consapevole concorso nelle condotte distrattive, pur dando atto dell’ammissione delle proprie responsabilità; inoltre, ha rideterminato la pena partendo dalla stessa pena base individuata nei precedenti giudizi di merito, facendo così proprie anche le sopra indicate considerazioni circa il diniego delle attenuanti generiche in ragione del citato precedente specifico per truffa.
Da ultimo, tenuto conto del tenore delle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale in sede di discussione orale, deve precisarsi che la prescrizione non è maturata nei confronti di NOME COGNOME, dovendosi considerare la sospensione della stessa per un totale di 345 giorni (dal 10 aprile
13 GLYPH
./t/(
2017 al 13 settembre 2017 e dal 22 ottobre 2019 al 25 febbraio 2020 per adesione alle astensioni proclamate dalla Camera penale, nonché dal 9 marzo 2020 all’il. maggio 2020 ai sensi dell’art. 83 d.l. n. 18 del 2020 e dell’art. 36 d.l. n. 23 del 2020 per la pandemia da Sars-Covid19); ne consegue che la prescrizione nei suoi confronti si maturerà il giorno 30 giugno 2024, come espressamente indicato alle pagg. 13 e 14 della sentenza della Corte di appello di Milano del 27 gennaio 2021 e non contestato dal ricorrente.
Analogamente, non è maturata la prescrizione con riferimento alla posizione di NOME COGNOME poiché – tenuto conto dei periodi di sospensione sopra indicati essa si maturerà il giorno 31 agosto 2028 visto che nei suoi confronti è stata dichiarata la recidiva ex art.99, comma 4, cod. pen..
I ricorsi devono quindi essere respinti con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali a norma dell’art.616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023.