Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7729 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 7729  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con la sentenza emessa il 4 aprile 2023, confermava la sentenza del Tribunale milanese che aveva accertato la responsabilità penale di NOME COGNOME, per il delitto bancarotta fraudolenta societaria per distrazione, nella qualità di concorrente del coniuge NOME COGNOME, amministratrice di diritto fino al 3 ottobre 2016 della RAGIONE_SOCIALE La distrazione consisteva nelle operazioni di bonifico di complessivi euro 584.179,06 in favore della società omonima RAGIONE_SOCIALE S.r.l., avente sempre come amministratrice unica COGNOME e socio COGNOME.
i)
 Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla condotta causalmente tenuta dall’extraneus COGNOME e all’efficienza causale di tale condotta rispetto al verificarsi dell’evento.
Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia richiamato il solo dato del rapporto di coniugio con la amministratrice di diritto della fallita, nonché la conoscenza approfondita delle vicende societarie da parte di COGNOME, elementi insufficienti a dimostrare le modalità attraverso le quali il ricorrente extraneus -abbia influito sulla determinazione e sull’agire della COGNOME.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 202, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è inammissibile.
La Corte di appello ritiene parzialmente corretto il rilievo dell’imputato che sollecitava la verifica delle cariche societarie ricoperte dallo stesso: in effetti, COGNOME era socio al 50%, dalla costituzione della società fallita in avanti, ma mai aveva ricoperto ruoli di amministrazione di diritto.
Tanto premesso, la Corte territoriale evidenzia come l’imputato sia stato ritenuto dal curatore fallimentare amministratore di fatto, tanto che il fallimento fu imputato all’assenza di capacità gestionale da parte dello stesso.
Inoltre, a riprova della gestione di fatto, la Corte territoriale richiama la circostanza che COGNOME conosceva ogni vicenda della società fallita, fin dalla costituzione, e in modo dettagliato spiegava i rapporti fra la fallita e la società
omonima, beneficiaria dei bonifici attraverso i quali veniva consumata la distrazione. Sempre COGNOME, poi, consegnava i patti parasociali sottoscritti tra le due società.
Da ciò la Corte di appello traeva in modo non manifestamente illogico la prova del contributo, se non altro morale, di COGNOME alle distrazioni consumate dal coniuge, amministratore di diritto.
A ben vedere la motivazione risulta priva di vizi logici oltre che congrua nella parte in cui individua, se non altro un concorso morale, indicando la prova dello stesso nella conoscenza e nella responsabilità di COGNOME anche quanto alla situazione di decozione, determinata dall’inadempimento di un contraente scelto proprio dall’attuale imputato.
Per altro, come emerge dall’imputazione, e come risulta anche dalla sentenza di primo grado, COGNOME era anche socio con la COGNOME della società beneficiaria e dunque interessato, anche quale beneficiario, alla distrazione (vedi sentenza di primo grado fol. 5).
Tali argomenti, in particolare l’interesse alla distrazione del ricorrente, in quanto socio della società beneficiaria dei bonifici, non vengono esaminati dal motivo di ricorso, che risulta, pertanto, aspecifico.
Deve anche evidenziarsi che l’argomentare della Corte di appello, in ordine al ruolo anche di concorrente esterno quale beneficiario della distrazione, risulta oltremodo solida e priva di illogicità manifeste, oltre che in linea con i principi di diritto sul punto: infatti, in tema di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278156 – 02; Sez. 5, n. 54291 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 271837 – 01).
Nel caso di specie COGNOME aveva comunque, rileva la sentenza impugnata, la consapevolezza del dissesto, e inoltre risultava aver agito dolosamente, in modo generico come richiesto per la bancarotta fraudolenta per distrazione, allorché agiva per interesse proprio, per favorire la società beneficiaria della quale era socio.
Quanto, poi, alla responsabilità per la causazione dell’evento-fallimento, deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte per cui il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo (ex multis Sez. 5, n.
11633 del 8 febbraio 2012, COGNOME Stronati, Rv. 252307), nel senso che, essendo l’oggetto della tutela identificabile nell’interesse dei creditori all’integrità dei mezzi di garanzia, l’art. 216 legge fall. prende in considerazione non solo la sua effettiva lesione dovuta al cagionamento di un danno al ceto creditorio – che non è elemento costitutivo della fattispecie tipizzata e che invero rileva esclusivamente ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui al primo comma del successivo art. 219 – bensì anche il pericolo conseguente alla mera possibilità che questo si verifichi. Pertanto, sul versante dell’elemento soggettivo del reato, il dolo necessario per la configurabilità della bancarotta patrimoniale è quello generico, integrato dalla volontà di distaccare il bene oggetto di distrazione dal patrimonio della fallita nella prevedibilità del pericolo che tale operazione può determinare per gli interessi dei creditori. In NOME termini è sufficiente che la condotta di colui che pone in essere o concorre nell’attività distrattíva sia assistita dalla consapevolezza che le operazioni che si compiono sul patrimonio sociale siano idonee a cagionare un danno ai creditori, senza che sia necessaria l’intenzione di causarlo o che la finalità di determinarlo colori il dolo del reato come specifico (Sez. 5, n. 9807 del 13 febbraio 2006, COGNOME ed NOME, Rv. 234232; ex multis Sez. 5, n. 3229/13 del 14 dicembre 2012, COGNOME e NOME, Rv. 253932; Sez. 5, n. 21846 del 13 febbraio 2014, COGNOME, Rv. 260407; Sez. 5, n. 35093 del 4 giugno 2014, P.G. in proc. Sistro, Rv. 261446).
Il motivo è dunque anche manifestamente infondato.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
estensore  GLYPH
Il Presidente