Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19189 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19189 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lotó il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME
COGNOME
ciha concluso chiedendo
NOME
(fg… od-
udito NOME ifensore
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 20/02/2023, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale della medesima città, concesse le attenuanti generiche in regime di prevalenza, ha rideterminato la pena inflitta all’imputata per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
NOME COGNOME, quale amministratrice della RAGIONE_SOCIALE dalla costituzione della società sino al fallimento dichiarato il 19 novembre 2013, e socio unico da gennaio 2008, è stata condannata per l’anzidetto delitto per avere distratto dal patrimonio della società due terreni edificabili mediante due cessioni immobiliari, avvenute il 14 gennaio 2008, senza alcun reale corrispettivo, in favore di due società a lei collegate.
Il difensore dell’imputata affida il proprio ricorso a due motivi, qui riportati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Deduce che entrambi i giudici di merito hanno ritenuto sussistere il reato per il solo fatto, incontestato, che l’imputata, come da accordi a latere intrapresi, non aveva incassato gli assegni indicati negli atti di compravendita, ma aveva inserito in bilancio il relativo credito. Deduce che le uniche condotte contestate afferiscono alla mancata riscossione immediata delle pretese riportate a bilancio e ciò, a tutto voler concedere, costituirebbe i fondamento della fattispecie criminosa di cui all’articolo 217, numero 2, I. fall. ormai prescritta.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso proposto anch’esso per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’ornessa motivazione, deduce siffatta omissione con riferimento alla mancata concessione dei benefici di legge, nonostante l’espressa istanza di parte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo, con cui la ricorrente denuncia «l’inosservanza o erronea applicazione della legge fallimentare in relazione alla mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione è inammissibile sotto differenti profili.
1.1. Ed invero, costituisce principio da tempo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, condiviso da questo Collegio, quello secondo cui il vizio di cui all’art. 606, comma primo, lett. b), cod. proc. pen , ch
concerne l’inosservanza della legge penale sostanziale ovvero l’erro applicazione della stessa al caso concreto, deve essere tenuto distinto deduzione di un’erronea applicazione della legge in ragione di una carent contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile l’aspetto del vizio di motivazione (ex multis Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoè, Rv. 268404). Parimenti inammissibile è la denuncia, cumulativa promiscua e perplessa, della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogi della motivazione, ove non sia indicato specificamente il vizio di motivaz dedotto per singoli, distinti e puntuali richiami all della motivazione censurata (così, da ultimo, Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2 COGNOME, Rv. 285870 – 01).
L’applicazione di siffatti principi, già di per sé, comporta l’inammissi del primo motivo che affascia indistintamente l’inosservanza e l’erro applicazione della legge penale nonché indistintamente tutti i vizi motivazione «non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad medesimo segmento della motivazione» ( Sez. U n. 29541 del 16/7/2020, Filardo, Rv 280027).
Ad ogni buon conto deve rilevarsi che la sentenza della Corte d’appello che richiama la conforme sentenza di primo grado a cui si salda per formare u sola entità in considerazione non solo dell’epilogo decisorio, ma a dell’omogeneità dei criteri di giudizio adottati (da ultimo, S n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) – in modo lineare ed esente illogicità percepibili ictu odu/i, traccia gli elementi sulla cui base è stata ritenut la responsabilità della ricorrente, quale amministratrice e socio unico della per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Osserva la Corte distrettuale, richiamando anche le osservazioni di cui a sentenza di primo grado, quanto segue: è pacifico il trasferimento degli immo della società; nell’atto notarile si è convenuto il pagamento del prezzo a assegni da consegnarsi contestualmente alla stipula, consegna, che ammissione della stessa imputata, non è mai avvenuta; il trasferimento s perfezionato in data immediatamente precedente alla cessazione dell’attivit impresa, verificatasi nel 2009; nessuna prova è stata fornita in ordin sussistenza di accordi scritti relativi alla dedotta futura retrocessione dei beni, accordi la cui esistenza è stata solo allegata e non provata; siffatti che avrebbero giustificato la mancata corresponsione del prezzo, in ogni ca anche ove esistenti, non sarebbero stati comunque idonei a incidere su condotta distrattiva, perfezionatasi al momento del trasferimento dei ben società beneficiarie del trasferimento non solo erano strettamente colle all’imputata, ma erano state costituite in data appena precedente alle cess
ciò lasciava verosimilmente intendere che le stesse erano sl:ate poste in essere allo scopo di spogliare, depauperandolo, il patrimonio della società; l’iscrizione a bilancio dei crediti era un utile escamotage per far apparire un fittizio e consistente patrimonio della società e per dissimularne la reale consistenza destinata a soddisfare le pretese creditorie.
Siffatto impianto argomentativo è puntuale, coerente, privo di discrasie logiche e del tutto sufficiente a rendere perfettamente comprensibile l’iter logicogiuridico seguito dal giudice e, quindi, a ;uperare lo scrutinio di legittimi avendo la Corte distrettuale esaminato le deduzioni difensive ed essendo pervenuta, conformemente alla decisione di primo grado, sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o d manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità, a conclusioni d tutto coerenti.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
Il ricorrente lamenta l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione dei “benefici di legge”. Orbene la motivazione espressa dalla Corte di Appello non risulta carente rispetto ai temi che le sono stati devoluti essendo addivenuta, nel censire le doglianze che erano state dedotte dalla parte appellante e in accoglimento del secondo motivo di appello, a un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e a rideterminare conseguentemente la pena, riducendola di un terzo. La sentenza impugnata neppure risulta censurabile là dove non contiene l’espressa disamina dei presupposti per l’eventuale concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena atteso il generico ed assertivo riferimento da parte del ricorrente alla concessione dei benefici di legge, effettuato senza indicare alcun elemento di fatto astrattamente idoneo a fondare l’accoglimento della richiesta. La Corte d’appello, dunque, ha fatto buon uso dei principi espressi da questa Corte di legittimità in argomento, e qui condivisi, secondo cui il giudice di appello «non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare sul punto, nel caso in cui, nell’atto di impugna2:ione e in sede di discussione, siano stati genericamente richiamati i “benefici di legge”, omettendo l’indicazione di alcun elemento di fatto idoneo a giustificare l’accoglimento della richiesta». (Sez. 1, n. 44188 del 20/09/2023, T., RV. 285413 – 01; Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258487 – 01; Sez. 6, n. 32966 del 13/07/2001, Colbertardo, Rv. 220729 – 01).
Alla luce di siffatte considerazioni,, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e al versamento della somma di euro tremila alla Cassa de ammende.
Così deciso il 16 gennaio 2024
,Il Consigliere estensore